Il rapporto tra il delitto di traffico illecito di rifiuti e
quello di truffa o di appropriazione indebita in danno del
CONAI

di Giuseppe De Nozza

Tra le ragioni che possono dare la stura all’organizzazione di un traffico illecito di rifiuti vi può essere – e lo insegna il dato esperienziale – anche e soprattutto l’esigenza di ridurre o contenere il costo di smaltimento del rifiuto e, quindi, anche quella di abbattere la quantità di contributo ambientale dovuto al Consorzio nazionale imballaggi, contributo deputato a sostenere economicamente il sofisticato sistema di riutilizzo del rifiuto d’imballaggio.

La gestione dei rifiuti d’imballaggio e degli imballaggi è disciplinata dagli artt. 217 e ss. del TUA ed è ispirata, tra le altre finalità, a quella di prevenire e ridurne l’impatto sull’ambiente, al fine di assicurarne, quindi, un elevato livello di tutela (art. 217, comma I, del citato Testo unico).

L’individuazione del perimetro di tale disciplina è agevolata dallo sforzo definitorio del legislatore del Testo unico di cui si coglie traccia più o meno ovunque in quel tessuto normativo ed a tale regola non fa eccezione il microcosmo normativo costituito dagli artt. 216 e ss.

La lettera a) del comma I dell’art. 218 definisce imballaggio “il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all’utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione nonché gli articoli a perdere usati a tale scopo”.

La lettera f) del comma I dell’art. 218 definisce, invece, rifiuto d’imballaggio “ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all’art. 183, comma I, lett. a), esclusi i residui della produzione”.

E’ evidente che ciò che costituisce in un determinato momento storico rifiuto di imballaggio era, prima di quel momento, un imballaggio vero e proprio, bene prodotto da un determinato operatore economico ed acquistato da un altro operatore che evidentemente tanto fa per poterlo poi utilizzare come contenitore di merce di qualsivoglia natura da immettere sul mercato.

La struttura del contributo ambientale CONAI.

Il sistema di gestione di questa tipologia di rifiuti è governato da una molteplicità di principi o criteri, tra i quali quello che più di tutti costituisce il fondamento normativo del contributo ambientale al Consorzio nazionale imballaggi è quello di cui alla lettera a) del comma 2 dell’art. 219, in forza del quale: “….individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo che il costo della raccolta differenziata, della valorizzazione e della eliminazione dei rifiuti di imballaggio sia sostenuto dai produttori e dagli utilizzatori in proporzione alla quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale e che la pubblica amministrazione organizzi la raccolta differenziata”.

Si tratta di una delle numerose applicazioni di alcuni dei principi fondanti il sistema di gestione dei rifiuti e, cioè, da un lato, quello in forza del quale “chi inquina paga” e, dall’altro, quello della responsabilità condivisa tra gli operatori economici coinvolti nel ciclo di gestione.

Il costo del quale si è appena fatta menzione è sostenuto sia dal produttore dell’imballaggio che dall’utilizzatore del medesimo mediante la corresponsione al Consorzio nazionale imballaggi di un contributo espresso nelle forme di una determinata somma di denaro per tonnellata di imballaggio immessa sul mercato.

E’ la lettera h) del comma III dell’art. 224, intitolato “Consorzio nazionale imballaggi”, a definire i contenuti di tale contributo, prevedendo che “il CONAI…..ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori il corrispettivo per i maggiori oneri della raccolta differenziata di cui all’art. 221, comma 10, lett. b), nonché gli oneri per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio di raccolta differenziata, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immesso sul mercato nazionale, al netto della quantità di imballaggi usati riutilizzati nell’anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. A tal fine determina e pone a carico dei consorziati, con le modalità individuate dallo statuto, anche in base alle utilizzazioni ed ai criteri di cui al comma 8, il contributo denominato contributo ambientale CONAI” (n.d.r. in acronimo denominato CAC)”.

