L’applicazione del divieto di diluizione nei depuratori centralizzati – M.Sanna

L’applicazione del divieto di diluizione nei depuratori centralizzati

di Mauro Sanna

Una situazione abbastanza frequente che può presentarsi in un impianto di depurazione centralizzato è quella in cui in esso vengano addotti liquami urbani mediante collettori dedicati, acque reflue di origine industriale con specifici collettori ed acque di emungimento della barriera idraulica realizzata per la messa in sicurezza operativa di un sito contaminato.

Situazioni simili anche se più semplici sono quelle che si presentano quando in un medesimo impianto di depurazione confluiscono scarichi industriali diversi e scarichi civili oppure più semplicemente quando un depuratore è a sevizio di un unico stabilimento in cui però sono presenti più impianti in cui si svolgono processi diversi alcuni dei quali danno luogo a reflui contenenti sostanze pericolose assenti invece in altri.

In un tale contesto, data la diversità dei reflui che, anche se previa depurazione, confluiscono nello scarico finale, è indispensabile individuare le norme specifiche da considerare per stabilire la disciplina a cui sono assoggettati i diversi scarichi parziali addotti al depuratore e quello finale in uscita dal medesimo. In particolare dovranno essere individuate le modalità di controllo da adottare, che tengano conto del possibile effetto di diluizione reciproca che possono subire i differenti tipi di scarichi addotti al depuratore.

Le norme a cui riferirsi sono di fatto quelle che erano previste dall’ormai abrogato Decreto Legislativo 27 gennaio 1992, n. 133, Attuazione delle direttive n. 76/464/CEE, n. 82/176/CEE, n. 83/513/CEE, n. 84/156/CEE, n. 84/491/CEE, n. 88/347/CEE e n. 90/415/CEE in materia di scarichi industriali di sostanze pericolose nelle acque, entrato in vigore il 5/3/1992 ed abrogato dal D. Lgs. 3 aprile 2006, N. 152.

Tali norme erano state emanate in attuazione della Direttiva del Consiglio UE del 4 maggio 1976 (76/464/CEE) concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell’ambiente idrico, per garantire, fin dal 1976, una protezione efficace dello stesso. La Direttiva 76/464/CEE aveva previsto un’azione diretta a proteggere l’ambiente idrico della Comunità contro l’inquinamento, in particolare quello provocato da certe sostanze persistenti, tossiche e bioaccumulabili.

Dopo l’abrogazione del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 133, tali norme sono state riprese dal D.Lgs.152/06, né poteva essere altrimenti, considerato che la direttiva è tuttora in vigore. Tale direttiva fin dal 1976 aveva definito un primo elenco, detto elenco I, contenente un certo numero di sostanze singole, scelte soprattutto in base alla loro tossicità, alla loro persistenza e alla loro bioaccumulazione ed un secondo elenco, detto elenco II, contenente sostanze che hanno sull’ambiente idrico un effetto nocivo stabilendo che (art.3, comma 1):

Per quanto riguarda le sostanze appartenenti alle famiglie e ai gruppi di sostanze di cui all’elenco I, in appresso denominate «sostanze dell’elenco I»:

1. qualsiasi scarico nelle acque di cui all’articolo 1 che potrebbe contenere una di tali sostanze è soggetto ad un ‘autorizzazione preventiva rilasciata dall’autorità competente dello Stato membro interessato;

L’art. 5 comma 1 stabilisce che:

1. Le norme di emissione fissate dalle autorizzazioni rilasciate in applicazione dell’articolo 3, stabiliscono:

a) la concentrazione massima di una sostanza ammissibile negli scarichi. In caso di diluizione il valore limite previsto all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), va diviso per il fattore di diluizione; 1

Riferimenti normativi

Il controllo dei limiti che devono essere rispettati per gli scarichi derivanti dagli impianti centralizzati o comunque da impianti in cui confluiscono sia reflui contenenti le sostanze previste dalla tabella 5 dell’allegato 5 parte III del D.Lgs. 152/06, che reflui che non ne contengono, è regolato da una disciplina particolare, che prevede dei vincoli assoluti, stabiliti direttamente dalla normativa e dei vincoli subordinati, che possono essere espressi dall’Autorità amministrativa che può imporli al momento del rilascio dell’autorizzazione allo scarico. I principali riferimenti, previsti in proposito dalla normativa, in particolare dal D.Lgs. 152/06, sono riassunti di seguito.

