Quali sono i rifiuti recuperabili in procedura semplificata – M.Sanna

Quali sono i rifiuti recuperabili in procedura semplificata?

di Mauro Sanna

Avviene, o per meglio dire, è avvenuto, poiché l’evento risale all’anno 2006, che i rifiuti ammissibili alle procedure semplificate sulla base del sub-allegato 1 dell’allegato 1 al D.M. 05/02/1998 differiscano da quelli previsti dall’allegato 4 del D.M. 186/2006.

Come si è potuta realizzare tale difformità?

La stessa normativa comunitaria, con l’articolo 11 della direttiva 75/442/C.E.E. come modificata dalla direttiva 91/156/C.E.E., ha previsto che gli stabilimenti o le imprese che recuperano rifiuti: “possono essere dispensati dall’autorizzazione” ma ” Tale dispensa si può concedere solo: – qualora le autorità competenti abbiano adottato per ciascun tipo di attività norme generali che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni alle quali l’attività può essere dispensata dall’autorizzazione – e qualora i tipi o le quantità di rifiuti ed i metodi di smaltimento o di ricupero siano tali da rispettare le condizioni imposte all’articolo 4.”

La norma comunitaria è stata poi recepita nella normativa italiana con la previsione della disciplina delle procedure semplificate di recupero, stabilita inizialmente dagli artt. 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 e successivamente ripresa dagli artt. 214 e 216 comma 1, del D. Lgs. 152/2006.

Queste norme hanno avuto la loro attuazione con i decreti Ministeriali: D.M. 5 febbraio 1998 relativo ai rifiuti non pericolosi e D.M. 12 giugno 2002, relativo ai rifiuti pericolosi, che hanno definito le procedure semplificate di deroga alla disciplina generale ordinaria.

Sulla base di entrambi i DD.MM. le operazioni di recupero dei rifiuti per poter essere svolte in procedura semplificata, cioè senza necessità di una autorizzazione espressa, devono però essere conformi, per provenienza, per caratteristiche dei rifiuti sottoposti a recupero, per modalità di recupero e per prodotti ottenuti, alle disposizioni tecniche descritte negli allegati dei suddetti DD.MM.

Le norme di attuazione stabilite con tali decreti non definivano però la quantità massima di rifiuti assoggettabili a tale disciplina di deroga e le quantità di rifiuti trattabili dagli stabilimenti dispensati dall’autorizzazione.

A causa di tale inadempienza, con la sentenza della Corte di Giustizia Europea (Prima Sezione – 7 ottobre 2004) l’Italia fu condannata in relazione all’inadempimento alla direttiva 75/442, la quale consente agli stabilimenti e alle imprese che recuperano rifiuti non pericolosi di essere dispensati dall’obbligo di autorizzazione, senza che tale dispensa sia subordinata al rispetto di 2 requisiti:

1) previa fissazione della quantità massima di rifiuti;

2) quantità di rifiuti trattati dagli stabilimenti che sono dispensati dall’autorizzazione.” …” non avendo stabilito nel decreto 5 febbraio 1998, sull’individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli artt. 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, quantità massime di rifiuti, per tipo di rifiuti, che possano essere oggetto di recupero in regime di dispensa dall’autorizzazione, è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 10 e 11, n. 1, della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modifica dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE”.

A seguito di tale condanna lo Stato Italiano intervenne “sollecitamente e compiutamente” sulle norme tecniche in vigore per adeguare ” il DM 5 febbraio 1998 alle indicazioni fornite dalla Corte europea di Giustizia (sentenza Corte di Giustizia Ue 7 ottobre 2004, causa C-103/02) con l’emanazione del DM Ambiente 5 aprile 2006, n. 186 entrato in vigore il 3 giugno 2006.