La norma appena illustrata è essenziale per l’individuazione del soggetto titolare del diritto al contributo, di quello titolare dell’obbligo di versarlo ed, infine, dei criteri che presiedono alla sua commisurazione.

Soggetto titolare del diritto al contributo ambientale è il Consorzio nazionale imballaggi, che, per espressa previsione del comma I dell’art. 224, ha la personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro ed è governato da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo concerto con il Ministro delle attività produttive.

Si tratta, quindi, di un soggetto giuridico di natura privata, sul cui operato lo Stato esercita un’influenza significativa perché quell’operato è regolato da uno statuto che richiede l’approvazione di ben due ministri.

Soggetto titolare dell’obbligo di versare il contributo al CONAI è il produttore e l’utilizzatore dell’imballaggio, i quali, all’evidenza, sono anch’essi soggetti privati e, cioè, operatori economici.

Il contributo da pagarsi da parte del produttore o dell’utilizzatore dell’imballaggio ha, quindi, la natura di corrispettivo destinato a sostenere gli oneri economici gravanti sul CONAI, nella specie il corrispettivo per i maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti d’imballaggio conferiti al servizio pubblico per i quali al CONAI venga richiesto il ritiro nonché gli oneri correlati a finanziare il riutilizzo e la destinazione a recupero energetico del rifiuto d’imballaggio medesimo.

La misura di tale corrispettivo è fissata – per espressa previsione di Legge – proprio dal CONAI, il quale la determina ponderando una serie di criteri, tra i quali svolgono funzione guida la quantità, il peso e la tipologia del materiale di imballaggio immesso sul mercato nazionale.

La determinazione delle specifiche modalità della “posa a carico dei consorziati” del contributo in questione è, invece, demandata dalla norma citata alle previsioni statutarie.

I dati normativi illustrati consentono un primo approdo ermeneutico e, cioè, che il contributo in questione non orbita per alcuna ragione al di fuori di un rapporto squisitamente privatistico, quello, cioè, tra un operatore economico che produce o utilizza l’imballaggio ed un consorzio, il CONAI, avente personalità giuridica di diritto privato, il quale è titolare nei confronti dei consorziati di un diritto di credito avente ad oggetto una somma di denaro parametrata non sul reddito o sul patrimonio del soggetto consorziato ma, più semplicemente, sul volume e sulla tipologia degli imballaggi immessi sul mercato, imballaggi i quali, in proiezione, sono destinati a divenire rifiuti dei quali il CONAI deve finanziare il ritiro, provvedendo, poi, ad adoperarsi perché gli stessi siano o riutilizzati, ove possibile, e, quindi, reimmessi nel ciclo produttivo, oppure destinati a recupero energetico.

Si tratta, quindi, di un contributo non dovuto allo Stato ma, soprattutto, non avente le caratteristiche né del tributo diretto né, tanto meno, di quello indiretto.

Non presenta, infatti, le caratteristiche del tributo diretto perché la base della sua commisurazione non è costituita né dal reddito né dal patrimonio del consorziato, né, tanto meno, quello del tributo indiretto, non potendosi considerare manifestazione indiretta di capacità contributiva l’immissione sul mercato di un determinato volume e/o tipologia di imballaggi, ma, al più, invece, “segno diretto della immissione nell’ambiente di rifiuti di un certo tipo”. (Nota 1)

Si tratta, peraltro, di un contributo che il produttore dell’imballaggio incassa da colui al quale ne cede la proprietà e l’utilizzo e che deve essere riversato entro un determinato termine sul conto del CONAI.

Il dettaglio dell’operazione di riscossione e di riversamento del contributo è disciplinato dall’art. 14 dello statuto del Consorzio, nella formulazione vigente a seguito delle modifiche approvate dall’assemblea dei consorziati il 14 luglio del 2021.

L’analisi di quel dettaglio è essenziale per completare la riflessione sulla natura giuridica del contributo.

