L’impiego della barriera idraulica negli interventi di messa in sicurezza
di Mauro Sanna
Le possibili azioni di risanamento da intraprendere in un sito contaminato sono distinte in: interventi di bonifica e interventi di messa insicurezza.
La bonifica di un sito è finalizzata ad eliminare l’inquinamento delle matrici ambientali o a ricondurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti presenti nel suolo, sottosuolo, acque sotterranee e superficiali, entro i valori soglia di contaminazione (CSC) stabiliti per la destinazione d’uso prevista o ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), definiti sulla base dell’Analisi di Rischio condotta per il sito specifico.
Gli interventi di messa in sicurezza sono finalizzati alla rimozione e all’isolamento delle fonti inquinanti, e al contenimento della diffusione degli inquinanti per impedirne il contatto con l’uomo e con i recettori ambientali circostanti.
Uno dei sistemi utilizzati per la messa in sicurezza dei siti oggetto di bonifica è la barriera idraulica e le condizioni per il suo utilizzo sono definite dall’allegato 3 al titolo V della parte IV del D.Lgs. 152/06 che stabilisce i criteri generali per gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza e le attività pregiudiziali da svolgere.
Attività pregiudiziali alla messa in sicurezza
La principale attività pregiudiziale da eseguire è rappresentata dalla formulazione di un modello concettuale che chiarisca quali siano le connessioni esistenti tra i diversi fattori che intervengono in un sito oggetto di contaminazione, quali: sorgenti di contaminazione, percorsi di migrazione, vie di esposizione e bersagli finali, fattori che permettono di rilevare e valutare le condizioni di rischio presenti nel sito per la salute umana e per l’ambiente.
Solo la formulazione di un tale modello permette di stabilire gli interventi necessari per la eliminazione delle sorgenti primarie e secondarie di contaminazione e per l’interruzione dei possibili percorsi di migrazione individuati al fine di procedere alla bonifica ed al ripristino ambientale del sito stesso.
Come primo approccio è prevista la redazione del modello concettuale preliminare che consenta di indirizzare le indagini successive, utili per l’impostazione dell’analisi di rischio e la definizione del modello concettuale definitivo che permetta di individuare gli effettivi interventi da realizzare.
Le sorgenti della contaminazione
Le sorgenti della contaminazione possono essere distinte in:
– sorgenti primarie, dalle quali trae origine la contaminazione del sottosuolo, quali ad esempio serbatoi, tubazioni, sottoservizi e rifiuti interrati, che andranno rimosse o isolate o comunque dovranno essere poste in condizione di non peggiorare la situazione e saranno di fatto oggetto degli interventi di messa in sicurezza di emergenza;
– sorgenti secondarie costituite dalle porzioni di matrici ambientali contaminate dalle sorgenti primarie, rappresentate da:
- . suolo superficiale (<1 m da p.c.)
- . suolo profondo (>1 m da p.c.)
- acque sotterranee;
che dovranno essere assoggettate alla procedura di analisi di rischio.
Gli interventi di messa in sicurezza
I possibili tipi di intervento di messa in scurezza sono definiti dalle lettere m), n) ed o) del primo comma dell’art.240 del D.Lgs. 152/06 e sono esplicitati nell’allegato 3 al titolo V della parte IV del medesimo decreto e sono distinti in: interventi di messa in sicurezza di emergenza, interventi di messa in sicurezza operativa ed interventi di messa in sicurezza permanente.
La normativa prevede per tutti i tipi di messa in sicurezza di un sito inquinato che essi siano anche comprensivi delle azioni di monitoraggio e controllo finalizzate alla verifica nel tempo delle soluzioni adottate e che i valori di concentrazione degli inquinanti nelle matrici ambientali interessate si mantengano al di sotto dei valori soglia di rischio (CSR).
Gli interventi di messa in sicurezza di emergenza
Essi hanno carattere di urgenza in caso di rilasci accidentali o di improvviso accertamento di una situazione di contaminazione o di pericolo di contaminazione
Art. 240 lett. m)
La messa in sicurezza d’emergenza: ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente.
Allegato 3 al titolo V
Gli interventi di messa in sicurezza d’urgenza sono mirati a rimuovere le fonti inquinanti primarie e secondarie, ad evitare la diffusione dei contaminanti dal sito verso zone non inquinate e matrici ambientali adiacenti, ad impedire il contatto diretto della popolazione con la contaminazione presente.
