La qualificazione del percolato di discarica – M.Sanna

La qualificazione del percolato di discarica

di Mauro Sanna

Per qualificare il percolato di discarica, così come per tutti i materiali disciplinati dalla normativa comunitaria e da quella statale, è necessario riferirsi alle definizioni ed alle prescrizioni che disciplinano la loro gestione, contenute nelle direttive comunitarie in materia ambientale e nella normativa nazionale di attuazione delle medesime.

Riferimenti normativi

La direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, all’art. 2 lett. i) definisce il “colaticcio”, o percolato, come qualsiasi liquido che coli attraverso i rifiuti depositati e sia emesso da una discarica o contenuto all’interno di essa”, ed alla lettera g) “discarica”: area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi.

L’art. 6 della suddetta direttiva comprende tra i rifiuti per i quali sussiste il divieto di immissione in discarica: a) rifiuti allo stato liquido, definiti all’articolo 2 lett. q) come: qualsiasi rifiuto sotto forma liquida, comprese le acque reflue ed esclusi i fanghi.

L’art. 5 paragrafo 3 lett. a). della medesima direttiva prevede che gli Stati membri provvedano affinché non siano ammessi in una discarica i rifiuti liquidi.

Lo scarico di rifiuti liquidi come acque di scarico, in forza di quanto previsto dall’art.2 della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, è escluso dall’ambito di applicazione di tale direttiva, in quanto contemplato da altra normativa comunitaria.

In attuazione della direttiva relativa alle discariche, il D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 ha definito all’art.2 c. 1 lett. r) “rifiuti liquidi“: qualsiasi rifiuto sotto forma liquida, comprese le acque reflue non convogliate in reti fognarie ed esclusi i fanghi.

L’art. 183 del Dlgs 152/06 ha previsto le seguenti definizioni:

hh) scarichi idrici: le immissioni di acque reflue di cui all’articolo 74, comma 1, lettera ff);

ff) scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all’articolo 114;

gg) acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;

L’art 185 c.2 lett. a) del Dlgs 152/06, in attuazione della direttiva 2008/98/CE, ha previsto che:

Sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento: a) le acque di scarico;

La Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, oltre a prevedere le precedenti definizioni, ha anche prescritto le modalità di gestione del percolato, stabilendo al paragrafo 2 dell’Allegato I Requisiti generali per tutte le categorie di discariche per il controllo delle acque e gestione del colaticcio:

In relazione alle caratteristiche della discarica e alle condizioni meteorologiche vengono adottate misure adeguate per:

– limitare la quantità di acqua proveniente dalle precipitazioni che penetra nel corpo della discarica;

– impedire che le acque superficiali e/o freatiche entrino nei rifiuti collocati nella discarica;

– raccogliere le acque e il colaticcio contaminati. L’autorità competente può decidere che la presente disposizione non si applica nel caso in cui una valutazione in base all’esame dell’ubicazione della discarica e dei rifiuti da ammettere dimostri che la discarica stessa non costituisca un potenziale rischio ecologico;

– trattare le acque e il colaticcio contaminati raccolti nella discarica affinché raggiungano la qualità richiesta per poter essere scaricati.

Le suddette disposizioni possono non applicarsi alle discariche di rifiuti inerti.

Tale disciplina è stata ripresa poi dal Dlgs 3 settembre 2020, n. 121 che, modificando il D.lgs.13 gennaio 2003, n. 36, ha dettato nell’Allegato 1 Criteri costruttivi e gestionali degli impianti di discarica e nel paragrafo 2.3, tra le altre prescrizioni, ha previsto il Controllo delle acque e gestione del percolato:

Il percolato ed eventuali acque di ruscellamento diretto sul corpo dei rifiuti devono essere captati, raccolti e smaltiti per tutto il tempo di vita della discarica (gestione e post-gestione), secondo quanto stabilito nell’autorizzazione, e comunque per un tempo non inferiore a 30 anni dalla data di chiusura definitiva dell’impianto.

E inoltre: Il percolato prodotto dalla discarica e le acque raccolte devono essere preferibilmente trattati in loco in impianti tecnicamente idonei. Qualora particolari condizioni tecniche impediscano o non rendano ottimale tale soluzione, il percolato potrà essere conferito ad idonei impianti di trattamento autorizzati ai sensi della vigente disciplina sui rifiuti o, in alternativa, dopo idoneo trattamento, recapitato in fognatura nel rispetto dei limiti allo scarico stabiliti dall’ente gestore.

L’allegato 3 del medesimo decreto, alla tabella 2, tra i rifiuti non ammessi in discarica ai sensi dell’articolo 6 del decreto, ha compreso i seguenti codici EER:

19 07 02* percolato di discarica, contenente sostanze pericolose

19 07 03 percolato di discarica, diverso da quello di cui alla voce 19 07 02

Queste sono le disposizioni normative comunitarie e nazionali che nel loro complesso hanno definito la gestione del percolato.

Qualificazione e modalità di gestione del percolato

Sulla base delle disposizioni sopra elencate, al fine di stabilire quali debbano essere le modalità corrette di gestione del percolato, è pertanto pregiudiziale determinare se esso debba essere qualificato come rifiuto ed in quanto tale essere assoggettato alla disciplina prevista dalla parte IV del DLgs 152/06, ovvero se possa derogare dalla medesima.