Testualmente prevede la lettera c) del comma 1 del citato art. 14: “le somme dovute dai produttori e utilizzatori di imballaggi sono sempre prelevate, sulla base di una specifica indicazione in fattura dell’ammontare del contributo ambientale CONAI dovuto e della tipologia del materiale di imballaggio oggetto della cessione, dal soggetto che effettua nel territorio nazionale la prima cessione ad un utilizzatore”.

La successiva lettera d) prevede che “nel caso in cui gli imballaggi siano immessi al consumo senza che si realizzi una cessione ad un utilizzatore nel territorio nazionale, spetta al soggetto che immette al consumo l’imballaggio vuoto o pieno il versamento delle somme corrispondenti ai costi di cui alla lettera a); nel caso in cui la cessione avvenga invece ad un soggetto che intenda a sua volta cedere l’imballaggio vuoto o pieno fuori dal territorio nazionale, le somme innanzi indicate non sono dovute, su dichiarazione e sotto la responsabilità del cessionario”.

Ed ancora la lettera e): “le somme prelevate…. sono versate al CONAI, rispettivamente dal soggetto percettore o debitore entro novanta giorni dal termine di liquidazione dell’iva concernente la relativa operazione, indicando la tipologia del materiale di imballaggio”.

Ed ancora la lettera f): “le somme prelevate….. sono soggette a vincolo di destinazione e non appartengono al soggetto percettore, che, fino al versamento previsto dalla lettera e), ne ha la mera disponibilità precaria”.

Ed, infine, la lettera g): “le somme versate al CONAI ai sensi della precedente lettera e) sono da questo incassate in nome e per conto dei consorzi costituiti ai sensi dell’art. 223 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ed entrano a far parte dei loro mezzi propri, concluse le convenzioni di cui al comma 3 e salvo quanto previsto nello stesso comma 3, lettere e) ed f), nonché nel comma 4”.

Di quel contributo, quindi, il percettore e, cioè, di regola il produttore dell’imballaggio ne ha una mera disponibilità precaria, alla quale si accompagna la piena consapevolezza, proprio in ragione dello status di consorziato CONAI, che quel denaro appartiene ai singoli consorzi di filiera, in nome e per conto dei quali il CONAI provvede ad incassarlo, provvedendo subito dopo a riversarlo in favore dei consorzi medesimi.

In altri termini, il percettore il contributo incassa essendo consapevole, però, sin dall’origine che il denaro incassato è di proprietà di altri.

La funzione del contributo CONAI.

Il tema della funzione del contributo CONAI rimanda a quel sofisticato sistema normativo ed industriale costituito dal riciclo e dal recupero del rifiuto di imballaggio, rifiuto che il sistema impone sia reimmesso nel ciclo produttivo ed, ove ciò non sia possibile, destinato al recupero energetico, in tal modo riducendo al minimo la quota parte di imballaggio destinata allo smaltimento.

Per conseguire la finalità descritta il consorzio CONAI si avvale dei c.d. consorzi di filiera, ognuno dei quali è deputato all’attuazione di un segmento omogeneo di tale finalità e, quindi, al riciclo ed al recupero di sei diverse tipologie di imballaggi e, cioè, la plastica, la carta, il vetro, il metallo, nella specie l’alluminio e l’acciaio, ed, infine, il legno.

Si tratta di tipologie di rifiuto di imballaggio che sono immesse nel mercato nazionale in quantità decisamente diverse, con una netta prevalenza della plastica e della carta, che costituiscono, quindi, le tipologie d’imballaggio che, più delle altre, alimentano la consistenza del contributo nazionale, che, nel suo complesso e salvo il dettaglio che ci si accinge ad illustrare, è ammontato nell’anno 2020 ad oltre un miliardo di euro.

