La Seveso diviene operativa anche per gli impianti di gestione di rifiuti
di Mauro Sanna
Dopo l’emanazione dell’ordinanza n. 144 del 15 dicembre 2022 da parte della Corte di Giustizia Ue, Sezione VI anche in Italia trova ora piena applicazione quanto previsto dalla direttiva 2012/18/UE (cd. Seveso III) recepita dall’Italia già da otto anni con il Decreto legislativo 26 giugno 2015, n° 105.
La direttiva UE era rimasta di fatto non operativa a causa delle diverse vicende giudiziarie avvicendatesi nel tempo, risoltesi definitivamente appunto con l’ordinanza del 15 dicembre 2022 della Corte di Giustizia Ue, con la quale vengono infatti rimosse le riserve poste dal Consiglio di Stato, Sezione IV, nella sentenza n. 490 del 25 gennaio 2022 e viene così definitivamente validato quanto già in essa previsto:
– cosa si debba intendere per “presenza di sostanze pericolose” in uno stabilimento;
– la determinazione dei quantitativi di sostanze pericolose presenti all’interno di uno stabilimento di trattamento dei rifiuti non può essere demandata al suo gestore che la effettua mediante verifica “momento per momento” con procedure operative messe a punto dallo stesso, ma deve invece essere ricavata direttamente dalla capacità dell’impianto, stabilita nel provvedimento autorizzatorio.
Cronistoria
Gli atti relativi alla direttiva 2012/18/UE (cd. Seveso III), succedutisi nel tempo, riguardanti le modalità della sua applicazione, a seguito delle modifiche da essa apportate alla precedente direttiva 96/82/CE (cd. Seveso II) sono stati i seguenti:
- Direttiva 2012/18/UE (cd. Seveso III) Articolo 3 punto 12 – Definizioni
Definisce come «presenza di sostanze pericolose», la presenza, reale o prevista, di sostanze pericolose nello stabilimento, oppure di sostanze pericolose che è ragionevole prevedere che possano essere generate, in caso di perdita del controllo dei processi, comprese le attività di deposito, in un impianto in seno allo stabilimento, in quantità pari o superiori alle quantità limite previste nella parte 1 o nella parte 2 dell’allegato I;
- Decreto legislativo 26 giugno 2015, n° 105Art. 3 lett. n)
Definisce come «presenza di sostanze pericolose»: la presenza, reale o prevista, di sostanze pericolose nello stabilimento, oppure di sostanze pericolose che è ragionevole prevedere che possano essere generate, in caso di perdita del controllo dei processi, comprese le attività di deposito, in un impianto in seno allo stabilimento, in quantità pari o superiori alle quantità limite previste nella parte 1 o nella parte 2 dell’allegato 1;
- Tar Marche, Ancona, Sezione I Sentenza n. 498 del 23 giugno 2021
La sentenza prevede che deve essere esclusa una valutazione momento per momento di assoggettabilità di un impianto alla cd. normativa Seveso, in quanto “in nessun punto della direttiva 2012/18/Ue vi è un qualsivoglia accenno alla possibilità che la individuazione dei quantitativi “previsti” di sostanze pericolose sia affidata all’autodeterminazione del gestore, sia pure attraverso procedure informatizzate, per cui, in assenza di regole certe ed uniformi (che possono essere introdotte solo dal legislatore, comunitario o nazionale), allo stato attuale il principio di precauzione osta ad una tale fuga in avanti che, fra l’altro, avrebbe origine solo pretoria”,
- Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza non definitiva n. 490 del 25 gennaio 2022, Tar Marche
Confermata in grado di appello, con la sentenza non definitiva n. 490 del 25 gennaio 2022, Tar Marche, Ancona, Sezione I, la sentenza n. 498 del 23 giugno 2021.
