La gestione dei rifiuti deve conciliarsi con la normativa Seveso – di M. Sanna

Premessa

Dall’esame dell’elenco degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante assoggettati agli obblighi previsti dal D.Lgs. 105/2015, redatto dall’ISPRA, aggiornato al 25 gennaio 2018, sulla base delle notifiche presentate dai gestori degli stabilimenti, emerge come tra questi il numero di impianti destinati allo smaltimento dei rifiuti pericolosi è del tutto trascurabile.

Infatti, in totale, gli impianti presenti in tutte le regioni italiane in cui vengono gestiti rifiuti pericolosi assoggettati alla suddetta normativa sono appena 24, 12 dei quali, di soglia inferiore ed altrettanti di soglia superiore. Sulla base del suddetto elenco, le operazioni a cui tali impianti sono destinati sono stoccaggio, trattamento e smaltimento dei rifiuti.

Il numero degli impianti assoggettati alla normativa Seveso, se comparato con quello degli impianti di smaltimento di rifiuti pericolosi presenti in Italia, riportato nell’elenco redatto dall’ISPRA aggiornato al 2019, dove risultano in numero di 5.175.511, appare perciò non solo trascurabile ma addirittura risibile.

Il rapporto tra il numero di impianti di smaltimento di rifiuti pericolosi ed il numero di quelli assoggettati alla normativa Seveso indica senza dubbio una scarsa applicazione di questa normativa al settore dei rifiuti.

Purtroppo, questa scarsità degli impianti di smaltimento assoggettati alla normativa Seveso, lungi dal poter essere attribuito ad una impensabile assenza di rischi nel settore rifiuti, si può solo attribuire oltre che ad una trascuratezza nella applicazione della normativa Seveso in questo settore, alla presenza di condizioni che non conciliano l’applicazione combinata della normativa Seveso e di quella che regolamenta il settore rifiuti.

Per risolvere tale dubbio è perciò necessario esaminare pregiudizialmente quali siano gli elementi fondanti delle due discipline.

La disciplina dei rifiuti

La gestione dei rifiuti è disciplinata allo stato attuale principalmente dalla parte quarta del DLgs. 152/06 che prevede la necessità di autorizzazione di tutte le operazioni destinate alla gestione dei rifiuti.

A questo fine i rifiuti sono classificati, secondo l’origine, in rifiuti urbani e speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e non pericolosi.

Le caratteristiche di pericolo utili alla classificazione dei rifiuti pericolosi sono elencate nell’allegato I della parte quarta del DLgs. 152/06 (Nota 1).

Le caratteristiche di pericolo previste dall’allegato I del D.L.gs 152/06, in conformità a quanto stabilito dal Regolamento 1272/2008/Ce (CLP), si ricavano dai codici di indicazioni di pericolo previsti nella Tabella 1.1 dell’Allegato III di tale Regolamento 1272/2008/Ce. (CLP – Classification, labelling and packaging) del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le Direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al Regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH).

Il Regolamento 1272/2008 si articola in sette titoli e sette allegati tecnici.

L’Allegato III contiene l’Elenco delle frasi di pericolo (Hazard Statements) ed elementi supplementari di etichettatura. Di questo, esemplificativamente, si riportano i codici di indicazioni di pericolo relativi ai pericoli per la salute così come elencati nella Tabella 1.1 dell’Allegato III, e quelli supplementari (cioè quelli che possiedono oltre al codice a 3 cifre anche lettere aggiuntive), elencati nel paragrafo 1.1.2.1.2 nell’Allegato IV del Regolamento 1272/2008/CE (CLP) (Nota 2)

Proprio dalla presenza in un rifiuto di determinate sostanze con indici di pericolo per la salute: H300, H301, H302, H310, H311, H312, H330, H331 e H332 in concentrazioni superiori a quelle stabilite, deriva l’assegnazione a tale rifiuto della caratteristica di pericolo HP6.

Pertanto nell’ambito della normativa dei rifiuti le caratteristiche di pericolo (HP) utilizzate per la loro classificazione, hanno di fatto un carattere generico e comprensivo di diversi tipi di rischio connesso ad un determinato pericolo, funzione delle sostanze pericolose presenti nel rifiuto a cui competono i codici di indicazioni di pericolo della Tabella 1.1 dell’Allegato III di tale Regolamento 1272/2008/Ce.

La normativa Seveso

La normativa relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose è attualmente disciplinata dal Decreto legislativo 26 giugno 2015, n° 105 che ha recepito la direttiva 2012/18/UE (cd. Seveso III), che ha sostituito la direttiva 96/82/CE (cd. “Seveso II”), recepita in Italia con il D.lgs. 334/99, e la direttiva 2003/105/CE, recepita con il D.Lgs. 238/05,confermandone comunque sostanzialmente l’impianto.