Condizioni certe riguardanti il percolato sono le seguenti:

– si genera nel corpo delle discariche nell’ammasso dei rifiuti che lo compongono;

– la sua natura fisica è quella di un liquido;

– per i rifiuti allo stato liquido sussiste il divieto di immissione in discarica;

– le acque reflue in quanto provenienti da uno scarico sono da qualificare acque di scarico;

– sono qualificate “scarichi idrici”, esclusivamente le immissioni di acque reflue effettuate tramite un sistema stabile di collettamento che colleghi senza soluzione di continuità il loro ciclo di produzione ad un corpo ricettore: acque superficiali, suolo, sottosuolo e rete fognaria;

– lo scarico dei rifiuti liquidi, come acque di scarico, è escluso dall’ambito di applicazione della direttiva sui rifiuti nella misura in cui sia contemplato da altra normativa comunitaria;

– le acque di scarico possono essere escluse dall’ambito di applicazione della parte quarta del decreto D.lgs. 152/06 solo se, in quanto tali, siano regolate da altre disposizioni normative comunitarie, e dalle rispettive norme nazionali di recepimento;

– la gestione del percolato è soggetta a specifiche prescrizioni previste dalla Direttiva discariche, riprese poi dalla normativa nazionale di attuazione, che prevedono la raccolta delle acque e del colaticcio contaminati ed il loro trattamento affinché abbiano la qualità richiesta per poter essere scaricati;

– il percolato di discarica come rifiuto è classificato con i codici:

19 07 02* percolato di discarica, contenente sostanze pericolose

19 07 03 percolato di discarica, diverso da quello di cui alla voce 19 07 02

rifiuti considerati non ammissibili in discarica.

Considerazioni finali

La gestione del percolato è soggetta alle specifiche prescrizioni previste dalla Direttiva discariche, riprese poi dalla normativa nazionale di attuazione, che prevede sia raccolto e trattato fino a che abbia le caratteristiche idonee per essere scaricato in un corpo recettore.

Il percolato che origina da una discarica non è qualificabile come “acque di scarico”, nelle quali rientrano tutte le acque reflue provenienti da uno scarico e che, in quanto tali sono regolate da specifiche disposizioni normative comunitarie e da quelle nazionali di recepimento, ed escluse di conseguenza dall’ambito di applicazione della direttiva sui rifiuti.

Inoltre il percolato, che origina da una discarica, se si riversa nella stessa non costituisce neanche uno scarico, in quanto il suo flusso non è collegato senza soluzione di continuità ad un corpo ricettore costituito da acque superficiali, suolo, sottosuolo o rete fognaria, ma perviene in un impianto di smaltimento, quale è appunto la discarica.

Per quanto sopra detto ne deriva che il percolato, poiché non può essere qualificato né come acqua di scarico né come scarico, non beneficia del regime delle esclusioni dall’ambito di applicazione della parte quarta di cui all’art. 185 del D.lgs. 152/06, ma resta assoggettato alla suddetta disciplina e pertanto costituisce un rifiuto.

Inoltre per esso, in quanto costituisce rifiuto allo stato liquido, sussiste il divieto generale di immissione in discarica.

È inoltre da evidenziare che la direttiva discariche ha espressamente disciplinato la gestione del percolato definendo un elenco positivo di azioni da adottare: raccolta, trattamento e scarico in un corpo recettore.

È stato perciò privilegiato un tale tipo di elenco, invece che limitarsi a prevedere un elenco negativo di operazioni vietate, lasciando in tal caso all’operatore la scelta di quella da adottare tra tutte le rimanenti possibili non elencate.

In un tale contesto, pertanto, essendo già stato previsto un elenco chiaro di azioni esclusive da adottare per la gestione del percolato, non sussiste alcuna esigenza che la direttiva discariche 1999/31/CE preveda anche un elenco di operazioni vietate.

In tale contesto la reintroduzione nella discarica del colaticcio prodotto dai rifiuti abbancati nella stessa, costituisce una operazione già esclusa sulla base dell’elenco positivo. Operazione, peraltro, che per i numerosi vincoli posti in proposito dalla normativa ambientale sopra evidenziata, è già del tutto interdetta. Infatti essa, per quanto detto, non permette di qualificare lo sversamento del percolato nel corpo della discarica come uno scarico di un liquido soggetto a specifica normativa, consistendo invece in una operazione di smaltimento di un rifiuto liquido, vietata dalla normativa sulle discariche.

Una tale immissione infatti, in quanto effettuata nell’ammasso dei rifiuti della discarica, non perverrebbe ad uno dei corpi ricettori previsti dall’art 74 del D.lgs. 152/06, e quindi anche per tale condizione non potrebbe essere comunque qualificata come scarico.

Conclusioni

Il percolato che si forma in una discarica è da qualificare come rifiuto e tutte le operazioni che lo riguardano sono pertanto soggette alla disciplina dei rifiuti prevista dalla parte quarta del DLgs 152/06.

Nello specifico il percolato, in quanto rifiuto liquido, non può essere reintrodotto nel corpo della discarica.

Qualsiasi scenario di reintroduzione del percolato nel corpo della discarica, comporterebbe quindi l’applicazione della disciplina sui rifiuti.

L’eventuale percolato raccolto, in forza di quanto stabilito dalla direttiva, deve perciò essere avviato ad idoneo impianto di trattamento, tale da garantire l’ottenimento di un effluente che rispetti i limiti previsti dalla normativa vigente in materia.

Solo gli eventuali fanghi, ottenuti dal trattamento del percolato, o il concentrato ottenuto da un impianto di permeazione specifico a ciò dedicato, classificati con i dovuti codici EER, se compatibili con le caratteristiche della discarica, potranno essere smaltiti in essa come rifiuti, mentre gli effluenti depurati potranno essere scaricati in un corpo recettore adeguato.

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