In particolare, il Consiglio di Stato osservava anche che se non si pongono particolari problemi per definire il concetto di “presenza reale” di sostanze pericolose, maggiori dubbi interpretativi emergono in relazione alla nozione di “presenza prevista” e, in particolare, ci si chiede se, per integrare la stessa, possa essere ritenuto sufficiente l’esito del monitoraggio effettuato, momento per momento, tramite un sistema interno di controllo e quantificazione, ovvero se debba farsi riferimento alla quantità massima di rifiuti pericolosi stoccabili prevista dal titolo abilitativo acquisito dallo stabilimento.
Considerato che non possono prendersi a riferimento i soli quantitativi di sostanze pericolose “effettivamente” presenti nell’impianto, ha osservato che:
“a) per definire le “sostanze pericolose” rilevanti al fine di determinare l’assoggettabilità dello stabilimento alla cd. normativa Seveso, la direttiva attualmente in vigore, a differenza della direttiva 96/82/Ce che prendeva in considerazione le sole “sostanze, miscele o preparazioni… presenti”, include, su un piano di perfetta parità, sia le sostanze che siano effettivamente presenti (“presenza reale”) sia quelle che, in termini di mera prevedibilità, potranno essere rilevate nello stabilimento (“presenza prevista”) (cfr. articolo 3, n. 12, direttiva 2012/18/Ue; concetto ribadito dall’allegato I, nota n. 3, della medesima direttiva, secondo cui: “le quantità massime da prendere in considerazione ai fini dell’applicazione degli articoli sono le quantità massime che sono o possono essere presenti in qualsiasi momento”);
b) l’intenzione del legislatore di voler anticipare — rispetto al sistema previgente — la soglia di tutela garantita dall’applicazione della disciplina, non può pertanto essere sostanzialmente elusa dall’applicazione di un sistema di gestione che consenta il monitoraggio ed il controllo delle quantità di sostanze pericolose effettivamente presenti nello stabilimento, finalizzato a garantire in ogni momento il non superamento dei quantitativi limite di assoggettabilità previsti, finendosi altrimenti per non prendere mai in considerazione quei quantitativi di sostanze pericolose che, solo in termini di previsione, potranno essere presenti nello stabilimento;
c) al fine di individuare la “presenza. prevista. di sostanze pericolose nello stabilimento” è corretto prendere a riferimento quanto stimato nei provvedimenti che abilitano i gestori ad esercire l’impianto, quale l’autorizzazione integrata ambientale (Aia), che, nell’attestare ufficialmente la capacità dell’impianto stesso, stabilisce, inter alia, i quantitativi massimi di sostanze pericolose che lo stabilimento è abilitato a ricevere e a trattare; del resto, la previsione di limiti massimi da parte dell’Aia (e dei corrispondenti livelli di emissione) lascia il gestore del tutto libero di decidere in ogni momento (e in maniera pienamente legittima) se aumentare le attività di stoccaggio fino a tali standard, incrementando conseguentemente la quantità di sostanze pericolose presenti nello stabilimento” (Consiglio di Stato, IV Sezione, n. 490/2022).
Il Consiglio di Stato, dopo aver escluso, in merito all’applicabilità del D.lgs. n. 105/2015, “la ricorrenza di ragionevoli dubbi interpretativi nella soluzione da fornire alla questione pregiudiziale rilevante nel caso di specie – avuto riguardo al testo, al contesto e agli obiettivi di tutela sottesi alle relative disposizioni europee”, ha ritenuto in via cautelativa di sollevare una questione di pregiudizialità interpretativa nei confronti della Corte di Giustizia europea, chiedendo, in particolare, preliminarmente “se la corretta interpretazione dell’articolo 267 Tfue imponga al Giudice nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, di operare il rinvio pregiudiziale su una questione di interpretazione del diritto unionale rilevante nell’ambito della controversia principale, anche qualora possa escludersi un dubbio interpretativo sul significato da attribuire alla pertinente disposizione europea…”, e in caso di risposta affermativa da parte della Corte al suddetto quesito, ha sollevato la seguente ulteriore questione pregiudiziale: “se la definizione di “presenza di sostanze pericolose” di cui all’articolo 3, n. 12, della direttiva 2012/18/Ue osti ad una prassi secondo la quale la previsione dei quantitativi di sostanze pericolose presenti all’interno di un impianto di trattamento dei rifiuti sia rimessa ad una procedura operativa implementata dal gestore (ed eventualmente recepita dall’autorizzazione di cui all’articolo 23 della direttiva 2008/98/Ce o di cui all’articolo 4 della direttiva 2010/75/Ue), la quale, qualificando i rifiuti come miscele ai sensi dell’articolo 3, n. 11, della direttiva 2012/18/Ue, contempli il costante monitoraggio del quantitativo delle sostanze pericolose presenti all’interno dell’impianto e garantisca il non superamento della soglia inferiore e della soglia superiore rispettivamente previste nella colonna 2 e nella colonna 3 dell’allegato 1 alla direttiva 2012/18/Ue”.