Vincoli assoluti

Definizione di impianto (comma 2 lett. uu) dell’articolo 74)

  • impianto: l’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività di cui all’Allegato I del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte in uno stabilimento e possano influire sulle emissioni e sull’inquinamento; nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, l’impianto si identifica nello stabilimento. Nel caso di attività di cui all’Allegato I del predetto decreto, l’impianto si identifica con il complesso assoggettato alla disciplina della prevenzione e controllo integrati dell’inquinamento.

Definizione di valore limite di emissione (comma 1 lett. oo) dell’articolo 74)

  • limite di accettabilità di una sostanza inquinante contenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, oppure in massa per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa per unità di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall’impianto, senza tener conto dell’eventuale diluizione; l’effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell’impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell’ambiente nel suo insieme e di non portare carichi inquinanti maggiori nell’ambiente;

Individuazione del Punto di misurazione (articolo 108, comma 5 prima parte)

  • per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il punto di misurazione dello scarico è fissato secondo quanto previsto dall’autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l’uscita dallo stabilimento o dall’impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo.

Individuazione degli scarichi contenenti sostanze pericolose (articolo 108, comma 1)

  • le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l’utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o, successivamente, superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dagli aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

Applicazione delle BAT (articolo 108, comma 3).

Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre 2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese assoggettate alle disposizioni del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto. Dette prescrizioni, concernenti valori limite di emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell’impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell’ambiente.

Il problema della diluizione è stato affrontato dalla Decisione di Esecuzione (UE) 2016/902 della Commissione del 30 maggio 2016 che ha stabilito le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT), a norma della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, sui sistemi comuni di trattamento/gestione delle acque reflue e dei gas di scarico nell’industria chimica.

L’ambito di applicazione di tale Decisione è relativo tra le altre, alle attività di cui alle sezioni 4 e 6.11 dell’allegato I della direttiva 2010/75/UE:

  • Sezione 4: Industria chimica;
  • Sezione 6.11: Trattamento a gestione indipendente di acque reflue non coperto dalla direttiva 91/271/CEE del Consiglio, evacuate da un impianto che svolge le attività di cui all’allegato I, sezione 4, della direttiva 2010/75/UE. Le presenti conclusioni sulle BAT riguardano anche il trattamento combinato di acque reflue di provenienze diverse se il principale carico inquinante proviene dalle attività di cui all’allegato I, sezione 4, della direttiva 2010/75/UE.

In particolare, la BAT 11 prevede quanto segue.

“Al fine di ridurre le emissioni nell’acqua, la BAT consiste nel pretrattare, mediante tecniche appropriate, le acque reflue che contengono sostanze inquinanti che non possono essere trattate adeguatamente durante il trattamento finale.

Descrizione

Il pretrattamento delle acque reflue viene effettuato nel quadro di una strategia integrata di gestione e trattamento delle acque reflue (cfr. BAT 10) e di norma è necessario per:

  • proteggere l’impianto di trattamento finale delle acque reflue (ad esempio protezione di un impianto di trattamento biologico dai composti inibitori o tossici);
  • rimuovere i composti che non sono sufficientemente ridotti durante il trattamento finale (ad esempio composti tossici, composti organici scarsamente biodegradabili/non biodegradabili, composti organici che sono presenti in concentrazioni elevate o metalli nel corso del trattamento biologico);
  • rimuovere i composti che altrimenti vengono dispersi in aria dal sistema di raccolta o nel corso del trattamento finale (ad es. composti organici alogenati volatili, benzene);
  • rimuovere i composti che hanno altri effetti negativi (ad esempio, la corrosione delle apparecchiature; reazioni indesiderate con altre sostanze; contaminazione dei fanghi delle acque reflue).