L’aggiornamento della normativa è stato determinato dalla necessità di adeguarla al cambiamento del sistema di classificazione delle sostanze chimiche, introdotto dal citato regolamento CE n. 1272/2008, che ha armonizzato il sistema di individuazione e catalogazione dei prodotti chimici all’interno dell’Unione europea con quello adottato a livello internazionale in ambito ONU (GHS – Globally Harmonised System of Classification and Labelling of Chemicals) e quindi comune a quello già considerato nella disciplina dei rifiuti.

Il D.lgs. n° 105/2015 aggiornando l’elenco delle sostanze pericolose e delle relative soglie di assoggettabilità, in conformità alla nuova direttiva ha definito ogni aspetto tecnico ed applicativo e che compete agli stabilimenti caratterizzati dalla presenza di sostanze o miscele pericolose sotto forma di materie prime, prodotti, sottoprodotti, residui o prodotti intermedi che appartengono alle categorie previste dalla parte 1, presenti in quantità superiori ai limiti fissati o elencate nella parte 2 dell’Allegato I del D.lgs. 105/15 (Nota 3).

La parte 1 dell’Allegato 1 del D.lgs. 105/15 riporta una serie di categorie di pericolo tratte dal Regolamento CLP (o Regolamento CE 1272/2008) (Nota 4).

La parte 2 dell’Allegato 1 del D.lgs. 105/15 contiene un elenco di 48 sostanze pericolose specifiche.

Ad ogni categoria di pericolo della Parte 1 o sostanza elencata della Parte 2 sono associate due quantità limite, che distinguono gli stabilimenti SEVESO in quelli di soglia inferiore soggetti alla trasmissione alle autorità competenti di una Notifica, ai sensi dell’Art. 13 del D.Lgs. 105/2015, e quelli di soglia superiore che debbono redigere anche il Rapporto di Sicurezza ai sensi dell’art. 15.

Oltre a tali adempimenti gli stabilimenti SEVESO sono soggetti alla implementazione di un sistema per la gestione dell’invecchiamento delle apparecchiature ed a varie prescrizioni, (D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i., D.lgs. 26 giugno 2015, n. 105 e s.m.i. Linea Guida del GdL coordinato da INAIL), prevedendo per essi uno specifico sistema di monitoraggio.

Considerazioni

Dall’esame di quanto prescritto dalle due normative, quello che più rileva, in relazione a quanto evidenziato in premessa, è che c’è una condizione che le differenzia.

Questa differenza è costituita dal fatto che la normativa Seveso e specificatamente l’Allegato I, Parte 1, per la classificazione dei rischi, a differenza della normativa dei rifiuti fa diretto riferimento alle classificazioni CLP delle sostanze pericolose, cioè ai codici di indicazione di pericolo del Regolamento CLP e non cumulativamente alle caratteristiche di pericolo HP (da HP1 ad HP15) previste nell’allegato I della parte quarta del D.Lgs.152/06, come avviene nell’applicazione della normativa sui rifiuti.

Proprio questa differenza, ha determinato una scarsa applicazione della normativa Seveso nell’ambito del settore dei rifiuti nei casi in cui vi è una applicazione contemporanea delle due normative.

Accade infatti, nella generalità dei casi in cui vengono rilasciate le autorizzazioni alla gestione dei rifiuti, che le quantità gestibili siano semplicemente limitate, distinguendo solo i rifiuti in pericolosi o non pericolose e definendo la capacità, annua e giornaliera dello stabilimento e solo in rari casi, quella istantanea.

Inoltre, nel medesimo atto amministrativo spesso si parla genericamente di rifiuti pericolosi, ma solo in alcuni casi si definiscono le caratteristiche di pericolo dei rifiuti ammissibili nello stabilimento e quando questo avviene si fa però esclusivo riferimento alle classi di pericolo da HP1 ad HP15, mai ci si riferisce comunque alle specifiche sostanze pericolose presenti nel rifiuto o ai codici di indicazioni di pericolo elencati nella Tabella 1.1 dell’Allegato III o ai codici stessi del Regolamento CLP, che li riguardano.

E’ evidente quindi che nella generalità dei casi dal semplice contenuto dell’atto autorizzatorio di una operazione di gestione dei rifiuti non è comprensibile se lo stabilimento, per la quantità di rifiuti pericolosi detenuta sia o meno soggetto alle notifiche previste dalla normativa Seveso, poiché nell’atto non vi è alcun riferimento ai codici di indicazioni di pericolo della Tabella 1.1 dell’Allegato III del CLP a cui invece ci si fa riferimento in modo specifico nella parte 1 dell’allegato 1 del D.Lgs. 105/15, né d’altra parte questa precisazione è necessaria per il rilascio dell’autorizzazione per lo svolgimento di una operazione di gestione dei rifiuti.