Con tale provvedimento veniva riformulato completamente l’articolo 6 del DM 5.2.98, stabilendo per i diversi impianti le quantità massime di rifiuti che potevano essere sottoposte ad operazioni di messa in riserva R13, che erano elencate nell’Allegato 4 di nuova introduzione, distinguendo gli impianti a seconda che in essi fosse effettuata la sola operazione R13 o anche altre operazioni di recupero e riportando le categorie di rifiuti per le quali questa attività era ammessa.

Il medesimo articolo stabiliva anche la quantità massima di stoccaggio istantanea possibile di ogni categoria di rifiuto in relazione alla quantità annuale ammessa per la medesima tipologia e venivano previste dall’Allegato 5, di nuova istituzione, anche le norme tecniche per la messa in riserva.

Inoltre, lo stesso D.M. 186/2006, alla lett. i) del comma 1 dell’art 1, ha definito le modifiche del sub-allegato 1 dell’allegato 1 al D.M. 05/02/1998, a seguito delle variazioni introdotte nei codici CER dalla Decisione 2000/532/CE, che integrava e sopprimeva alcuni dei codici CER originariamente previsti dal sub allegato 1 dell’allegato 1 al D. M. 05/02/1998.

Queste costituivano le sole modifiche apportate dalla normativa alle categorie di rifiuti ammesse al recupero in procedura semplificata.

In sintesi quindi nell’Allegato 4 al D.M. 186/2006 venivano ad essere espresse per singola tipologia di recupero e per categoria di rifiuto le quantità ammissibili alle procedure semplificate mentre nel sub-allegato 1 dell’allegato 1 al D.M. 05/02/1998, come modificato da DM186/2006, rimanevano individuate la provenienza, i tipi e le caratteristiche e le condizioni di utilizzo delle specifiche categorie di rifiuti in esso elencati e le prescrizioni necessarie per assicurare che il loro recupero non determinasse un pregiudizio per l’ambiente e per la salute.

Proprio in questa circostanza pertanto avveniva che le categorie dei rifiuti individuate con i codici CER nel sub-allegato 1 dell’allegato 1 al D.M. 05/02/1998 rimanessero quelle già previste in precedenza, mentre quelle adottate nell’allegato 4 erano quelle nuove introdotte a seguito della modifica dei codici CER determinata dalla Decisione 2000/532/CE.

In conclusione si è venuta a determinare una dicotomia tra le prescrizioni riguardanti le specifiche qualitative e gestionali dei rifiuti da adottare per l’ammissione in procedura semplificata, riferite ai codici CER precedenti e come modificati dalla lett. i) del comma 1 dell’art 1 del D.M. 186/2006, e le prescrizioni relative alle quantità dei rifiuti ammissibili alla specifica tipologia di recupero che però erano individuati con riferimento ai nuovi codici introdotti dalla Decisione 2000/532/CE.

Per sanare tale diversità sarebbe stato sufficiente, si fa per dire, modificare ed integrare il sub-allegato 1 dell’allegato 1 al D.M. 05/02/1998 utilizzando i nuovi codici CER introdotti dalla Decisione 2000/532/CE.

Questo però avrebbe comportato che il nuovo decreto sarebbe dovuto passare al vaglio della Commissione UE come tutti gli atti dei Paesi membri aventi rilevanza in materia ambientale. 12

In alternativa a tale comportamento coerente con la normativa comunitaria, fu invece emanata una circolare ministeriale, denominata Direttiva Ministero Ambiente 09/04/2002, titolata Indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento comunitario n. 2557/2001 sulle spedizioni di rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei rifiuti. Di questa circolare però, la normativa successiva, compreso il DM 5 aprile 2006, n. 186 entrato in vigore il 3 giugno 2006 e quindi dopo l’emanazione della circolare, avvenuta il 09/04/2002, non fa alcuna menzione né effettua alcun rinvio ad essa.

