Il recupero delle batterie al piombo – M.Sanna

Il recupero delle batterie al piombo

di Mauro Sanna

Per recuperare il piombo, le batterie esauste contenenti questo metallo sono sottoposte a successivi trattamenti. Un primo trattamento è quello meccanico effettuato mediante triturazione; in questa fase si genera una sospensione acquosa contenente materiali di varia natura triturati oltre alle griglie e ai poli componenti delle batterie. Le parti solide con pezzatura superiore a 1 mm, essenzialmente metalliche (piombo) e plastiche, sono separate sfruttando la differenza di peso specifico.

Sul fondo si raccoglie la frazione metallica delle batterie (griglie), mentre la parte flottante (plastiche), è convogliata in un vaglio rotante con luce 1,5 mm che le separa in due frazioni costituite da polipropilene copolimero e polietilene reticolato.

La miscela contenente il materiale triturato proveniente dalla frantumazione, recuperata mediante vagliatura, sottoposta a filtro pressatura dà luogo ad un fango denominato pastello di piombo contenente sul secco mediamente circa il 70% di piombo.

Successivamente il rifiuto filtropressato viene sottoposto a trattamento termico in forni fusori rotativi, mentre le griglie e i poli sono trattati direttamente nei forni di fusione, in questo modo viene recuperato il piombo metallico che può essere utilizzato nelle diverse produzioni industriali sostituendo il piombo ricavato dai minerali naturali.

I quantitativi annui di pile e accumulatori raccolti in Italia ammontano a circa 9.500 tonnellate.

Data la notevole quantità trattata, a cui si deve aggiungere anche quella importata dagli altri paesi, è fondamentale chiarire e qualificare correttamente le operazioni che costituiscono il processo utilizzato per il recupero del piombo, evidenziando a riguardo la normativa comunitaria e nazionale vigente in materia di rifiuti e le sentenze ed i pareri esplicativi che si sono succeduti nel tempo, quali siano le norme da applicare sia per la gestione delle batterie stesse che dei materiali intermedi ottenuti dal loro trattamento prima del recupero finale del piombo metallico.

Normativa sulla cessazione della qualifica di rifiuto

Lo stato della normativa vigente in materia di “cessazione della qualifica di rifiuto” relativamente al recupero del piombo dalle batterie esauste, è stato chiarito dalla sentenza della Cass. Sez. III n. 41075 del 13 ottobre 2015 (Cc 1 ott 2015) Presidente: Squassoni Estensore: Orilia Imputato: P.M. nel proc. Lolliri.

La sentenza, dopo aver svolto una completa rassegna della normativa in materia ricorda che l’art. 184 ter, intitolato “Cessazione della qualifica di rifiuto” del D.Lgs.152/06 recita nella versione vigente: “1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.”

La sentenza evidenzia anche che: “La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto e che in parziale attuazione della norma sono stati emessi regolamenti contenenti specifiche discipline sulla cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie, ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 184 ter, comma 2, e successive modificazioni di cui al D.M. 14 febbraio 2013, n. 22, mentre per le altre tipologie di rifiuto non normate specificatamente restano in vigore, e continuano ad applicarsi le norme generali.

La medesima sentenza chiarisce che: “Le evidenti novità rispetto alla precedente definizione consistono:

1) nella modifica della terminologia, non esistendo più le “materie prime secondarie” ma solo prodotti che cessano di essere rifiuti (c.d. “end of waste”);

2) nella sufficienza della sola esistenza di un mercato e di una domanda per il prodotto, non essendo più ritenuto necessario anche il valore economico del prodotto;

3) nel fatto che l’operazione di recupero può consistere nel controllo dei rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni.