Un’altra condizione che allo stato, in generale, non ha permesso una completa applicazione della normativa Seveso è stata determinata dalla definizione di “sostanze pericolose presenti” data dall’articolo 3 del D.Lgs. 26 giugno 2015, n. 105, lettera n) che qualifica «presenza di sostanze pericolose»: la presenza, reale o prevista, di sostanze pericolose nello stabilimento, oppure di sostanze pericolose che è ragionevole prevedere che possano essere generate, in caso di perdita del controllo dei processi, comprese le attività di deposito, in un impianto in seno allo stabilimento, in quantità pari o superiori alle quantità limite previste nella parte 1 o nella parte 2 dell’allegato 1;

Infatti, proprio la quantità di sostanze pericolose considerate presenti, comparata alle soglie indicate nelle colonne 2 e 3 dell’allegato 1, ai sensi degli articoli 2, comma 1, e 3, lettere a), b) e c), del D.lgs. n. 105/2015, è la condizione dirimente per ché uno stabilimento sia o meno assoggettabile alla normativa Seveso (Nota 5).

Si ritiene, che per comprendere il corretto significato della definizione di sostanze pericolose presenti, sia utile compararla anche con quanto prevedeva l’omologo art. 3, n. 4), della previgente direttiva 96/82/CE, nella quale per “sostanze pericolose” si intendevano “le sostanze, miscele o preparazioni elencate nell’allegato I, parte 1, o rispondenti ai criteri fissati nell’allegato I, parte 2, che sono presenti come materie prime, prodotti, sottoprodotti, residui o prodotti intermedi, ivi comprese quelle che possono ragionevolmente ritenersi generate in caso di incidente”.

Perciò mentre la norma previgente parlava unicamente di materie prime, prodotti, etc., “…presenti…” nell’impianto, la direttiva attualmente in vigore, ha modificato in modo decisivo la definizione, integrandola con “…presenza, reale o prevista, di sostanze pericolose nello stabilimento…”, e questo concetto è ribadito anche nell’allegato I, nota n. 3, alla direttiva, dove si conferma che “Le quantità da prendere in considerazione ai fini dell’applicazione degli articoli sono le quantità massime che sono o possono essere presenti in qualsiasi momento”.

Quindi la direttiva 2012/18/UE attualmente in vigore, a differenza della precedente direttiva 96/82/CE prende in considerazione, oltre che le sole “sostanze, miscele o preparazioni …”, realmente presenti, anche quelle che è prevedibile che possano, essere presenti nello stabilimento (cfr. art. 3, n. 12, direttiva 2012/18/UE).

A questo proposito si deve però evidenziare quanto già ricordato nell’ambito della normativa dei rifiuti, che le autorizzazioni rilasciate, come anche le AIA, nel caso che gli stabilimenti siano soggetti alla disciplina IPPC, riportano solo i quantitativi massimi di rifiuti pericolosi che lo stabilimento è abilitato a ricevere ed a trattare.

Perciò solo riferendosi a questi limiti il gestore sarà libero di operare e stabilire volta per volta le quantità di rifiuti pericolosi che intenderà gestire istantaneamente nel proprio stabilimento, incrementando o riducendo conseguentemente le quantità di sostanze pericolose in esso presenti.

In questo modo però, con riferimento alla normativa Seveso, la quantità di rifiuti detenuta istantaneamente in un certo momento, potrebbe essere interamente costituita da sostanze pericolose della categorie H1 tossicità acuta categoria 1, tutte le vie di esposizione, classificandole conformemente al regolamento (CE) n. 1272/2008, e quindi tale quantità potrebbe risultare superiore a quella ammissibile nello stabilimento sulla base di quanto prescritto per esso nella parte 1 o nella parte 2 dell’allegato 1 del D.lgs. 105/2015.

Una tale situazione sarebbe del tutto legittima rispetto all’AIA, che in forza della normativa sui rifiuti ha autorizzato i quantitativi che è possibile detenere, facendo riferimento alle classi di pericolo da HP1ad HP15, mentre in relazione alla normativa Seveso, se superasse le soglie previste in assenza delle notifiche di legge potrebbe risultare del tutto abusiva; ma questa condizione non sarebbe però riscontrabile dalle informazioni contenute nell’AIA.

Quindi, per le considerazioni svolte, una autorizzazione che preveda, ad esempio, la gestione di un rifiuto pericoloso classificato come tale solo per HP6, senza nessuna specificazione di codici di indicazioni di pericolo, permetterà che in quello stabilimento sia ammesso qualsiasi tipo di rifiuto pericoloso a cui competano i codici di indicazioni di pericolo relativi alla classe di pericolo HP6 previsti dal CLP.

E evidente perciò che il problema dell’applicazione contemporanea e coerente delle due discipline non è rappresentato da quello che è previsto dalle norme ad esse sottese ma dalle modalità con cui esse vengono applicate.

Tuttavia a questo proposito è necessario sottolineare che, come sopra analizzato, la definizione di “sostanze pericolose presenti” comprende tra queste, sia quelle realmente presenti che quelle previste, e quindi quelle autorizzate con AIA, le quali in quanto ammesse, potrebbero risultare presenti in quantità pari o superiori alle quantità limite stabilite nella parte 1 o nella parte 2 dell’allegato 1, rendendo così nel loro insieme lo stabilimento soggetto alla normativa Seveso.