Il testo della circolare si componeva di una parte generale articolata in 5 punti e di 5 allegati, di questi, in particolare l’allegato c) riportava lo Schema di trasposizione dei codici CER individuati nell’allegato 1, suballegato 1 e nell’allegato 2, suballegato 1 del decreto ministeriale 5 febbraio 1998, nei codici dell’elenco dei rifiuti di cui alla Decisione 2000/532/CE e successive modificazioni [Allegato 1-C]

Successivamente all’emanazione di questa circolare, proprio sulla base di quanto riportato nell’allegato, qualcuno spontaneamente ha rieditato il sub-allegato 1 dell’allegato 1 al D.M. 05/02/1998, sostituendo e integrando i precedenti codici CER in esso previsti, con quelli nuovi, introdotti dalla Decisione 2000/532/CE. Di fatto quindi quanto previsto dalla circolare è divenuto il nuovo sub-allegato 1 dell’allegato 1 al D.M. 05/02/1998.

Da questa opera di fantasia sono poi scaturiti i diversi documenti presenti nel web che riportano un sub-allegato 1 dell’allegato 1 al D.M. 05/02/1998 rielaborato, che però non hanno alcuna validità giuridica, considerato che allo stato attuale l’unico sub-allegato 1 dell’allegato 1 al D.M. 05/02/1998 valido e legittimo rimane quello originario con le modifiche ad esso apportate da quanto stabilito dalla lett. i) del comma 1 dell’art 1 del D.M. 186/2006.

Il sub-allegato 1 dell’allegato 1 al D.M. 05/02/1998 riportato nei vari siti web, basato sulla circolare ministeriale non può infatti avere alcun valore vincolante. Le circolari infatti possono dare una interpretazione di una norma ma non certo esse stesse modificarla, specie se questa, per essere operativa, deve anche passare al vaglio della Commissione UE.

Risulta evidente la situazione di illegalità in cui possono venirsi a trovare i soggetti che esercitano le attività di recupero in procedura semplificata per categorie di rifiuti che invece non sono previste dal sub-allegato 1 dell’allegato 1 al D.M. 05/02/1998 vigente, la cui gestione, senza l’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. 152/06, è da considerare del tutto abusiva.


  1. DIRETTIVA 94/62/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 1994 sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio Articolo 16 Notificazione 1. Fatta salva la direttiva 83/189/CEE, prima dell’adozione gli Stati membri notificano alla Commissione i progetti delle misure che prevedono di adottare nell’ambito della presente direttiva, esclusi i provvedimenti di carattere fiscale, ma comprese le specifiche tecniche connesse con misure di carattere fiscale che incoraggiano la conformità alle medesime, affinché la Commissione possa esaminarli alla luce delle disposizioni vigenti applicando in ciascun caso la procedura di cui alla suddetta direttiva. 2. Se il provvedimento previsto concerne anche questioni tecniche ai sensi della direttiva 83/189/CEE, lo Stato membro interessato può indicare che la notificazione eseguita in forza della presente direttiva vale anche ai fini della direttiva 83/189/CEE.↩︎
  2. DIRETTIVA 98/34/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 22 giugno 1998 che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione Articolo 8 1. Fatto salvo l’articolo 10, gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione ogni progetto di regola tecnica, salvo che si tratti del semplice recepimento integrale di una norma internazionale e europea, nel qual caso è sufficiente una semplice informazione sulla norma stessa. Essi le comunicano brevemente anche i motivi che rendono necessario adottare tale regola tecnica a meno che non risultino già dal progetto. All’occorrenza, e a meno che non sia già stato trasmesso in relazione con una comunicazione precedente, gli Stati membri comunicano contemporaneamente il testo delle disposizioni legislative e regolamentari fondamentali, essenzialmente e direttamente in questione, qualora la conoscenza di detto testo sia necessaria per valutare la portata del progetto di regola tecnica. Gli Stati membri procedono ad una nuova comunicazione secondo le modalità summenzionate qualora essi apportino al progetto di regola tecnica modifiche importanti che ne alterino il campo di applicazione, ne abbrevino il calendario di applicazione inizialmente previsto, aggiungano o rendano più rigorosi le specificazioni o i requisiti.↩︎
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