Gli interventi di messa in sicurezza d’urgenza devono essere attuati tempestivamente a seguito di incidenti o all’individuazione di una chiara situazione di pericolo di inquinamento dell’ambiente o di rischio per la salute umana, per rimuovere o isolare le fonti di contaminazione e attuare azioni mitigative per prevenire ed eliminare pericoli immediati verso l’uomo e l’ambiente circostante. Tali interventi, in assenza di dati specifici, vengono definiti in base ad ipotesi cautelative.
Le principali tipologie di interventi di messa in sicurezza d’urgenza sono:
– rimozione dei rifiuti ammassati in superficie, svuotamento di vasche, raccolta sostanze pericolose sversate;
– pompaggio liquidi inquinanti galleggianti, disciolti o depositati in acquiferi superficiali o sotterranei;
– installazione di recinzioni, segnali di pericolo e altre misure di sicurezza e sorveglianza;
– installazione di trincee drenanti di recupero e controllo;
– costruzione o stabilizzazione di argini;
– copertura o impermeabilizzazione temporanea di suoli e fanghi contaminati;
– rimozione o svuotamento di bidoni o container abbandonati, contenenti materiali o sostanze potenzialmente pericolosi.
In relazione agli interventi di messa in sicurezza di emergenza si deve anche tenere conto che la giurisprudenza amministrativa considera che la locuzione “eventi di contaminazione repentini”, presente nella definizione di messa in sicurezza d’emergenza contenuta nell’art. 240, comma 1, lett. m), d.lgs. n. 152/2006, non implica l’istantaneità degli effetti, potendo questi, una volta manifestatisi inaspettatamente, protrarsi nel tempo e divenire addirittura permanenti (Cons. Stato, sez. VI, 20 maggio 2014, n. 2526).
Interventi di messa in sicurezza operativa
Essi hanno carattere di continuità e compatibilità con le lavorazioni svolte nei siti produttivi in esercizio
Art. 242 comma 9
La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati, garantisce una adeguata sicurezza sanitaria ed ambientale ed impedisce un’ulteriore propagazione dei contaminanti. I progetti di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da accurati piani di monitoraggio dell’efficacia delle misure adottate ed indicano se all’atto della cessazione dell’attività si renderà necessario un intervento di bonifica o un intervento di messa in sicurezza permanente. Possono essere altresì autorizzati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche, purché non compromettano la possibilità di effettuare o completare gli interventi di bonifica che siano condotti adottando appropriate misure di prevenzione dei rischi.
Art. 240 lett. n)
La messa in sicurezza operativa: l’insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell’attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all’esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione della contaminazione all’interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l’efficacia delle soluzioni adottate;
Allegato 3 al titolo V
Gli interventi di messa in sicurezza operativa si applicano ai siti contaminati in cui siano presenti attività produttive in esercizio.
Tali interventi sono finalizzati a minimizzare o ridurre il rischio per la salute pubblica e per l’ambiente a livelli di accettabilità attraverso il contenimento degli inquinanti all’interno dei confini del sito, alla protezione delle matrici ambientali sensibili, e alla graduale eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie mediante tecniche che siano compatibili col proseguimento delle attività produttive svolte nell’ambito del sito.
È opportuno progettare tali interventi dopo aver eseguito la caratterizzazione ambientale del sito, finalizzala ad un’analisi di rischio sito-specifica.
Devono pertanto essere acquisite sufficienti informazioni sulla contaminazione presente, sulle caratteristiche degli acquiferi sottostanti e delle altre possibili vie di migrazione degli inquinanti, sui possibili punti di esposizione, e sui probabili bersagli ambientali ed umani.
Nelle operazioni di messa in sicurezza devono essere privilegiate le soluzioni tecniche che consentano di minimizzare la produzione di rifiuti e pertanto favoriscano:
– il trattamento on-site ed il riutilizzo del terreno eventualmente estratto dal sottosuolo;
– il riutilizzo nel sito come materiali di riempimento anche dei materiali eterogenei e di risulta;
– la reintroduzione nel ciclo di lavorazione delle materie prime recuperate;
– il risparmio idrico mediante il riutilizzo industriale delle acque emunte dal sottosuolo;
Le misure di messa in sicurezza operativa si distinguono in:
– mitigative: interventi finalizzati ad isolare, immobilizzare, rimuovere gli inquinanti dispersi nel suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee. Esse sono attuate in particolare con:
- sistemi fissi o mobili di emungimento e recupero con estrazione monofase o plurifase;
- trincee drenanti;
- sistemi di ventilazione del sottosuolo insaturo e degli acquiferi ed estrazione dei vapori;
- sistemi gestionali di pronto intervento in caso di incidente che provochi il rilascio di sostanze inquinanti sul suolo, sottosuolo, corpi idrici;
– di contenimento: esse hanno il compito di impedire la migrazione dei contaminanti verso ricettori ambientali sensibili, quali acque superficiali e sotterranee. Esse sono generalmente applicate in prossimità dei confini del sito produttivo.