L’interpretazione da dare a tale questione è stata già oggetto di sentenza da parte del TAR Marche, 23 giugno 2021, n. 498, che ha concluso che le quantità di sostanze pericolose a cui riferirsi, per decidere se uno stabilimento deve essere assoggettato alla normativa Seveso, non sono solo quelle realmente presenti ma anche quelle “previste”, cioè quelle che possono essere presenti nell’impianto in forza di quanto stabilito dall’AIA o da altra autorizzazione.

Questa sentenza è stata però appellata al Consiglio di Stato che ha rinviato la questione alla Corte di Giustizia disponendo, nelle more della pronuncia, la sospensione del giudizio (Consiglio di Stato, Sez. IV, 25/1/2022 n. 490 Pubblicato il 25/01/2022).

Le questioni pregiudiziali sollevate presso la Corte di Giustizia, riguardano, oltre che l’interpretazione e la corretta applicazione di principi e disposizioni europei rilevanti nel caso di specie e in caso di risposta negativa, la questione: se la definizione di “presenza di sostanze pericolose” di cui all’art. 3, n. 12, della Direttiva 2012/18/UE osti ad una prassi secondo la quale la previsione dei quantitativi di sostanze pericolose presenti all’interno di un impianto di trattamento dei rifiuti sia rimessa ad una procedura operativa implementata dal gestore (ed eventualmente recepita dall’autorizzazione di cui all’art. 23 della Direttiva 2008/98/CE o di cui all’art. 4 della Direttiva 2010/75/UE), la quale, qualificando i rifiuti come miscele ai sensi dell’art. 3, n. 11, della Direttiva 2012/18/UE, contempli il costante monitoraggio del quantitativo delle sostanze pericolose presenti all’interno dell’impianto e garantisca il non superamento della soglia inferiore e della soglia superiore rispettivamente previste nella colonna 2 e nella colonna 3 dell’allegato 1 alla Direttiva 2012/18/UE”.

Pertanto allo stato attuale la interpretazione di cosa si debba intendere per sostanze presenti e se tra queste debbano essere comprese anche quelle previste come gestibili in un impianto in forza dell’AIA, in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia, è sospesa.

Tale circostanza tuttavia non deve considerarsi solo negativamente, infatti, nel caso che la Corte di Giustizia dovesse risolvere positivamente il quesito posto, il lasso di tempo che intercorre fino alla sentenza della Corte, potrebbe essere utilmente impiegato dai gestori che detengono nei propri stabilimenti quantità rilevanti di rifiuti, solo genericamente qualificati come pericolosi ai sensi della normativa sui rifiuti, per stabilire se essi siano o no soggetti alla normativa Seveso.

Infatti, richiedere una autorizzazione indiscriminata per notevoli quantità di rifiuti pericolosi contenenti qualsiasi sostanza pericolosa, comprendenti quindi tutti i codici di indicazioni di pericolo previsti dal CLP per una determinata classe di pericolo, è una scelta del gestore che potrebbe invece benissimo limitarla, all’atto della domanda di autorizzazione, solo a determinati codici di indicazioni di pericolo.

D’altra parte, se l’atto autorizzatorio è la prima forma di controllo esercitato dalla pubblica amministrazione, appare difficile considerare corretta una autorizzazione che permetta espressamente la gestione illimitata di sostanze pericolose , confidando sul fatto che essa possa essere limitata a posteriori dall’autodeterminazione del gestore che, attraverso forme di monitoraggio continuo, decida di limitare i quantitativi di sostanze pericolose gestite istantaneamente, ammettendole solo caso per caso in quantità tali perché lo stabilimento non sia soggetto alla normativa Seveso.

Un tale comportamento, che preveda l’ottenimento da parte del gestore di una autorizzazione per la gestione di una quantità notevole di rifiuti contenenti qualsiasi tipo di sostanze pericolose, che comporta quindi specifiche e proporzionali prescrizioni tecniche, amministrative ed economiche, destinata però poi ad essere autolimitata durante l’esercizio dell’attività, risulterebbe non solo dubbio ma anche incomprensibile perché contraddittorio in relazione alla utilità che ne ricaverebbe il gestore che prevede di ridurre comunque a posteriori, la capacità del proprio impianto.

In conclusione, forse proprio la definizione di “sostanze pericolose presenti” contenuta nell’articolo 3 del D.Lgs. 26 giugno 2015, n. 105, lettera n), che fa rientrare tra queste, sia quelle realmente presenti che quelle previste e quindi quelle autorizzate, congiunta alla necessità di utilizzare nelle autorizzazioni alla gestione dei rifiuti, i codici di indicazioni di pericolo previsti dal CLP, potrebbero condurre comunque ad una applicazione unitaria e congruente delle due normative.