Non è venuta meno, però, la necessità che il rifiuto sia sottoposto ad operazione di recupero perchè possa essere definitivamente sottratto alla disciplina in materia di gestione dei rifiuti. Anche a seguito delle modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 205 del 2010, infatti, la cessazione della qualifica di rifiuto deriva da una pregressa e necessaria attività di recupero. E’ una costante che percorre, trasversalmente, tutte le definizioni e modifiche legislative sopra riportate. L’attività di recupero, come definita dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. t), e come articolata nelle operazioni elencate, ancorchè in modo dichiaratamente non esaustivo, dall’allegato C alla parte quarta del T.U. ambientale, nonché disciplinata, per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi, dal D.M. 5 febbraio 1998, costituisce, a sua volta, una fase della gestione del rifiuto, che deve in ogni caso essere posta in essere da soggetto a ciò autorizzato (D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 208, 214, e 216). La necessità che risulti dimostrata la intervenuta effettuazione di attività di recupero (condotta nel rispetto di quanto previsto dai D.M. 5 febbraio 1998, D.M. 12 giugno 2002, n. 16 e D.M. 17 novembre 2005, n. 269) da parte di un soggetto autorizzato a compiere le relative operazioni, è stata più volte ribadita da questa Suprema Corte (Sez. 3, n. 17823 del 17/01/2012, Celano; Sez. 3, n. 25206 del 16/05/2012, Violato). E’ vero che il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 184 ter, comma 2, estende l’operazione di recupero dei rifiuti anche al solo controllo per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle condizioni indicale nel comma 1, tuttavia, a prescindere dalla immediata percettività o meno di tale indicazione (questione priva di rilevanza nel caso concreto), si tratta pur sempre di operazione di “recupero” che, in quanto tale, è comunque necessario che venga effettuata da soggetto autorizzato (cfr. Sez. 3 sentenza n. 16423/2014 cit.).

Per quanto riguarda il recupero delle batterie al piombo, unica norma specifica da ricordare è quella stabilita dal D.M. 12 giugno 2002, n. 161, allegato 1, sub-allegato 1 “Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti pericolosi”, che al Capitolo 1. METALLI NON FERROSI, tipologia 1.4, regolamenta il recupero delle batterie al piombo esauste definendo al sottoparagrafo 1.4.4 le caratteristiche delle materie prime e/o prodotti ottenuti: piombo e sue leghe e soluzione diluita di acido solforico nelle forme usualmente commercializzate”. Conseguentemente, la caratteristica di “rifiuto cessato” ex art. 184 ter cit. viene assunta dunque solo all’esito di tutte le attività di recupero indicate dal citato Regolamento (di cui si deve dare conto in sede di controllo) e pertanto solo le materie che risultino corrispondenti a quanto indicato al suddetto punto 1.4.4 possono acquisirla e, conseguentemente, essere poste in commercio come prodotti e non come rifiuti.

D’altra parte lo stesso comma 3 dell’art. 184-ter, specifica che:

3. In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, per lo svolgimento di operazioni di recupero ai sensi del presente articolo, sono rilasciate o rinnovate nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, e sulla base di criteri dettagliati, definiti nell’ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori previo parere obbligatorio e vincolante dell’ISPRA o dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale territorialmente competente, che includono:

a) materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero;

b) processi e tecniche di trattamento consentiti;

c) criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;

d) requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso;

e) un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e ai regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269.

La normativa per il recupero dei rifiuti metallici

Vari sono i regolamenti emanati a livello comunitario per disciplinare in modo specifico il recupero di alcuni rifiuti tra cui i rottami metallici che cessano così di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

Diversamente da altri rifiuti metallici quelli contenenti piombo sono rimasti invece assoggettati alla disciplina generale dei rifiuti, infatti per il ferro, l’acciaio e l’alluminio e per il rame e le relative leghe sono stati adottati a livello comunitario i relativi regolamenti:

  • REGOLAMENTO (UE) N. 333/2011 DEL CONSIGLIO del 31 marzo 2011 recante i criteri che determinano quando alcuni tipi di rottami metallici cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;
  • REGOLAMENTO (UE) N. 1179/2012 DELLA COMMISSIONE del 10 dicembre 2012 recante i criteri che determinano quando i rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;
  • REGOLAMENTO (UE) N. 715/2013 DELLA COMMISSIONE del 25 luglio 2013 recante i criteri che determinano quando i rottami di rame cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

Questo non è invece avvenuto per i rifiuti contenenti piombo, né a livello nazionale sono stati fissati criteri da rispettare perché per essi si potesse pervenire alla cessazione della qualifica di rifiuto.

Infatti i decreti ministeriali e le norme emanati per diversi tipi di rifiuti ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto sono stati i seguenti:

– DECRETO 14 febbraio 2013, n. 22 «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, e successive modificazioni»;

– DECRETO 28 marzo 2018, n. 69 «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di conglomerato bituminoso ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152»;

– DECRETO 15 maggio 2019, n. 62 «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste) dei prodotti assorbenti per la persona (PAP) – attuazione articolo 184-ter, comma 2, Dlgs 152/2006»;

– DECRETO 31 marzo 2020, n 78 «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste) della gomma vulcanizzata derivante da pneumatici fuori uso (PFU)»;

– DECRETO 22 settembre 2020 n. 188 «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto da carta e cartone».