Quello del riciclo e del recupero – e, quindi, del minor smaltimento possibile – del rifiuto d’imballaggio rappresenta un caso di economia circolare, tra i primissimi ad essere stati concepiti dall’Unione europea, che a questa tipologia di rifiuto destinava uno specifico corpus normativo e, cioè, la direttiva n. 94/62, poi aggiornata con la direttiva n. 2004/12 ed, infine, con le direttive nn. 2018/851 e 2018/252, normazione europea che ha trovato attuazione in Italia in un apposito titolo del TUA destinato specificamente alla gestione degli imballaggi e, cioè, nell’art. 217 (e ss.) che testualmente prevede:

“1. Il presente titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l’impatto sull’ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati, prevenire l’insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza e garantire il massimo rendimento possibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, in conformità alla direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, come integrata e modificata dalla direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, di cui la parte quarta del presente decreto costituisce recepimento nell’ordinamento interno. I sistemi di gestione devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati.

2. La disciplina di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti gli imballaggi immessi sul mercato nazionale e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici, a qualsiasi titolo, qualunque siano i materiali che li compongono. Gli operatori delle rispettive filiere degli imballaggi nel loro complesso garantiscono, secondo i principi della “responsabilità condivisa”, che l’impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo possibile per tutto il ciclo di vita.

3. Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualità degli imballaggi, come quelli relativi alla sicurezza, alla protezione della salute e all’igiene dei prodotti imballati, nonché le vigenti disposizioni in materia di trasporto e sui rifiuti pericolosi.”

E’ il comma II della richiamata previsione normativa a fondare la complessità normativa, organizzativa ed industriale del sistema di gestione degli imballaggi e dei relativi rifiuti, disegnando un’architettura organizzativa soggettivamente complessa perché concepita con un soggetto giuridico privato e senza fine di lucro al centro del sistema e, cioè, il consorzio CONAI, e con più operatori di filiera per ciascuna tipologia d’imballaggio, i quali, ognuno per la filiera assegnatagli in gestione, garantiscono “che l’impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo possibile per tutto il ciclo di vita”, in ossequio, come scritto, ad uno dei principi informatori del TUA e, cioè, a quello in forza del quale “chi inquina paga”.

Ognuno dei consorzi di filiera è deputato, quindi, alla “spesa” della “sua” quota parte di contributo ambientale, contributo nella sua interezza incassato dal CONAI ed immediatamente riversato sul conto di ciascun consorzio di filiera.

Il CONAI agisce per il conseguimento degli obiettivi di riciclaggio e recupero fissati dalla Legge ed, a tal fine, vigila su ciascun consorzio di filiera, promuovendone ed assicurandone il coordinamento tra di loro e con gli operatori economici coinvolti.

Nello specifico svolge la funzione di controllo e di coordinamento di ben sette consorzi di filiera, nella specie uno per ciascun materiale omogeneo di produzione dell’imballaggio e, quindi, del successivo rifiuto d’imballaggio.

Il consorzio COREPLA ha in gestione la filiera dell’imballaggio prodotto con la plastica; il BIOREPACK quella dell’imballaggio prodotto con la plastica biodegradabile e compostabile; il COMIECO quella dell’imballaggio prodotto con la carta ed il cartone; il COREVE quella dell’imballaggio prodotto con il vetro; il RICREA quella dell’imballaggio prodotto con l’acciaio; il CIAL quella dell’imballaggio prodotto con l’alluminio ed, infine, RILEGNO quella dell’imballaggio prodotto con il legno.

Ciascuno di questi consorzi, al pari del CONAI – consorzio, quest’ultimo, al quale hanno aderito, al 31.12.2020, circa 760.191 aziende, tra produttori e utilizzatori (con una quota dell’1% di produttori e del restante 99% di utilizzatori) – ha la struttura di soggetto giuridico di diritto privato e senza fine di lucro ed è preposto al materiale ritiro dei rifiuti di imballaggio della stessa tipologia su tutto il territorio nazionale, rifiuti che il consorzio di filiera ha la funzione di destinare al riciclaggio con la nuova re immissione nel ciclo produttivo ed al recupero ed, ove tanto non sia possibile, allo smaltimento utilizzando la “sua” quota parte di contributo nazionale.