Note:

Nota 1: Caratteristiche di pericolo per i rifiuti

H1 «Esplosivo»: sostanze e preparati che possono esplodere per effetto della fiamma o che sono sensibili agli urti e agli attriti più del dinitrobenzene;

H2 «Comburente»: sostanze e preparati che, a contatto con altre sostanze, soprattutto se infiammabili, presentano una forte reazione esotermica;

H3-A «Facilmente infiammabile»: sostanze e preparati:

  • liquidi il cui punto di infiammabilità’ e’ inferiore a 21° C (compresi i liquidi estremamente infiammabili), o che a contatto con l’aria, a temperatura ambiente e senza apporto di energia, possono riscaldarsi e infiammarsi, o
  • solidi che possono facilmente infiammarsi per la rapida azione di una sorgente di accensione e che continuano a bruciare o a consumarsi anche dopo l’allontanamento della sorgente di accensione, o
  • gassosi che si infiammano a contatto con l’aria a pressione normale, o
  • che, a contatto con l’acqua o l’aria umida, sprigionano gas facilmente infiammabili in quantità pericolose;

H3-B «Infiammabile»: sostanze e preparati liquidi il cui punto di infiammabilità è pari o superiore a 21° C e inferiore o pari a 55° C;

H4 «Irritante»: sostanze e preparati non corrosivi il cui contatto immediato, prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose può provocare una reazione infiammatoria;

H5 «Nocivo»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute di gravità limitata;

H6 «Tossico»: sostanze e preparati (comprese le sostanze e i preparati molto tossici) che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute gravi, acuti o cronici e anche la morte;

H7 «Cancerogeno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre il cancro o aumentarne l’incidenza;

H8 «Corrosivo»: sostanze e preparati che, a contatto con tessuti vivi, possono esercitare su di essi un’azione distruttiva;

H9 «Infettivo»: sostanze contenenti microrganismi vitali o loro tossine, conosciute o ritenute per buoni motivi come cause di malattie nell’uomo o in altri organismi viventi;

H10 «Tossico per la riproduzione»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre malformazioni congenite non ereditarie o aumentarne la frequenza;

H11 «Mutageno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne l’incidenza;

H12 Rifiuti che, a contatto con l’acqua, l’aria o un acido, sprigionano un gas tossico o molto tossico;

H13 «Sensibilizzanti»: sostanze o preparati che per inalazione o penetrazione cutanea, possono dar luogo a una reazione di ipersensibilizzazione per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce effetti nefasti caratteristici;

H14 «Ecotossico»: rifiuti che presentano o possono presentare rischi immediati o differiti per uno o più comparti ambientali.

H15 Rifiuti suscettibili, dopo l’eliminazione, di dare origine in qualche modo ad un’altra sostanza, ad esempio a un prodotto di lisciviazione avente una delle caratteristiche sopra elencate.

Note

1. L’attribuzione delle caratteristiche di pericolo «tossico» (e «molto tossico»), «nocivo», «corrosivo» e «irritante» «cancerogeno», «tossico per la riproduzione», «mutageno» ed «ecotossico» è effettuata secondo i criteri stabiliti nell’allegato VI, parte I.A e parte II.B della direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967 e successive modifiche e integrazioni, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose.

2. Ove pertinente si applicano i valori limite di cui agli allegati II e III della direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 maggio 1999 concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi.

Metodi di prova:

I metodi da utilizzare sono quelli descritti nell’allegato V della direttiva 67/548/CEE e in altre pertinenti note del CEN.

Nota 2. Pericoli per la salute

H300 Letale se ingerito.

H301 Tossico se ingerito.

H302 Nocivo se ingerito.

H304 Può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie.

H310 Letale per contatto con la pelle.

H311 Tossico per contatto con la pelle.

H312 Nocivo per contatto con la pelle.

H314 Provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari.

H315 Provoca irritazione cutanea.

H317 Può provocare una reazione allergica cutanea.

H318 Provoca gravi lesioni oculari.

H319 Provoca grave irritazione oculare.

H330 Letale se inalato.

H331 Tossico se inalato.

H332 Nocivo se inalato.

H334 Può provocare sintomi allergici o asmatici o difficoltà respiratorie se inalato.

H335 Può irritare le vie respiratorie.

H336 Può provocare sonnolenza o vertigini.

H340 Può provocare alterazioni genetiche <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun’altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo.

H341 Sospettato di provocare alterazioni genetiche <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun’altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo.

H350 Può provocare il cancro<indicare la via di esposizione se è accertato che nessun’altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo.

H351 Sospettato di provocare il cancro <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun’altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo.

H360 Può nuocere alla fertilità o al feto <indicare l’effetto specifico, se noto> <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun’altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo>.

H361 Sospettato di nuocere alla fertilità o al feto <indicare l’effetto specifico, se noto indicare la via di esposizione se è accertato che nessun’altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo.

H362 Può essere nocivo per i lattanti allattati al seno.

H370 Provoca danni agli organi <o indicare tutti gli organi interessati, se noti> <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun’altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo>.

H371 Può provocare danni agli organi <o indicare tutti gli organi interessati, se noti> <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun’altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo.

H372 Provoca danni agli organi <o indicare tutti gli organi interessati, se noti> in caso di esposizione prolungata o ripetuta <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun’altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo>.