In generale, il pretrattamento è effettuato il più vicino possibile alla sorgente al fine di evitare la diluizione, in particolare per i metalli. Talvolta, i flussi di acque reflue con particolari caratteristiche possono essere separati e raccolti per essere sottoposti ad un apposito pretrattamento combinato.”

La protezione delle acque sotterranee (articolo 243, comma1)

  • Al fine di impedire e arrestare l’inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati, oltre ad adottare le necessarie misure di messa in sicurezza e di prevenzione dell’inquinamento delle acque, anche tramite conterminazione idraulica con emungimento e trattamento, devono essere individuate e adottate le migliori tecniche disponibili per eliminare, anche mediante trattamento secondo quanto previsto dall’articolo 242, o isolare le fonti di contaminazione dirette e indirette; in caso di emungimento e trattamento delle acque sotterranee deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito, in conformità alle finalità generali e agli obiettivi di conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti nella parte terza.

Assimilazione delle acque emunte dalla barriera idraulica ai reflui industriali (articolo 243, comma 4)

  • Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di tali acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla parte terza.

Obiettivo del trattamento delle acque emunte (articolo 243, comma 6)

  • Il trattamento delle acque emunte deve garantire un’effettiva riduzione della massa delle sostanze inquinanti scaricate in corpo ricettore, al fine di evitare il mero trasferimento della contaminazione presente nelle acque sotterranee ai corpi idrici superficiali

Autorizzazione integrata ambientale (articolo 6, comma 13)

  • L’autorizzazione integrata ambientale è necessaria per: a) le installazioni che svolgono attività di cui all’Allegato VIII alla Parte Seconda; b) le modifiche sostanziali degli impianti di cui alla lettera a);

Attività di trattamento a gestione indipendente di acque reflue (Allegato VIII alla parte seconda)

  • Categorie di attività di cui all’articolo 6, comma 13 …omissis…

6.11 Attività di trattamento a gestione indipendente di acque reflue non coperte dalle norme di recepimento della direttiva 91/271/CEE, ed evacuate da un’installazione in cui è svolta una delle attività di cui al presente Allegato.

Le sostanze previste dalla tabella 5 dell’allegato 5 parte III

Sostanze per le quali non possono essere adottati limiti meno restrittivi di quelli indicati in tabella 3, per lo scarico in acque superficiali (1) e per lo scarico in rete fognaria (2), o in tabella 4 per lo scarico sul suolo.

1 Arsenico

2 Cadmio

3 Cromo totale

4 Cromo esavalente

5 Mercurio

6 Nichel

7 Piombo

8 Rame

9 Selenio

10 Zinco

11 Fenoli

12 Oli minerali persistenti e idrocarburi di origine petrolifera persistente

13 Solventi organici aromatici

14 Solventi organici azotati

15 Composti organici alogenati (compresi i pesticidi clorurati)

16 Pesticidi fosforati

17 Composti organici dello stagno 18 Sostanze di cui, secondo le indicazioni dell’agenzia internazionale di ricerca sul cancro (IARC), è provato il potere cancerogeno

. (1) Per quanto riguarda gli scarichi in corpo idrico superficiale, nel caso di insediamenti produttivi aventi scarichi con una portata complessiva media giornaliera inferiore a 50 m3, per i parametri della tabella 5, ad eccezione di quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7, 15, 16, 17 e 18 le Regioni e le Province autonome nell’ambito dei piani di tutela, possono ammetter valori di concentrazione che superano di non oltre il 50% i valori indicati nella tabella 3, purché sia dimostrato che ciò non comporti un peggioramento della situazione ambientale e non pregiudica il raggiungimento degli obiettivi ambientali. (2) Per quanto riguarda gli scarichi in fognatura, purché sia garantito che lo scarico finale della fognatura rispetti i limiti della tabella 3, o quelli stabiliti dalle Regioni, l’ente gestore può stabilire per i parametri della tabella 5, ad eccezione di quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7, 14, 15, 16 e 17, limiti di accettabilità i cui valori di concentrazione superano quello indicato in tabella 3.