– Art. 184 quater Dlgs 152/2006 che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto per i materiali di dragaggio.

In realtà, nel 2021 il Ministero dell’ambiente anche per i rifiuti di piombo ha proposto l’emanazione di un Regolamento contenente la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto in attuazione dell’articolo 184-ter, comma 2, Dlgs 152/2006.

Tale tentativo, contenuto nello “Schema di regolamento recante la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto del pastello di piombo ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” proposto dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, non è però andato a buon fine, infatti su di esso, come sarà dettagliato di seguito, si è pronunciato sfavorevolmente il Consiglio di Stato con Parere 29 marzo 2021, n. 00504/2021.

Normativa comunitaria sul recupero delle batterie

Relativamente ai rifiuti di pile ed accumulatori, il Parlamento europeo e la Commissione si sono espressi in diverse occasioni:

– REGOLAMENTO (UE) N. 493/2012 DELLA COMMISSIONE dell’11 giugno 2012 che, a norma della direttiva 2006/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, stabilisce disposizioni dettagliate relative alle efficienze di riciclaggio dei processi di riciclaggio dei rifiuti di pile e accumulatori:

Articolo 1 Ambito d’applicazione.

Il presente regolamento si applica ai processi di riciclaggio eseguiti su rifiuti di pile e accumulatori a decorrere dal 10 gennaio 2014.

Articolo 2 Definizioni.

Ai fini del presente regolamento si intende per:

1) «processo di riciclaggio», qualsiasi operazione di ritrattamento di cui all’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva 2006/66/CE, eseguita su pile al piombo/acido, al nichel-cadmio nonché pile e accumulatori di altro tipo e che si traducono nella produzione delle frazioni derivate di cui al punto 5 del presente articolo. Il processo di riciclaggio non include la selezione e/o la preparazione per il riciclaggio/smaltimento e può essere eseguito presso uno o più impianti;

2) «preparazione al riciclaggio», il trattamento di rifiuti di pile e/o accumulatori prima di ogni processo di riciclaggio, che include tra l’altro lo stoccaggio, la manipolazione, lo smontaggio di pacchi batteria o la separazione di frazioni che non costituiscono parte integrante della pila o dell’accumulatore;

3) «efficienza di riciclaggio» di un processo di riciclaggio, il rapporto, espresso in percentuale, fra la massa di frazioni derivate valida ai fini del riciclaggio e la massa della frazione iniziale di rifiuti di pile e accumulatori;

4) «frazione iniziale», la massa di rifiuti di pile e accumulatori raccolti immessa nel processo di riciclaggio quale definita all’allegato I;

4) «frazione iniziale», la massa di rifiuti di pile e accumulatori raccolti immessa nel processo di riciclaggio quale definita all’allegato I;

5) «frazione derivata», la massa dei materiali prodotti dalla frazione iniziale in conseguenza del processo di riciclaggio quale definita all’allegato I, senza subire un ulteriore trattamento, che non sono più considerati rifiuti o che saranno utilizzati per la funzione originaria o per altri fini, escluso il recupero di energia.

Articolo 3 Calcolo dell’efficienza di riciclaggio.

1. Il metodo stabilito nell’allegato I è impiegato ai fini del calcolo dell’efficienza di riciclaggio di un processo inteso a riciclare rifiuti di pile al piombo/acido, al nichel-cadmio nonché pile e accumulatori di altro tipo.

2. Il metodo stabilito nell’allegato II è impiegato ai fini del calcolo del tasso di contenuto di piombo riciclato per tutti i processi di riciclaggio.

3. Il metodo stabilito all’allegato III è impiegato ai fini del calcolo del tasso di contenuto di cadmio riciclato di tutti i processi di riciclaggio.

– DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2016/1032 DELLA COMMISSIONE del 13 giugno 2016 che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT), a norma della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, per le industrie dei metalli non ferrosi.

ALLEGATO. CONCLUSIONI SULLE BAT (BEST AVAILABLE TECHNIQUES — MIGLIORI TECNICHE DISPONIBILI) PER LE INDUSTRIE DEI METALLI NON FERROSI.