H373 Può provocare danni agli organi <o indicare tutti gli organi interessati, se noti> in caso di esposizione prolungata o ripetuta <indicare la via di esposizione se è accertato che nessun’altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo.

Nota 3: Art. 3 del D.lgs. 105/15 Definizioni

1. Ai fini del presente decreto valgono le seguenti definizioni:

a) «stabilimento»: tutta l’area sottoposta al controllo di un gestore, nella quale sono presenti sostanze pericolose all’interno di uno o più impianti, comprese le infrastrutture o le attività comuni o connesse; gli stabilimenti sono stabilimenti di soglia inferiore o di soglia superiore;

b) «stabilimento di soglia inferiore»: uno stabilimento nel quale le sostanze pericolose sono presenti in quantità pari o superiori alle quantità elencate nella colonna 2 della parte 1 o nella colonna 2 della parte 2 dell’allegato 1, ma in quantità inferiori alle quantità elencate nella colonna 3 della parte 1, o nella colonna 3 della parte 2 dell’allegato 1, applicando, ove previsto, la regola della sommatoria di cui alla nota 4 dell’allegato 1;

c) «stabilimento di soglia superiore»: uno stabilimento nel quale le sostanze pericolose sono presenti in quantità pari o superiori alle quantità elencate nella colonna 3 della parte 1 o nella colonna 3 della parte 2 dell’allegato 1, applicando, ove previsto, la regola della sommatoria di cui alla nota 4 dell’allegato 1;

l) «sostanza pericolosa»: una sostanza o miscela di cui alla parte 1 o elencata nella parte 2 dell’allegato 1, sotto forma di materia prima, prodotto, sottoprodotto, residuo o prodotto intermedio;

m) «miscela»: una miscela o una soluzione composta di due o più sostanze;

n) «presenza di sostanze pericolose»: la presenza, reale o prevista, di sostanze pericolose nello stabilimento, oppure di sostanze pericolose che è ragionevole prevedere che possano essere generate, in caso di perdita del controllo dei processi, comprese le attività di deposito, in un impianto in seno allo stabilimento, in quantità pari o superiori alle quantità limite previste nella parte 1 o nella parte 2 dell’allegato 1;

Nota 4: Allegato I, PARTE 1 del D.lgs. 105/15

Categorie delle sostanze pericolose

La presente parte comprende tutte le sostanze pericolose che rientrano nelle categorie di pericolo elencate nella colonna 1.

Colonna 1Colonna 2Colonna 3
Categorie delle sostanze pericolose conformemente al regolamento (CE) n. 1272/2008Quantità limite (tonnellate) delle sostanze pericolose, di cui all’articolo 3, per l’applicazione di:
Categorie delle sostanze pericolose conformemente al regolamento (CE) n. 1272/2008Requisiti di soglia inferioreRequisiti di soglia superiore
Sezione «H» — PERICOLI PER LA SALUTE
H1 TOSSICITÀ ACUTA Categoria 1, tutte le vie di esposizione520
H2 TOSSICITÀ ACUTA – Categoria 2, tutte le vie di esposizione – Categoria 3, esposizione per inalazione (cfr. nota 7)50200
H3 TOSSICITÀ SPECIFICA PER ORGANI BERSAGLIO (STOT) – ESPOSIZIONE SINGOLA STOT SE Categoria 150200
Sezione «P» – PERICOLI FISICI
P1a ESPLOSIVI (cfr. nota 8) – Esplosivi instabili; oppure – Esplosivi, divisione 1.1, 1.2, 1.3, 1.5 o 1.6; oppure – Sostanze o miscele aventi proprietà esplosive in conformità al metodo A.14 del regolamento (CE) n. 440/2008 (cfr. nota 9) e che non fanno parte delle classi di pericolo dei perossidi organici e delle sostanze e miscele autoreattive1050
P1b ESPLOSIVI (cfr. nota 8) Esplosivi, divisione 1.4 (cfr. nota 10)50200
P2 GAS INFIAMMABILI Gas infiammabili, categoria 1 o 21050
P3a AEROSOL INFIAMMABILI (cfr. nota 11.1) Aerosol «infiammabili» delle categorie 1 o 2, contenenti gas infiammabili di categoria 1 o 2 o liquidi infiammabili di categoria 1150 (peso netto)500 (peso netto)
P3b AEROSOL INFIAMMABILI (cfr. nota 11.1) Aerosol «infiammabili» delle categorie 1 o 2, non contenenti gas infiammabili di categoria 1 o 2 né liquidi infiammabili di categoria1 (cfr. nota 11.2)5000 (peso netto)50000 (peso netto)
P4 GAS COMBURENTI Gas comburenti, categoria 150200
P5a LIQUIDI INFIAMMABILI – Liquidi infiammabili, categoria 1, oppure – Liquidi infiammabili di categoria 2 o 3 mantenuti a una temperatura superiore al loro punto di ebollizione, oppure – Altri liquidi con punto di infiammabilità ≤ 60 °C, mantenuti a una temperatura superiore al loro punto di ebollizione (cfr. nota 12)1050
P5b LIQUIDI INFIAMMABILI – Liquidi infiammabili di categoria 2 o 3 qualora particolari condizioni di utilizzazione, come la forte pressione o l’elevata temperatura, possano comportare il pericolo di incidenti rilevanti, oppure – Altri liquidi con punto di infiammabilità ≤ 60 °C qualora particolari condizioni di utilizzazione, come la forte pressione o l’elevata temperatura, possano comportare il pericolo di incidenti rilevanti (cfr. nota 12)50200
P5c LIQUIDI INFIAMMABILI500050000
Liquidi infiammabili, categorie 2 o 3, non compresi in P5a e P5b
P6a SOSTANZE E MISCELE AUTOREATTIVE E PEROSSIDI ORGANICI Sostanze e miscele autoreattive, tipo A o B, oppure Perossidi organici, tipo A o B1050
P6b SOSTANZE E MISCELE AUTOREATTIVE E PEROSSIDI ORGANICI Sostanze e miscele autoreattive, tipo C, D, E o F, oppure Perossidi organici, tipo C, D, E o F50200
P7 LIQUIDI E SOLIDI PIROFORICI Liquidi piroforici, categoria 1 Solidi piroforici, categoria 150200
P8 LIQUIDI E SOLIDI COMBURENTI Liquidi comburenti, categoria 1, 2 o 3, oppure Solidi comburenti, categoria 1, 2 o 350200
Sezione «E» – PERICOLI PER L’AMBIENTE
E1 Pericoloso per l’ambiente acquatico, categoria di tossicità acuta 1 o di tossicità cronica 1100200
E2 Pericoloso per l’ambiente acquatico, categoria di tossicità cronica 2200500
Sezione «O» — ALTRI PERICOLI
O1 Sostanze o miscele con indicazione di pericolo EUH014100500
O2 Sostanze e miscele che, a contatto con l’acqua, liberano gas infiammabili, categoria 1100500
O3 Sostanze o miscele con indicazione di pericolo EUH02950200