- Corte di Giustizia Ue, Sezione VI Ordinanza n. 144 del 15 dicembre 2022 (causa C-144/22)
Il rinvio del Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia con la sentenza n. 490 del 25 gennaio 2022, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 Tfue, si concludeva così: “L’articolo 267 Tfue deve essere interpretato nel senso che un Giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità laddove la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio.”
- Tar Toscana Sentenza 4 maggio 2023, n. 446
La sentenza concludeva evidenziando quanto segue:
Per cui, allo stato, resta confermato il principio di diritto, affermato con sicurezza dal Consiglio di Stato, secondo cui la valutazione della presenza di sostanze pericolose oltre i limiti di soglia previsti dal Dlgs 105/2015, ai fini dell’assoggettamento dello stabilimento alla medesima normativa, non può essere devoluta all’autodeterminazione del gestore attraverso una verifica svolta “momento per momento” sulla base di procedure operative, ma deve essere effettuata ex ante, in via previsionale, sulla base della capacità degli impianti, così come ufficialmente accertata dal provvedimento autorizzatorio. Anche nel caso in esame è peraltro evidente come l’adozione di un sistema informatizzato di gestione, che consentisse il monitoraggio continuo ed il controllo delle quantità di sostanze pericolose effettivamente presenti nello stabilimento, avrebbe senso solo se vi fossero la previsione della possibilità d’introduzione nello stabilimento di sostanze pericolose in quantità superiore rispetto alla soglia minima e la relativa capacità ricettiva, il che però già sarebbe sufficiente a determinare l’assoggettamento dell’impianto agli obblighi di cui al Dlgs n. 105/2015. Rendendosi dunque evidente come il concetto di “previsione”, in base a quanto stabilito dal Dlgs105/2015, in quanto implica un’anticipazione della cautela, contrasti con una verifica momento per momento da parte del gestore dell’impianto.
Conclusioni
Solo dopo otto anni dal recepimento della direttiva 2012/18/UE con il Decreto legislativo 26 giugno 2015, n° 105, diviene quindi pienamente operativo quanto previsto dalla Direttiva Seveso III che stabilisce cosa si debba intendere per sostanze pericolose presenti in un impianto, comprendendo tra queste anche quelle previste, quali quelle ammissibili nell’impianto in quanto autorizzate in forza dell’AIA, e quali siano le modalità da impiegare per controllare le quantità di sostanze pericolose presenti.1
La direttiva 2012/18/UE attualmente in vigore, a differenza della precedente direttiva 96/82/CE, prende in considerazione, oltre che le “sostanze, miscele o preparazioni …”, realmente presenti, anche quelle che è prevedibile che possano, essere presenti nello stabilimento (cfr. art. 3, n. 12, direttiva 2012/18/UE).