AMBITO DI APPLICAZIONE

Le presenti conclusioni relative alle migliori tecniche disponibili (BAT — Best Available Techniques) riguardano alcune attività di cui alle sezioni 2.1, 2.5 e 6.8 dell’allegato I della direttiva 2010/75/UE, ovvero:

— 2.1: Arrostimento o sinterizzazione di minerali metallici (compresi i minerali solforati);

— 2.5: Lavorazione di metalli non ferrosi:

a) produzione di metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici;

b) fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero e funzionamento di fonderie di metalli non ferrosi, con una capacità di fusione superiore a 4 Mg al giorno per il piombo e il cadmio o a 20 Mg al giorno per tutti gli altri metalli

  • 6.8: Produzione di carbonio (carbone duro) o grafite per uso elettrico mediante combustione o grafitizzazione.

In particolare le presenti conclusioni sulle BAT riguardano i seguenti processi e attività:

  • la produzione primaria e secondaria di metalli non ferrosi;
  • la produzione di ossido di zinco da fumi durante la produzione di altri metalli;
  • la produzione di composti del nichel dalle acque madri durante la produzione di un metallo;
  • la produzione di silico-calcio (CaSi) e silicio (Si) nello stesso forno in cui avviene la produzione di ferrosilicio;
  • la produzione di ossido di alluminio dalla bauxite prima della produzione di alluminio primario, qualora questo sia parte integrante della produzione del metallo;
  • il riciclo di scorie saline di alluminio;
  • la produzione di elettrodi di carbonio e/o grafite.

Le presenti conclusioni sulle BAT non riguardano le seguenti attività o processi:

  • Sinterizzazione del minerale di ferro. Questo aspetto è affrontato nelle conclusioni sulle BAT per la produzione di ferro e acciaio.
  • La produzione di acido solforico sulla base di gas di SO2 dalla produzione di metalli non ferrosi. Questo aspetto è affrontato nelle conclusioni sulle BAT in materia di grandi volumi di sostanze chimiche inorganiche — ammoniaca, acidi e fertilizzanti.

— Le fonderie di cui alle conclusioni sulle BAT per gli impianti di forgiatura e fonderie.

– DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2018/1147 DELLA COMMISSIONE del 10 agosto 2018 che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per il trattamento dei rifiuti, ai sensi della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio.

… Le presenti conclusioni sulle BAT non riguardano le seguenti attività:

  • recupero diretto (cioè senza pretrattamento) di rifiuti quali sostituti di materie prime in installazioni che svolgono attività contemplate da altre conclusioni sulle BAT, ad esempio:
  • recupero diretto di piombo (ad esempio da batterie), zinco o sali di alluminio o recupero dei metalli provenienti dai catalizzatori: potrebbe rientrare nelle conclusioni sulle BAT per le industrie dei metalli non ferrosi (Non-Ferrous Metals Industries — NFM), …
  • fusione di rottami metallici e di materiali contenenti metalli: potrebbe rientrare nelle conclusioni sulle BAT per le industrie dei metalli non ferrosi (Non-Ferrous Metals Industries — NFM), in quelle per la produzione di ferro e acciaio (Iron and Steel Production — IS) e/o in quelle per gli impianti di forgiatura e le fonderie (Smitheries and Foundries Industry — SF …

La normativa italiana per il recupero del piombo dalle batterie in procedura semplificata

Unico riferimento specifico presente nella normativa italiana in materia di recupero di rifiuti contenenti piombo è costituito dall’allegato 1, sub-allegato 1 “Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti pericolosi”, del DECRETO 12 giugno 2002, n. 161 che, al Capitolo 1. METALLI NON FERROSI prevede la tipologia 1.4, ove per il recupero delle batterie al piombo esauste si dispone quanto segue:

“1.4 Tipologia: batterie al piombo esauste e di scarto e loro parti (160601) (200133).

1.4.1 Provenienza: raccolta finalizzata di batterie al piombo esauste; selezione di qualità da industria produzione accumulatori.

1.4.2 Caratteristiche del rifiuto e valori limite delle sostanze pericolose: batterie al piombo esauste e di scarto e loro parti, con un contenuto di Piombo fino al 90% e contenenti: Sn – 1%, As – 0,5%, Sb -10%, Se -0,05%; contenenti soluzione acquosa di H2SO4 – 25% con Pb -1%, Cd -0,1%, Cu, Zn, As, Sn e Sb -0,1% per ciascun elemento.

1.4.3 Attività di recupero: recupero al ciclo termico o idrometallurgico delle componenti metalliche a base di piombo ottenute mediante pretrattamento di frantumazione e vagliatura per la separazione delle componenti plastiche [R4]; decantazione, filtrazione e/o concentrazione dell’acido solforico [R5].