NOTE ALL’ALLEGATO 1

1. Le sostanze e le miscele sono classificate ai sensi del regolamento (CE) n. 1272/2008.

2. Le miscele sono assimilate alle sostanze pure, purché rientrino nei limiti di concentrazione stabiliti in base alle loro proprietà nel regolamento (CE) n. 1272/2008 nella nota 1, o nel suo ultimo adeguamento al progresso tecnico, a meno che non sia specificata la composizione in percentuale o non sia fornita un’altra descrizione.

3. Le quantità limite summenzionate si intendono per ciascuno stabilimento. Le quantità da prendere in considerazione ai fini dell’applicazione degli articoli sono le quantità massime che sono o possono essere presenti in qualsiasi momento. Ai fini del calcolo della quantità totale presente non vengono prese in considerazione le sostanze pericolose presenti in uno stabilimento unicamente in quantità uguale o inferiore al 2 % della quantità limite corrispondente se il luogo in cui si trovano all’interno dello stabilimento non può innescare un incidente rilevante in nessuna altra parte di detto stabilimento.

4. Se del caso, si applicano le regole seguenti, che disciplinano la somma di sostanze pericolose o di categorie di sostanze pericolose. Nel caso di uno stabilimento in cui non sono presenti singole sostanze pericolose in quantità pari o superiore alle quantità limite corrispondenti, si applicano le seguenti regole per determinare se lo stabilimento sia o no soggetto alle pertinenti prescrizioni del presente decreto. Il presente decreto si applica agli stabilimenti di soglia superiore se il valore ottenuto dalla somma: q 1 /Q U1 + q 2 /Q U2 + q 3 /Q U3 + q 4 /Q U4 + q 5 /Q U5 + … è maggiore o uguale a 1, dove q x è la quantità presente di sostanza pericolosa x (o categoria di sostanze pericolose) compresa nella parte 1 o nella parte 2 del presente allegato, e Q UX è la quantità limite corrispondente per la sostanza pericolosa o categoria x indicata nella colonna 3 della parte 1 o nella colonna 3 della parte 2 del presente allegato. Il presente decreto si applica agli stabilimenti di soglia inferiore se il valore ottenuto dalla somma: q 1 /Q L1 + q 2 /Q L2 + q 3 /Q L3 + q 4 /Q L4 + q 5 /Q L5 + … è maggiore o uguale a 1, dove q x è la quantità presente di sostanza pericolosa x (o categoria di sostanze pericolose) compresa nella parte 1 o nella parte 2 del presente allegato, e Q LX è la quantità limite corrispondente per la sostanza pericolosa o categoria x indicata nella colonna 2 della parte 1 o nella colonna 2 della parte 2 del presente allegato. Queste regole vanno utilizzate per valutare i pericoli per la salute, i pericoli fisici e i pericoli per l’ambiente. Di conseguenza, ognuna di esse deve essere applicata tre volte:

a) per sommare le sostanze pericolose elencate nella parte 2 che rientrano nella categoria di tossicità acuta 1, 2 o 3 (per inalazione) o nella categoria 1 STOT SE con le sostanze pericolose della sezione H, voci da H1 a H3 della parte 1;

