Quando ricorrano gli elementi del reato di traffico illecito e quello di gestione abusiva di rifiuti, tra i due reati sussiste concorso formale e non rapporto di specialità
Sentenza della Corte di Cassazione 12 settembre 2023, n. 37113
… sussiste concorso formale, e non rapporto di specialità, tra il delitto di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, previsto dall’articolo 452-quaterdecies Codice penale, e la contravvenzione di gestione di rifiuti non autorizzata, di cui all’articolo 256 Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 , nel caso in cui ricorrano, in concreto, sia gli elementi sostanziali del primo, ossia l’allestimento dli mezzi e di attività continuative organizzate, che l’elemento formale della seconda, quale la mancanza di autorizzazione (Sezione 3, n.39076 del 3 dicembre 2021, B., Rv. 283765).
… l’articolo 260, comma 1, Dlgs 152/2006, oggi trasfuso nell’articolo 452-quaterdecies Codice penale, contempla un reato abituale (già previsto, del resto, dall’articolo 53-bis, Dlgs n. 22 del 1997, come introdotto dalla legge 23 marzo 2001, n. 93) che punisce chi, al fine di conseguire un ingiusto profitto, allestisce una organizzazione di traffico di rifiuti, volta a gestire continuativamente, in modo illegale, ingenti quantitativi di rifiuti. Tale gestione dei rifiuti deve concretizzarsi in una pluralità di operazioni con allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, ovvero attività di intermediazione e commercio (cfr. Sezione 3, n. 40827 del 6 ottobre 2005, C., Rv. 232348) e tale attività deve essere “abusiva”, ossia effettuata senza le autorizzazioni necessarie (ovvero con autorizzazioni illegittime o scadute) o violando le prescrizioni e/o i limiti delle autorizzazione stesse (ad esempio, la condotta avente per oggetto una tipologia di rifiuti non rientranti nel titolo abilitativo, ed anche tutte quelle attività che, per le modalità concrete con cui sono esplicate, risultano totalmente difformi da quanto autorizzato, sì da non essere più giuridicamente riconducibili al titolo abilitativo rilasciato dalla competente Autorità amministrativa: cfr. Sezione 3, n. 40828 del 6 ottobre 2005, F., Rv. 232350). Quindi il delitto in esame sanziona comportamenti non occasionali di soggetti che, al fine di conseguire un ingiusto profitto, fanno della illecita gestione dei rifiuti la loro redditizia, anche se non esclusiva, attività, per cui per perfezionare il reato è necessaria una, seppure rudimentale, organizzazione professionale (mezzi e capitali) che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo, ossia con pluralità di operazioni condotte in continuità temporale, operazioni che vanno valutate in modo globale alla pluralità delle azioni, che è elemento costitutivo del fatto, corrisponde una unica violazione di legge, e perciò il reato è abituale dal momento che per il suo perfezionamento è necessaria le realizzazione di più comportamenti della stessa specie (cfr. Sezione 3, n. 46705 del 3 novembre 2009, C., Rv. 245605, confermata anche da Sezione 3, n. 29619 dell’8 luglio 2010 , L., Rv. 248145).
… il requisito dell’ingiusto profitto non deriva dall’esercizio abusivo dell’attività di gestione dei rifiuti, bensì dalla condotta continuativa ed organizzata di gestione dei rifiuti finalizzata a conseguire vantaggi (risparmi di spesa e maggiori margini di guadagno) altrimenti non dovuti (Sezione 3, n. 35568 del 30 maggio 2017, S., Rv. 271138). Esso può consistere non soltanto in un ricavo patrimoniale, ma anche nel vantaggio conseguente alla mera riduzione dei costi aziendali, sicché è ingiusto qualora discenda da una condotta abusiva che, oltre ad essere anticoncorrenziale, può anche essere produttiva di conseguenze negative, in termini di pericolo o di danno, per la integrità dell’ambiente, impedendo il controllo da parte dei soggetti preposti sull’intera filiera dei rifiuti (Sezione 3, n. 16056 del 28 febbraio 2019, B., Rv. 275399).