1.4.4 Caratteristiche delle materie prime e/o prodotti ottenuti: piombo e sue leghe e soluzione diluita di acido solforico nelle forme usualmente commercializzate.”

Pertanto, tra i rifiuti sottoposti alle attività di recupero, solo i materiali prodotti che risultano corrispondenti a quanto indicato al punto 1.4.4 possono essere qualificati come rifiuti che abbiano cessato di essere tali e possono essere posti in commercio come prodotti e non come rifiuti.

Tra tali materiali, come è evidente, non risulta citato il pastello di piombo e quindi questo non può considerarsi materiale prodotto da un’operazione di recupero secondo i precisi parametri del regolamento né rispondente alle specifiche tecniche. La natura del pastello di piombo non può essere perciò verificata per determinare se esso sia stato sottoposto a preventiva operazione di recupero, riciclaggio e preparazione per il suo utilizzo, secondo i precisi parametri stabiliti dal regolamento.

Come già ricordato, nel 2021 anche per i rifiuti di piombo fu tentata da parte del Ministero dell’Ambiente l’emanazione di un Regolamento contenente la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto in attuazione dell’articolo 184-ter, comma 2, Dlgs 152/2006.

Tentativo di regolamento per il recupero del pastello di piombo

Il Ministero dell’ambiente nel 2021 propose uno “Schema di regolamento recante la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto del pastello di piombo ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” che si componeva di 7 articoli e 3 allegati, che però non andò a buon fine perché il Consiglio di Stato sospese l’espressione del parere in proposito. Infatti, secondo la sezione consultiva degli atti normativi, che espresse il parere pubblicato il 29 marzo 2021, necessitavano numerosi chiarimenti e integrazioni documentali prima di dare il via libera definitivo al provvedimento.

La Sezione consultiva per gli atti normativi, nell’Adunanza di Sezione del 9 marzo 2021 Numero affare 00278/2021, vista la relazione in data 11 febbraio 2021 n. 2654, con la quale il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema di regolamento in oggetto; esaminati gli atti e udito il relatore presentò varie osservazioni, tra le quali:

VII.1. Posto che a norma del citato articolo 184-ter del Dlgs n.152/2006, il processo di trasformazione del rifiuto in prodotto deve soddisfare criteri specifici per rispettare determinate condizioni stabilite dalla legge [ossia: (i) la sostanza o l’oggetto risultante sia comunemente utilizzato per scopi specifici, (ii) l’esistenza di un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; (iii) la sostanza o l’oggetto deve soddisfare i requisiti tecnici rispondenti agli scopi specifici e rispettare la normativa e gli standard vigenti, applicabili ai prodotti; (iv) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non deve determinare impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana], si osserva che l’amministrazione non ha fornito (né indicato nell’AIR) elementi ed informazioni atti a dimostrare l’effettiva sussistenza delle condizioni e dei requisiti sopra richiamati, ma si è limitata ad affermare la loro sussistenza. Non è stata fornita la scheda di verifica di impatto sulla regolazione (Vir), nonostante l’attività di recupero e smaltimento delle batterie esauste sia già prevista e in essere ai sensi del citato articolo 184-ter e del Dm 12 giugno 2002, n. 161, e la Commissione europea abbia prodotto in data 9 aprile 2019 la Relazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni relativa all’attuazione della citata direttiva 2006/66/Ce; inoltre, si rileva che il Dm 12 giugno 2002, n. 161 — che all’allegato 1, punto 1.4, tratta delle “batterie al piombo esauste e di scarto e loro parti” — non è citato nel preambolo dello schema nonostante sia anche espressamente richiamato dal sopra citato comma 3 dell’articolo 184-ter del Dlgs n. 152/2006. Pertanto, si invita l’amministrazione ad integrare l’Air e fornire la Vir

VII.3. Considerato che l’Iss con il primo parere del 29 gennaio 2020 ha escluso di poter affermare che il pastello di piombo recuperato non comporta impatti negativi complessivi sulla salute umana e sull’ambiente e che nella successiva richiamata nota non ha espressamente sciolto tale riserva, si invita l’amministrazione a verificare con l’Iss se il predetto rilievo ostativo dell’Istituto sia da ritenersi effettivamente superato

VII.4. In merito all’importante tema dei controlli, si osserva che lo schema di provvedimento non individua adeguatamente i criteri e le modalità di effettuazione degli stessi (né la documentazione prodotta fornisce elementi in merito); in proposito, come evidenziato da Ispra nel primo parere del 5 giugno 2018, occorre, tra l’altro, prevedere un apposito “piano dei controlli”.