Infatti mentre la norma previgente parlava unicamente di materie prime, prodotti, etc., “presenti” nell’impianto, la nuova direttiva in vigore, ha modificato la definizione, integrandola con “presenza, reale o prevista, di sostanze pericolose nello stabilimento”, come ribadito anche nell’allegato I, alla direttiva, dove si conferma che “Le quantità da prendere in considerazione ai fini dell’applicazione degli articoli sono le quantità massime che sono o possono essere presenti in qualsiasi momento.2
Pertanto per verificare l’applicabilità della normativa “Seveso” ad uno stabilimento e determinare se il quantitativo di sostanze pericolose che possono essere presenti in esso siano al di sotto delle soglie ammissibili si potrà fare riferimento alla capacità massima di stoccaggio dei rifiuti pericolosi prevista nell’autorizzazione di cui all’articolo 208 del Dlgs n. 152/2006 ovvero nell’Aia e non sarà perciò necessario né possibile far riferimento a sistemi di “monitoraggio in continuo” posti in capo al gestore.
La quantità di rifiuti che può essere presente in uno stabilimento quindi non dovrà essere valutata momento per momento e quindi la sua assoggettabilità alla normativa Seveso non sarà affidata all’autodeterminazione svolta del gestore, che la valuta attraverso procedure informatizzate, ma potrà essere determinata sulla base del dato certo relativo alla capacità dell’impianto riportata nell’AIA.
Conseguenza dell’ordinanza n. 144 del 15 dicembre 2022 è quindi la corretta e completa applicazione della direttiva Seveso III, come previsto dall’allegato I, Parte 1, la quale determina che nelle autorizzazioni AIA non sia più possibile prevedere, in modo generico. la possibilità di gestione di rifiuti pericolosi in quantità superiori a quelle stabilite dall’allegato I, Parte 1 del D.lgs. 105/15.
Quando la quantità totale dei rifiuti pericolosi ammissibili superi le soglie stabilite dall’allegato I, Parte 1, sarà non solo necessario ma indispensabile che i rifiuti pericolosi ammissibili siano individuati non genericamente, mediante la sola indicazione delle caratteristiche di pericolo da HP1 ad HP15, ma siano identificati specificatamente con riferimento alle indicazioni di pericolo H (Hazard statements) che competono ai rifiuti pericolosi ammessi.
Infatti, a differenza della normativa sui rifiuti, la normativa Seveso e specificatamente l’Allegato I, Parte 1, fa diretto riferimento alle sostanze pericolose, cioè ai codici di indicazione di pericolo H (Hazard statements) del Regolamento CLP e non cumulativamente alle caratteristiche di pericolo HP (da HP1 ad HP15) previste nell’allegato I della parte quarta del D.Lgs.152/06, come avviene nell’applicazione della normativa sui rifiuti.
Proprio questa differenza ha determinato una scarsa attuazione della normativa Seveso nell’ambito del settore dei rifiuti quando vi è stata una applicazione contemporanea delle due normative agli impianti di smaltimento.
Dopo la emanazione dell’ordinanza n. 144 del 15 dicembre 2022 le autorizzazioni alla gestione dei rifiuti pericolosi non potranno più essere rilasciate, come accadeva in passato nella generalità dei casi, indicando:
- soltanto le quantità di rifiuti gestibili, individuando semplicemente le quantità di rifiuti pericolosi o non pericolosi;
- distinguendo le quantità di rifiuti pericolosi ammesse solo sulla base delle caratteristiche di pericolo da HP1 ad HP15;
- definendo solo la capacità, annua e giornaliera dello stabilimento e individuando solo in rari casi, quella istantanea.
Quando infatti con l’AIA sia autorizzata la presenza in un impianto di una quantità di rifiuti pericolosi superiore alle soglie stabilite dall’allegato I, Parte 1 del D.lgs. 105/15, per stabilire se esso debba essere assoggettato alla direttiva Seveso sarà necessario fare riferimento alle specifiche sostanze pericolose presenti nei rifiuti o ai codici di indicazioni di pericolo elencati nella Tabella 1.1 dell’Allegato III o ai codici stessi del Regolamento CLP, che li riguardano.
In questo modo, dal semplice contenuto dell’atto autorizzatorio di uno stabilimento, comparando la quantità dei rifiuti pericolosi autorizzati che possono essere presenti, identificati con i codici di indicazioni di pericolo del Regolamento CLP con le soglie stabilite dall’allegato I, Parte 1 della direttiva Seveso, si potrà stabilire se esso è sottoposto o meno alla direttiva Seveso.