b) per sommare le sostanze pericolose elencate nella parte 2 che sono esplosivi, gas infiammabili, aerosol infiammabili, gas comburenti, liquidi infiammabili, sostanze e miscele autoreattive, perossidi organici, liquidi e solidi piroforici, liquidi e solidi comburenti, con le sostanze pericolose della sezione P, voci da P1 a P8 della parte 1;

c) per sommare le sostanze pericolose elencate nella parte 2 che rientrano tra quelle pericolose per l’ambiente acquatico nella categoria di tossicità acuta 1 o nella categoria di tossicità cronica 1 o 2 con le sostanze pericolose della sezione E, voci da E1 a E2 della parte 1.

Le disposizioni pertinenti del presente decreto si applicano se uno qualsiasi dei valori ottenuti dalle somme a), b) o c) è maggiore o uguale a 1.

5. Le sostanze pericolose che non sono comprese nel regolamento (CE) n. 1272/2008, compresi i rifiuti, ma che si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare, nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile che ricade nell’ambito di applicazione del presente decreto.

6. Per quanto riguarda le sostanze pericolose che, a causa delle loro proprietà, rientrano in più classificazioni, ai fini del presente decreto si applicano le quantità limite più basse. Tuttavia, ai fini dell’applicazione della regola di cui alla nota 4, è usata la quantità limite inferiore per ciascun gruppo di categorie di cui alle note 4, lettera a), 4, lettera b) e 4, lettera c) corrispondente alla classificazione pertinente

7. Le sostanze pericolose con tossicità acuta che ricadono nella categoria 3, per via orale (H 301) rientrano nella voce H2 TOSSICITÀ ACUTA nei casi in cui non sia ricavabile una classificazione di tossicità acuta per inalazione, né una classificazione di tossicità acuta per via cutanea, ad esempio per la mancanza di dati conclusivi sulla tossicità per inalazione e per via cutanea.

8. La classe di pericolo «Esplosivi» comprende articoli esplosivi (cfr. l’allegato I, sezione 2.1, del regolamento (CE) n. 1272/2008). Se la quantità della sostanza o della miscela esplosiva contenuta nell’articolo è nota, tale quantità è considerata ai fini del presente decreto. Se la quantità della sostanza o della miscela esplosiva contenuta nell’articolo non è nota, l’intero articolo è considerato esplosivo ai fini del presente decreto.

9. È necessario effettuare prove delle proprietà esplosive delle sostanze e miscele solo se la procedura di screening di cui all’appendice 6, parte 3, delle raccomandazioni delle Nazioni Unite sui trasporti di merci pericolose, Manuale delle prove e dei criteri (Manuale delle prove e dei criteri delle Nazioni Unite)1 stabilisce che la sostanza o miscela può avere proprietà esplosive.

10. Gli esplosivi della divisione 1.4 non imballati o reimballati sono assegnati alla categoria P1a, tranne ove sia dimostrato che il pericolo corrisponde sempre alla divisione 1.4 ai sensi del regolamento (CE) n. 1272/2008.

11.1. Gli aerosol infiammabili sono classificati sulla base del D.P.R. n. 741 del 21 luglio 1982 e s.m.i. emanato in attuazione della direttiva 75/324/CEE del Consiglio, del 20 maggio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli aerosol2(Direttiva sui generatori aerosol). Gli aerosol «estremamente infiammabili» e «infiammabili» di cui alla direttiva 75/324/CEE corrispondono agli aerosol infiammabili, rispettivamente, della categoria 1 o 2 del regolamento (CE) n. 1272/2008.

11.2. Per poter rientrare in questa categoria occorre documentare che il generatore aerosol non contiene né gas infiammabili della categoria 1 o 2 né liquidi infiammabili della categoria 1.

12. Secondo l’allegato I, paragrafo 2.6.4.5, del regolamento (CE) n. 1272/2008, non è necessario classificare nella categoria 3 i liquidi con un punto di infiammabilità superiore a 35 °C se sono stati ottenuti risultati negativi nel test di mantenimento della combustione L.2, parte III, sezione 32 del Manuale delle prove e dei criteri delle Nazioni Unite. Questo criterio non vale però in condizioni di temperatura o pressione elevate e pertanto tali liquidi sono classificati in questa categoria

Nota 5: Nel modulo di notifica e di informazione di cui alla Sezione B dell’Allegato 5, in conformità all’articolo 3 e all’articolo 13, comma 2 del D.lgs. 105/2015, il gestore deve dichiarare le sostanze pericolose e la categoria delle sostanze pericolose e le quantità massime detenute, che sono o possono essere presenti in qualsiasi momento nello stabilimento. Tali quantitativi massimi devono essere considerati dallo stesso gestore, nell’ambito della notifica, al fine di determinare l’assoggettabilità dello stabilimento al D.lgs. 105/2015”; coerentemente con la definizione dell’art. 3, comma 1, lett. n), d.lgs. n. 105/2015.

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