Perciò, si invitava Il Ministero dell’ambiente ad integrare l’Air e fornire la Vir— illustrando gli elementi e le informazioni atti a dimostrare l’effettiva sussistenza delle condizioni e dei requisiti richiesti dall’articolo 184-ter, comma 1; — dando conto dell’esperienza finora maturata e dei risultati conseguiti nello specifico settore, in esecuzione dell’articolo 184-ter e del Dm 12 giugno 2002, n. 161; — chiarendo il tipo di trattamento e di destinazione cui sono sottoposti gli altri materiali di scarto e delle altre componenti pericolose, derivanti dalla frantumazione delle batterie e delle pile al piombo-acido; — più in generale, illustrando le ragioni della scelta di incentrare l’ambito del presente regolamento sulla materia in esame, escludendo altre possibili opzioni di intervento normativo, come ad esempio quella di regolare in termini unitari e generali tutta la materia del trattamento dei rifiuti derivanti anche da altre tipologie di batterie e pile (ad esempio, al nichel-cadmio, al litio e industriali).

Pertanto, ai fini dell’espressione del definitivo parere della Sezione, si invitava l’amministrazione a fornire con sollecitudine i chiarimenti e la documentazione richiesti nonché a trasmettere lo schema di provvedimento conseguentemente modificato.

Il Consiglio di Stato sospendeva quindi l’espressione del parere in attesa che l’amministrazione fornisse i chiarimenti e gli elementi di cui in motivazione.

Conclusioni

Sulla base della normativa sopra evidenziata, risulta evidente che allo stato attuale sia a livello comunitario che nazionale non è intervenuta alcuna normativa di deroga a quelle generali previste per la gestione dei rifiuti che assoggetti il recupero del piombo dalle batterie delle auto a norme specifiche.

Unica normativa italiana che le riguardi è quindi quella stabilita per il recupero delle batterie al piombo esauste e di scarto e di loro parti dal D.M. 12 giugno 2002, n. 161,’allegato 1, sub-allegato 1, tipologia 1.4, recupero delle batterie al piombo esauste, (Regolamento attuativo del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, artt. 31 e 33, relativo all’individuazione dei rifiuti pericolosi che è possibile ammettere alle procedure semplificate). richiamato espressamente dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 184 ter, comma 3.

Questa normativa ammette quindi le batterie al recupero in procedura semplificata ma sempre nell’ambito della disciplina dei rifiuti, alla quale restano perciò assoggettati sia i rifiuti iniziali sia le parti residuali separate nel corso delle operazioni di recupero degli stessi, quale appunto il fango derivante dalla filtropressatura della sospensione ottenuta dalla triturazione delle batterie, denominato pastello di piombo.

Infatti come chiarito dalla sentenza Cass. Sez. III n. 41075 del 13 ottobre 2015: ”Anche a seguito delle modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 205 del 2010, infatti, la cessazione della qualifica di rifiuto deriva da una pregressa e necessaria attività di recupero… pertanto. perchè un rifiuto sottoposto ad operazioni di recupero possa essere definitivamente sottratto alla disciplina di gestione dei rifiuti è necessario che tali operazioni siano state completate secondo quanto stabilito dal regolamento adottato per il suo recupero, costituito nella fattispecie dall’allegato 1, sub-allegato 1, che disciplina il recupero della tipologia 1.4 del D.M. 12 giugno 2002, n. 161.

Nel caso specifico infatti, la medesima sentenza ha evidenziato: «La caratteristica di “rifiuto cessato” ex art. 184 ter cit. viene assunta dunque solo all’esito di tutte le attività di recupero indicate dal citato Regolamento (di cui si deve dare conto in sede di controllo) e pertanto solo le materie che risultino corrispondenti a quanto indicato al suddetto punto 1.4.4 possono acquisirla e, conseguentemente, essere poste in commercio come prodotti e non come rifiuti».

Il pastello di piombo derivante dalle batterie al piombo esauste non viene però considerato dal D.M. 12 giugno 2002, n. 161, e quindi non può essere qualificato come un materiale recuperato, in quanto può essere escluso dalla applicazione della normativa sui rifiuti solo il materiale originato da un’operazione di recupero secondo i precisi parametri del regolamento che lo disciplina.

Infatti solo in questo modo è possibile verificare la rispondenza del materiale recuperato alle specifiche prescrizioni tecniche che lo disciplinano, condizione che come evidenziato non è prevista dal suddetto decreto per il pastello di piombo.

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