Esse si dividono in:
- misure di sbarramento passive di natura fisica o statica;
- misure di sbarramento attive di natura idraulica o dinamica;
- misure di sbarramento reattive di natura chimica.
Tra le prime si possono elencare:
– barriere o diaframmi verticali in acciaio o in altri materiali impermeabili; essi possono essere realizzati mediante infissione, escavazione, gettiniezione, iniezione, congelamento, miscelazione in situ, o misti di due o più delle precedenti tipologie;
– sistemi di impermeabilizzazione sotterranei e di immobilizzazione degli inquinanti.
Tra le misure attive e di natura idraulica vi sono:
– sbarramenti realizzati con pozzi di emungimento con pompaggio adeguato ad intercettare il flusso di sostanze inquinanti presenti nelle acque sotterranee;
– trincee di drenaggio delle acque sotterranee possibilmente dotate di sistemi di prelievo di acque contaminate;
– sistemi idraulici di stabilizzazione degli acquiferi sotterranei;
Le misure di sbarramento di tipo reattivo operano l’abbattimento delle concentrazioni degli inquinanti nelle acque di falda mediante sistemi costituiti da sezioni filtranti in cui vengono inserirti materiali in grado di degradare i contaminanti (barriere reattive permeabili).
Gli interventi di messa in sicurezza permanente
Questi interventi hanno carattere di definitività nei casi in cui, nei siti non interessati da attività produttive in esercizio, non sia possibile procedere alla rimozione degli inquinanti pur applicando le migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili.
Art. 240 lett. o)
La messa in sicurezza permanente: l’insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d’uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici;
Allegato 3 al titolo V
Bonifica e ripristino ambientale; messa in sicurezza permanente
Tali tipologie possono considerarsi come interventi definitivi da realizzarsi sul sito non interessato da attività produttive in esercizio, al fine di renderlo fruibile per gli utilizzi previsti dagli strumenti urbanistici.
La definizione e la realizzazione degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente devono essere precedute da un’accurata attività di caratterizzazione del sito inquinato e dell’area soggetta agli effetti dell’inquinamento presente nel sito, sulla base dei criteri di cui all’Allegato 2.
Gli obiettivi di bonifica o della messa in sicurezza permanente sono determinati mediante un’analisi di rischio condotta per il sito specifico secondo i criteri di cui all’Allegato 1, e devono tener conto della specifica destinazione d’uso prevista.
La scelta della soluzione da adottare tiene conto del processo di valutazione dei benefici ambientali e della sostenibilità dei costi delle diverse tecniche applicabili, …, anche in relazione alla destinazione d’uso del sito.
L’allegato 3 al titolo V conclude evidenziando che: Gli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente devono assicurare per ciascun sito in esame il raggiungimento degli obiettivi previsti col minor impatto ambientale e la maggiore efficacia, in termini di accettabilità del rischio di eventuali concentrazioni residue nelle matrici ambientali e di protezione dell’ambiente e della salute pubblica, definendo un programma di bonifica/messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale ed il sistema di classificazione adottato per individuare la tipologia di intervento (in situ, ex situ on site, ex situ off site).
L’impiego delle barriere idrauliche
L’art. 243 del D.Lgs.152/06 al fine di impedire e arrestare l’inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati oltre a prevedere in generale l’adozione delle migliori tecniche disponibili per eliminare, o isolare le fonti di contaminazione dirette e indirette, prevede di procedere anche alla conterminazione idraulica e emungimento e trattamento delle stesse, valutando la possibilità tecnica di utilizzare le acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito.
Prevede comunque che l’immissione delle acque emunte in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo in un apposito impianto di trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali idonei. esistenti e in esercizio in loco.
Tali scarichi infatti sono assimilati a quelli industriali e sono soggetti al regime stabilito dalla parte terza del D.Lgs.152/06 e ne è prevista la possibilità di re-immissione nei corpi recettori anche dopo reiterati cicli di emungimento e trattamento.
L’articolo 243 prevedendo l’impiego delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito e la presenza di un depuratore destinato al trattamento degli scarichi industriali, di fatto si riferisce ad interventi di messa in sicurezza operativa svolti in un sito con attività in esercizio.