Vincoli subordinati

Questi vincoli evidenziano esemplificativamente le prescrizioni che possono essere emesse dalla pubblica amministrazione in sede di autorizzazione allo scarico, per garantire che il rispetto dei limiti allo scarico non si ottenga mediante semplice diluizione.

Trattamento particolare degli scarichi contenenti sostanze pericolose (articolo 101, comma 4)

  • L’autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l’accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale. (articolo 101, comma 4);

Rispetto dei valori limite senza ricorrere alla diluizione (articolo 101, comma 5)

  • I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L’autorità competente, in sede di autorizzazione prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dagli scarichi terminali contenenti le sostanze di cui al comma 4.

Gestione come rifiuti degli scarichi parziali contenenti le sostanze pericolose (articolo 108, comma 5 seconda parte)

  • L’autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora, come nel caso dell’articolo 124, comma 2, secondo periodo, l’impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo allegato 5, riceva, tramite condotta, acque reflue provenienti da altri stabilimenti industriali o acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad un modifica o ad una riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l’autorità competente ridurrà opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue.

Comunicazione alla commissione europea delle autorizzazioni rilasciate (articolo 108, comma 6)

  • L’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella tabella medesima, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi esistenti e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.

Considerazioni finali

In conclusione, mentre i vincoli assoluti impongono che il controllo dei limiti per gli scarichi derivanti dagli impianti (alias stabilimenti) che producono, trattano o scaricano le sostanze pericolose previste dalla tabella 5 dell’allegato 5 parte III del D.Lgs. 152/06, avvenga prima che questi si mescolino con altri scarichi aventi come origine altri impianti (alias stabilimenti) che non producono, trattano o scaricano le suddette sostanze previste dalla tabella 5, diversamente i vincoli subordinati esprimono esemplificativamente le prescrizioni che possono essere emesse dalla pubblica amministrazione per far sì che il rispetto dei limiti allo scarico non avvenga surrettiziamente attraverso un processo di diluizione.

Pertanto, indipendentemente che tali prescrizioni siano formulate esplicitamente o meno, in forza dei vincoli assoluti, resta comunque l’obbligo per i gestori dei reflui contenenti sostanze previste dalla tabella 5, del rispetto dei limiti tabellari stabiliti per gli scarichi specifici degli impianti che producono, trattano o scaricano le sostanze previste dalla tabella 5 prima che essi si miscelino con altri scarichi che non sono interessati da tali sostanze.

La esplicitazione di tali vincoli assoluti anche se con riferimento a situazioni diverse, quali: quelle relative a:

– un impianto centralizzato, destinato a trattare i reflui di un nucleo industriale, che riceve mediante collettori dedicati anche i liquami di conglomerati urbani, non contenenti in quanto tali le sostanze della tabella 5 del D.Lgs.152/06;

– un impianto centralizzato che insieme con i reflui industriali ed i liquami urbani riceve anche le acque emunte dalla barriera idraulica destinate alla messa in sicurezza di un’area contaminata;

– un impianto centralizzato a servizio di uno stabilimento industriale con impianti diversi, da alcuni dei quali si generano reflui contenenti le sostanze pericolose previste dalla tabella 5 del D.Lgs.152/06,

comporterà comunque i seguenti condizionamenti.