In alternativa l’AIA dovrà prevedere la non ammissibilità nell’impianto di rifiuti pericolosi con codici di indicazioni di pericolo della Tabella 1.1 dell’Allegato III del CLP a cui si fa riferimento in modo specifico nella parte 1 dell’allegato 1 I del D.lgs. 105/15, in quantità superiore alle soglie prevista nella stessa. Questa precisazione diviene quindi ormai non solo necessaria ma indispensabile in una autorizzazione per lo svolgimento di una operazione di gestione di rifiuti pericolosi in quantità superiori alle soglie stabilite dal suddetto allegato della direttiva Seveso.
In aderenza a tale ordinanza, anche il gestore di un impianto di smaltimento di rifiuti pericolosi si dovrà conformare ad essa, e quando nell’impianto siano presenti quantità di rifiuti pericolosi superiori alle soglie stabilite nella parte 1 dell’allegato 1 I del D.lgs. 105/15, egli non potrà limitarsi a qualificare i rifiuti pericolosi presenti indicando per essi, solo le caratteristiche di pericolo da HP1 ad HP15, ma dovrà anche identificarli con i codici di indicazioni di pericolo della Tabella 1.1 dell’Allegato III del CLP, cosicché si possa escludere che i rifiuti pericolosi presenti siano superiori per quantità alle soglie specifiche previste nella parte 1 dell’allegato 1 I del D.lgs. 105/15.
Art. 3 del D.lgs. 105/15 Definizioni
1. Ai fini del presente decreto valgono le seguenti definizioni:
a) «stabilimento»: tutta l’area sottoposta al controllo di un gestore, nella quale sono presenti sostanze pericolose all’interno di uno o più impianti, comprese le infrastrutture o le attività comuni o connesse; gli stabilimenti sono stabilimenti di soglia inferiore o di soglia superiore;
b) «stabilimento di soglia inferiore»: uno stabilimento nel quale le sostanze pericolose sono presenti in quantità pari o superiori alle quantità elencate nella colonna 2 della parte 1 o nella colonna 2 della parte 2 dell’allegato 1, ma in quantità inferiori alle quantità elencate nella colonna 3 della parte 1, o nella colonna 3 della parte 2 dell’allegato 1, applicando, ove previsto, la regola della sommatoria di cui alla nota 4 dell’allegato 1;
c) «stabilimento di soglia superiore»: uno stabilimento nel quale le sostanze pericolose sono presenti in quantità pari o superiori alle quantità elencate nella colonna 3 della parte 1 o nella colonna 3 della parte 2 dell’allegato 1, applicando, ove previsto, la regola della sommatoria di cui alla nota 4 dell’allegato 1;
l) «sostanza pericolosa»: una sostanza o miscela di cui alla parte 1 o elencata nella parte 2 dell’allegato 1, sotto forma di materia prima, prodotto, sottoprodotto, residuo o prodotto intermedio;
m) «miscela»: una miscela o una soluzione composta di due o più sostanze;
n) «presenza di sostanze pericolose»: la presenza, reale o prevista, di sostanze pericolose nello stabilimento, oppure di sostanze pericolose che è ragionevole prevedere che possano essere generate, in caso di perdita del controllo dei processi, comprese le attività di deposito, in un impianto in seno allo stabilimento, in quantità pari o superiori alle quantità limite previste nella parte 1 o nella parte 2 dell’allegato 1;↩︎
Allegato I, PARTE 1 del D.lgs. 105/15
Categorie delle sostanze pericolose
La presente parte comprende tutte le sostanze pericolose che rientrano nelle categorie di pericolo elencate nella colonna 1.