Infatti, coerentemente con tale articolo, anche l’allegato 3 al titolo V, tra gli interventi di messa in sicurezza operativa da applicare ai siti con attività produttive in esercizio, prevede le- misure di sbarramento attive quali quelle di natura idraulica o dinamica;
– sbarramenti realizzati con pozzi di emungimento con pompaggio adeguato ad intercettare il flusso di sostanze inquinanti presenti nelle acque sotterranee;
– trincee di drenaggio delle acque sotterranee possibilmente dotate di sistemi di prelievo di acque contaminate.
Gli sbarramenti di natura idraulica sono anche previsti dall’allegato 3 al titolo V tra gli interventi di messa in sicurezza d’urgenza finalizzati a rimuovere le fonti inquinanti primarie e secondarie ed evitare la diffusione dei contaminanti dal sito verso zone non inquinate.
Tra i possibili interventi è infatti previsto il pompaggio di liquidi inquinanti galleggianti, disciolti o depositati in acquiferi superficiali o sotterranei; e la installazione di trincee drenanti di recupero.
Misure di sbarramento attive di natura idraulica o dinamica non sono invece previste tra gli interventi di messa in sicurezza permanente, e la esclusione di tale tipo di intervento risulta infatti coerente con la necessità che la soluzione adottata tenga conto della sostenibilità dei costi, in relazione alla destinazione d’uso del sito e del rispetto dei criteri stabiliti dall’allegato 3 al titolo V della parte IV del D.Lgs. 152/06 da considerare per attuare i diversi tipi di messa in sicurezza.
Fermo restando il rispetto delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili (B.A.T.N.E.E.C. – Best Available Technology Not Entailing Excessive Costs) come previsto dall’art.242 comma 8 del D.Lgs. 152/06, l’allegato 3 al titolo V della parte IV del medesimo decreto, prevede che il progetto relativo agli interventi da adottare sia preceduto da una dettagliata analisi comparativa delle diverse tecnologie di intervento applicabili al sito in esame, tenendo conto delle specifiche caratteristiche dell’area, e della efficacia nel raggiungere gli obiettivi finali: concentrazioni residue, tempi di esecuzione, impatto sull’ambiente circostante nonché dei costi delle diverse tecnologie, considerazione delle risorse economiche disponibili per l’esecuzione degli interventi.
Pertanto, considerati i costi che tali interventi comportano, appare certamente improbabile se non addirittura impossibile, garantire per un periodo indeterminato un intervento di messa in sicurezza permanente che preveda l’esercizio di pozzi di emungimento con pompaggio adeguato delle acque sotterranee, nonché il trattamento delle stesse con depuratori specifici prima del loro scarico nel corpo ricettore autorizzato, in assenza di un loro possibile riutilizzo nei processi industriali in essere nel medesimo sito.
Per quanto riguarda le modalità di realizzazione delle barriere idrauliche, la normativa, come per tutti gli interventi di messa in sicurezza, prevede che quando esse presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, della loro tipologia, delle dotazioni impiantistiche necessarie o per l’estensione dell’area interessata, il progetto delle stesse possa essere articolato per fasi progettuali distinte, così da rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive e quindi un frazionamento dell’intervento.
Anche se è ammissibile la suddivisione in lotti della progettazione, non è previsto né è concepibile limitare la sua realizzazione ai soli lotti di proprietà esclusiva di un determinato soggetto, indipendentemente dalla ubicazione delle sorgenti di contaminazione, dei percorsi di migrazione e dei bersagli finali e quindi di fatto dalle condizioni di rischio per la salute umana e per l’ambiente presenti in tale sito. Tali condizioni infatti rendono questa opera, per la sua stessa funzione, un’obbligazione indivisibile caratterizzata in particolare, dal criterio “dell’indivisibilità materiale”, (Cons. Stato, sez. IV, 12 luglio 2022, n. 05863/2022) che rende impossibile procedere alla messa in sicurezza della falda per lotti separati.
Prevedere il frazionamento di una barriera idraulica con segmenti non funzionanti risulta quindi paradossale perché esclude in questo modo la reale esistenza di una conterminazione idraulica che, isolando effettivamente le fonti di contaminazione, contenga la diffusione degli inquinanti così da impedirne il contatto con l’uomo e con i recettori ambientali circostanti, attuando un’azione di messa in sicurezza (Cons. Stato, sez. IV, 18 dicembre 2018, n. 7121), che è la funzione stessa della barriera idraulica finalizzata appunto ad evitare il propagarsi di fattori inquinanti nella falda (Cons. Stato, sez. V, 30 dicembre 2019, n. 8912).