  • L’impianto centralizzato, in quanto svolge una attività prevista dall’Allegato VIII alla parte seconda del D.Lgs.152/06, si identifica con un complesso assoggettato alla disciplina della prevenzione e controllo integrati dell’inquinamento. I liquami convogliati dai collettori urbani invece non derivano da una qualsiasi altra attività accessoria, tecnicamente connessa con le attività svolte negli impianti industriali ad esso allacciati né possono influire con gli inquinanti in essi presenti, sulle emissioni di tali impianti e sull’inquinamento da essi prodotto.

I liquami originati dai conglomerati urbani non rientranti nel campo di applicazione della Parte seconda del decreto legislativo 152/06 sono pertanto estranei all’impianto di depurazione centralizzato ed agli impianti industriali che vi conferiscono i propri reflui (lett. uu), comma 2 dell’articolo 74).

  • L’effetto di una stazione di depurazione di acque reflue, quale appunto un depuratore centralizzato o che comunque riceve scarichi diversi per la presenza o meno di sostanze pericolose, può considerarsi congruente ed utile per pervenire al rispetto dei limiti previsti per uno scarico quando essa agisca, per mezzo di trattamenti specifici, sulla concentrazione degli inquinanti, riducendola, garantendo così un livello di protezione dell’ambiente equivalente a quello che si otterrebbe con un depuratore dedicato specifico. Per converso, perciò, una stazione di depurazione centralizzata non può comunque determinare la immissione di carichi inquinanti maggiori, condizione che invece si avrebbe se il rispetto dei limiti fosse apparente perché ottenuto solo mediante un processo di diluizione (lett. oo), comma 1 dell’articolo 74).
  • La verifica dell’effettivo abbattimento degli inquinanti immessi con lo scarico finale, è funzione della conoscenza delle caratteristiche dei diversi reflui: quelli di origine industriale, quelli aggottamento delle acque sotterranee e quelli di origine urbana, conoscenza che si può avere solo effettuando il controllo della qualità e concentrazione delle sostanze inquinanti presenti nelle tre diverse correnti prima della loro miscelazione.
  • Poiché per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza, quale appunto lo scarico finale dell’impianto di depurazione centralizzato, il punto di misurazione dello scarico è fissato, secondo quanto previsto dall’autorizzazione integrata ambientale, subito a monte del corpo recettore, nel caso di trattamento congiunto con reflui provenienti da conglomerati urbani asserviti ai collettori comunali, il valore limite di emissione per ciascuna delle sostanze pericolose indicate in Tabella 5, dovrà essere ridotto tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione del refluo industriale con quello urbano (articolo 108, comma 5 seconda parte).
  • Le prescrizioni riguardanti i limiti per lo scarico di un depuratore centralizzato, a cui sono conferiti reflui contenenti le sostanze della tabella 5 del D.Lgs.152/06, debbono perciò essere differenti rispetto a quelle riguardanti scarichi industriali o liquami convogliati dai collettori urbani che non contengono tali sostanze. Infatti, le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l’utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del decreto, quando in questi scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere (articolo 108, comma 1), condizione che può presentarsi nello scarico finale di un depuratore centralizzato ma non negli scarichi dei collettori fognari urbani.
  • Anche per il trattamento delle acque di falda contaminate provenienti da una barriera idraulica, il divieto di diluizione e l’obbligo di depurazione effettiva dagli inquinanti sono chiari, essendo imposto il trattamento che deve garantire la rimozione in massa dei contaminanti, evitando il mero trasferimento degli stessi alle acque superficiali (articolo 243, comma 4) e quindi, in questo caso a maggior ragione, le modalità di controllo dello scarico finale dell’impianto centralizzato dovranno essere tali da consentire la verifica della rimozione degli inquinanti in esso contenuti, escludendo gli effetti di diluizione derivanti dal mescolamento con i reflui di origine urbana e industriale.