Colonna 1 Colonna 2 Colonna 3 Categorie delle sostanze pericolose conformemente al regolamento (CE) n. 1272/2008 Quantità limite (tonnellate) delle sostanze pericolose, di cui all’articolo 3, per l’applicazione di: Categorie delle sostanze pericolose conformemente al regolamento (CE) n. 1272/2008 Requisiti di soglia inferiore Requisiti di soglia superiore Sezione «H» — PERICOLI PER LA SALUTE H1 TOSSICITÀ ACUTA Categoria 1, tutte le vie di esposizione 5 20 H2 TOSSICITÀ ACUTA – Categoria 2, tutte le vie di esposizione – Categoria 3, esposizione per inalazione (cfr. nota 7) 50 200 H3 TOSSICITÀ SPECIFICA PER ORGANI BERSAGLIO (STOT) – ESPOSIZIONE SINGOLA STOT SE Categoria 1 50 200 Sezione «P» – PERICOLI FISICI P1a ESPLOSIVI (cfr. nota 8) – Esplosivi instabili; oppure – Esplosivi, divisione 1.1, 1.2, 1.3, 1.5 o 1.6; oppure – Sostanze o miscele aventi proprietà esplosive in conformità al metodo A.14 del regolamento (CE) n. 440/2008 (cfr. nota 9) e che non fanno parte delle classi di pericolo dei perossidi organici e delle sostanze e miscele autoreattive 10 50 P1b ESPLOSIVI (cfr. nota 8) Esplosivi, divisione 1.4 (cfr. nota 10) 50 200 P2 GAS INFIAMMABILI Gas infiammabili, categoria 1 o 2 10 50 P3a AEROSOL INFIAMMABILI (cfr. nota 11.1) Aerosol «infiammabili» delle categorie 1 o 2, contenenti gas infiammabili di categoria 1 o 2 o liquidi infiammabili di categoria 1 150 (peso netto) 500 (peso netto) P3b AEROSOL INFIAMMABILI (cfr. nota 11.1) Aerosol «infiammabili» delle categorie 1 o 2, non contenenti gas infiammabili di categoria 1 o 2 né liquidi infiammabili di categoria1 (cfr. nota 11.2) 5000 (peso netto) 50000
(peso netto)
P4 GAS COMBURENTI Gas comburenti, categoria 1 50 200 P5a LIQUIDI INFIAMMABILI – Liquidi infiammabili, categoria 1, oppure – Liquidi infiammabili di categoria 2 o 3 mantenuti a una temperatura superiore al loro punto di ebollizione, oppure – Altri liquidi con punto di infiammabilità ≤ 60 °C, mantenuti a una temperatura superiore al loro punto di ebollizione (cfr. nota 12) 10 50 P5b LIQUIDI INFIAMMABILI – Liquidi infiammabili di categoria 2 o 3 qualora particolari condizioni di utilizzazione, come la forte pressione o l’elevata temperatura, possano comportare il pericolo di incidenti rilevanti, oppure – Altri liquidi con punto di infiammabilità ≤ 60 °C qualora particolari condizioni di utilizzazione, come la forte pressione o l’elevata temperatura, possano comportare il pericolo di incidenti rilevanti (cfr. nota 12) 50 200 P5c LIQUIDI INFIAMMABILI 5000 50000 Liquidi infiammabili, categorie 2 o 3, non compresi in P5a e P5b P6a SOSTANZE E MISCELE AUTOREATTIVE E PEROSSIDI ORGANICI Sostanze e miscele autoreattive, tipo A o B, oppure Perossidi organici, tipo A o B 10 50 P6b SOSTANZE E MISCELE AUTOREATTIVE E PEROSSIDI ORGANICI Sostanze e miscele autoreattive, tipo C, D, E o F, oppure Perossidi organici, tipo C, D, E o F 50 200 P7 LIQUIDI E SOLIDI PIROFORICI Liquidi piroforici, categoria 1 Solidi piroforici, categoria 1 50 200 P8 LIQUIDI E SOLIDI COMBURENTI Liquidi comburenti, categoria 1, 2 o 3, oppure Solidi comburenti, categoria 1, 2 o 3 50 200 Sezione «E» – PERICOLI PER L’AMBIENTE E1 Pericoloso per l’ambiente acquatico, categoria di tossicità acuta 1 o di tossicità cronica 1 100 200 E2 Pericoloso per l’ambiente acquatico, categoria di tossicità cronica 2 200 500 Sezione «O» — ALTRI PERICOLI O1 Sostanze o miscele con indicazione di pericolo EUH014 100 500 O2 Sostanze e miscele che, a contatto con l’acqua, liberano gas infiammabili, categoria 1 100 500 O3 Sostanze o miscele con indicazione di pericolo EUH029 50 200 NOTE ALL’ALLEGATO 1