In estrema sintesi perciò l’impianto centralizzato deve possedere la capacità depurativa strutturale e funzionale in grado di trattare le specifiche sostanze di particolare pericolosità, tra le quali i composti scarsamente o non biodegradabili, organici o inorganici previsti dalla tabella 5 del D.Lgs.152/06 contenuti nei reflui di origine industriale in ingresso, tale da garantire il rispetto dei limiti allo scarico previsti senza che per ottenere tale risultato si debba fare affidamento alla diluizione dei reflui in ingresso. In assenza di una capacità depurativa dell’impianto, cioè di apparecchiature che realizzino la separazione e la rimozione degli inquinanti dalla matrice acquosa, sarà indispensabile che si proceda preventivamente ad un pretrattamento dei singoli scarichi industriali conferiti al depuratore centralizzato per la rimozione degli inquinanti in eccesso in essi presenti.


  1. Allegato alla Direttiva 76/464/CEE. Elenco I di famiglie e gruppi di sostanze L’elenco I comprende alcune sostanze singole appartenenti alle famiglie o ai gruppi di sostanze seguenti, scelte principalmente in base alla loro tossicità, alla loro persistenza, alla loro bioaccumulazione, escluse che sono biologicamente innocue o che si trasformano rapidamente in sostanze biologicamente innocue: 1. composti organoalogenati e sostanze che possono dar loro origine nell’ambiente idrico 2. composti organo fosforici 3. composti organostannici 4. sostanze di cui e provato il potere cancerogeno in ambiente idrico o col concorso dello stesso (1) 5. mercurio e composti del mercurio 6. cadmio e composti del cadmio 7. oli minerali persistenti ed idrocarburi di origine petrolifera persistente e per quando riguarda l’applicazione degli articoli 2, 8, 9 e 14 della presente direttiva: 8. materie sintetiche persistenti che possono galleggiare, restare in sospensione o andare a fondo e che possono disturbare ogni tipo di utilizzazione delle acque. Elenco II di famiglie e gruppi di sostanze L’elenco II comprende: – le sostanze appartenenti alle famiglie ed ai gruppi di sostanze dell’elenco I per le quali non sono determinati i valori limite di cui all’articolo 6 della presente direttiva.- alcune sostanze singole e alcune categorie di sostanze appartenenti alle famiglie e ai gruppi di sostanze elencati in appresso, che hanno sull’ambiente idrico un effetto nocivo che può tuttavia essere limitato ad una certa zona e dipende dalle caratteristiche delle acque di ricevimento e dalla loro localizzazione. Famiglie e gruppi di sostanze di cui al secondo trattino 1. I seguenti metalloidi e metalli nonché i loro composti: 1. zinco 6. selenio 11. stagno 16. vanadio 2. rame 7. arsenico 12. bario 17. cobalto 3. nichel 8. antimonio 13. berillio 18. tallio 4. cromo 9. molibdeno 14. boro 19. tellurio 5. piombo 10. titanio 15. uranio 20. argento 2. Biocidi e loro derivati non compresi nell’elenco I. 3. Sostanze che hanno un effetto nocivo sul sapore e/o sull’odore dei prodotti consumati dall’uomo derivati dall’ambiente idrico, nonché i composti che possono dare origine a tali sostanze nelle acque. 4. Composti organosilicati tossici o persistenti e sostanze che possono dare origine a tali composti nelle acque, ad eccezione di quelli che sono biologicamente innocui o che si trasformano rapidamente nell’acqua in sostanze innocue. 5. Composti inorganici del fosforo e fosforo elementare. 6. Oli minerali non persistenti ed idrocarburi di origine petrolifera non persistenti. 7. Cianuri, floruri. 8. Sostanze che influiscono sfavorevolmente sull’equilibrio dell’ossigeno, in particolare: ammoniaca, nitriti. (1) Le sostanze dell’elenco II, qualora abbiano potere cancerogeno, sono incluse nella categoria 4 del presente elenco. Dichiarazione relativa all’articolo 8 Per le acque di scolo scaricate in alto mare da canalizzazioni di lunga gittata gli Stati membri si impegnano ad imporre prescrizioni non meno severe di quelle previste dalla presente direttiva.↩︎
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