1. Le sostanze e le miscele sono classificate ai sensi del regolamento (CE) n. 1272/2008.
2. Le miscele sono assimilate alle sostanze pure, purché rientrino nei limiti di concentrazione stabiliti in base alle loro proprietà nel regolamento (CE) n. 1272/2008 nella nota 1, o nel suo ultimo adeguamento al progresso tecnico, a meno che non sia specificata la composizione in percentuale o non sia fornita un’altra descrizione.
3. Le quantità limite summenzionate si intendono per ciascuno stabilimento. Le quantità da prendere in considerazione ai fini dell’applicazione degli articoli sono le quantità massime che sono o possono essere presenti in qualsiasi momento. Ai fini del calcolo della quantità totale presente non vengono prese in considerazione le sostanze pericolose presenti in uno stabilimento unicamente in quantità uguale o inferiore al 2 % della quantità limite corrispondente se il luogo in cui si trovano all’interno dello stabilimento non può innescare un incidente rilevante in nessuna altra parte di detto stabilimento.
4. Se del caso, si applicano le regole seguenti, che disciplinano la somma di sostanze pericolose o di categorie di sostanze pericolose. Nel caso di uno stabilimento in cui non sono presenti singole sostanze pericolose in quantità pari o superiore alle quantità limite corrispondenti, si applicano le seguenti regole per determinare se lo stabilimento sia o no soggetto alle pertinenti prescrizioni del presente decreto. Il presente decreto si applica agli stabilimenti di soglia superiore se il valore ottenuto dalla somma: q 1 /Q U1 + q 2 /Q U2 + q 3 /Q U3 + q 4 /Q U4 + q 5 /Q U5 + … è maggiore o uguale a 1, dove q x è la quantità presente di sostanza pericolosa x (o categoria di sostanze pericolose) compresa nella parte 1 o nella parte 2 del presente allegato, e Q UX è la quantità limite corrispondente per la sostanza pericolosa o categoria x indicata nella colonna 3 della parte 1 o nella colonna 3 della parte 2 del presente allegato. Il presente decreto si applica agli stabilimenti di soglia inferiore se il valore ottenuto dalla somma: q 1 /Q L1 + q 2 /Q L2 + q 3 /Q L3 + q 4 /Q L4 + q 5 /Q L5 + … è maggiore o uguale a 1, dove q x è la quantità presente di sostanza pericolosa x (o categoria di sostanze pericolose) compresa nella parte 1 o nella parte 2 del presente allegato, e Q LX è la quantità limite corrispondente per la sostanza pericolosa o categoria x indicata nella colonna 2 della parte 1 o nella colonna 2 della parte 2 del presente allegato. Queste regole vanno utilizzate per valutare i pericoli per la salute, i pericoli fisici e i pericoli per l’ambiente. Di conseguenza, ognuna di esse deve essere applicata tre volte:
a) per sommare le sostanze pericolose elencate nella parte 2 che rientrano nella categoria di tossicità acuta 1, 2 o 3 (per inalazione) o nella categoria 1 STOT SE con le sostanze pericolose della sezione H, voci da H1 a H3 della parte 1;
b) per sommare le sostanze pericolose elencate nella parte 2 che sono esplosivi, gas infiammabili, aerosol infiammabili, gas comburenti, liquidi infiammabili, sostanze e miscele autoreattive, perossidi organici, liquidi e solidi piroforici, liquidi e solidi comburenti, con le sostanze pericolose della sezione P, voci da P1 a P8 della parte 1;
c) per sommare le sostanze pericolose elencate nella parte 2 che rientrano tra quelle pericolose per l’ambiente acquatico nella categoria di tossicità acuta 1 o nella categoria di tossicità cronica 1 o 2 con le sostanze pericolose della sezione E, voci da E1 a E2 della parte 1.
Le disposizioni pertinenti del presente decreto si applicano se uno qualsiasi dei valori ottenuti dalle somme a), b) o c) è maggiore o uguale a 1.
5. Le sostanze pericolose che non sono comprese nel regolamento (CE) n. 1272/2008, compresi i rifiuti, ma che si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare, nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile che ricade nell’ambito di applicazione del presente decreto.
6. Per quanto riguarda le sostanze pericolose che, a causa delle loro proprietà, rientrano in più classificazioni, ai fini del presente decreto si applicano le quantità limite più basse. Tuttavia, ai fini dell’applicazione della regola di cui alla nota 4, è usata la quantità limite inferiore per ciascun gruppo di categorie di cui alle note 4, lettera a), 4, lettera b) e 4, lettera c) corrispondente alla classificazione pertinente
7. Le sostanze pericolose con tossicità acuta che ricadono nella categoria 3, per via orale (H 301) rientrano nella voce H2 TOSSICITÀ ACUTA nei casi in cui non sia ricavabile una classificazione di tossicità acuta per inalazione, né una classificazione di tossicità acuta per via cutanea, ad esempio per la mancanza di dati conclusivi sulla tossicità per inalazione e per via cutanea.
8. La classe di pericolo «Esplosivi» comprende articoli esplosivi (cfr. l’allegato I, sezione 2.1, del regolamento (CE) n. 1272/2008). Se la quantità della sostanza o della miscela esplosiva contenuta nell’articolo è nota, tale quantità è considerata ai fini del presente decreto. Se la quantità della sostanza o della miscela esplosiva contenuta nell’articolo non è nota, l’intero articolo è considerato esplosivo ai fini del presente decreto.
9. È necessario effettuare prove delle proprietà esplosive delle sostanze e miscele solo se la procedura di screening di cui all’appendice 6, parte 3, delle raccomandazioni delle Nazioni Unite sui trasporti di merci pericolose, Manuale delle prove e dei criteri (Manuale delle prove e dei criteri delle Nazioni Unite)1 stabilisce che la sostanza o miscela può avere proprietà esplosive.
10. Gli esplosivi della divisione 1.4 non imballati o reimballati sono assegnati alla categoria P1a, tranne ove sia dimostrato che il pericolo corrisponde sempre alla divisione 1.4 ai sensi del regolamento (CE) n. 1272/2008.
11.1. Gli aerosol infiammabili sono classificati sulla base del D.P.R. n. 741 del 21 luglio 1982 e s.m.i. emanato in attuazione della direttiva 75/324/CEE del Consiglio, del 20 maggio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli aerosol2(Direttiva sui generatori aerosol). Gli aerosol «estremamente infiammabili» e «infiammabili» di cui alla direttiva 75/324/CEE corrispondono agli aerosol infiammabili, rispettivamente, della categoria 1 o 2 del regolamento (CE) n. 1272/2008.
11.2. Per poter rientrare in questa categoria occorre documentare che il generatore aerosol non contiene né gas infiammabili della categoria 1 o 2 né liquidi infiammabili della categoria 1.
12. Secondo l’allegato I, paragrafo 2.6.4.5, del regolamento (CE) n. 1272/2008, non è necessario classificare nella categoria 3 i liquidi con un punto di infiammabilità superiore a 35 °C se sono stati ottenuti risultati negativi nel test di mantenimento della combustione L.2, parte III, sezione 32 del Manuale delle prove e dei criteri delle Nazioni Unite. Questo criterio non vale però in condizioni di temperatura o pressione elevate e pertanto tali liquidi sono classificati in questa categoria↩︎