L’assunzione da parte del produttore d’imballaggi della sua quota parte di responsabilità condivisa non ha quale contraltare la partecipazione obbligatoria ad uno dei consorzi di filiera su indicati, prevedendo il sottosistema normativo forme di assunzione alternativa di quella quota parte di responsabilità.

Più nello specifico, è l’art. 221 del TUA a disegnare più forme di assunzione di tale responsabilità, prevedendo testualmente, al comma 3, che: “….Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all’obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi di cui all’ articolo 224, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori possono alternativamente:

a) organizzare autonomamente, anche in forma associata, la gestione dei propri rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale;

b) aderire ad uno dei consorzi di cui all’ articolo 223;

c) attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l’autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 5 e 6…..

Alla partecipazione, quindi, ad uno dei consorzi di filiera di cui all’art. 223 del TUA, il Legislatore nazionale ha affiancato la possibilità di creare ed aderire a consorzi autonomi ed, addirittura, quella di produrre l’imballaggio senza adesione a nessun consorzio, a patto e condizione di dimostrare l’avvenuta creazione di un’economia circolare dell’imballaggio all’interno dello specifico ciclo produttivo svolto dall’operatore economico.

Di sistemi autonomi di gestione degli imballaggi ne operano sul mercato nazionale tre, tutti nel settore della plastica, nella specie:

  • l’ALIPLAST, sistema autonomo per la gestione dei propri rifiuti di imballaggi flessibili in PE, ascrivibili al circuito commerciale ed industriale;
  • il CONIP, sistema autonomo di gestione del rifiuto di imballaggio costituito da casse e pallet in plastica dei propri consorziati a fine ciclo vita;
  • il CORIPET, sistema autonomo di gestione degli imballaggi in PET per liquidi alimentari.

Come si è scritto, la gestione del contributo nazionale ambientale è di competenza e di pertinenza del Consorzio nazionale imballaggi, il quale ne fissa la misura nel rispetto dei principi fissati dal TUA, ne definisce la procedura di dichiarazione da parte del singolo produttore – che, come detto, applica quel contributo al momento della “prima cessione” dell’imballaggio all’utilizzatore – e, soprattutto, provvede ad incassarlo, eventualmente promuovendo sia l’azione civile che quella penale necessarie al suo recupero coattivo, agendo, in ciascuno di questi momenti, in nome e per conto dei consorzi di filiera in ragione di quanto previsto da ciascuna convenzione stipulata tra il CONAI ed il singolo consorzio di filiera medesimo.

Si tratta, quindi, di una struttura che eroga servizi in favore dei consorzi di filiera, in nome e conto dei quali agisce, finanziando l’erogazione di tali servizi con una quota parte del contributo nazionale incassato, quota fissata, per l’anno 2020, nella misura del 2,3% del contributo incassato. (Nota 2)

Con riferimento all’anno 2020, il contributo ambientale dichiarato ha ammontato a circa 1085 milioni di euro e di questa rilevantissima somma di denaro 678 milioni di euro pertengono a contributi dichiarati dai produttori di imballaggi che hanno fatto uso della plastica, 218 milioni di euro, invece, a contributi dichiarati dai produttori di imballaggi che hanno fatto uso della carta.

A farla, quindi, da “padroni” nel sistema della gestione degli imballaggi, sono la plastica e la carta, che, insieme, generano 896 milioni circa di contributo nazionale.

Dall’1 gennaio del 2018, il contributo ambientale CONAI è stato differenziato in tre fasce, poi divenute 3 + 1 dall’1 gennaio del 2019, e, cioè, nelle fasce A, B, B1, B2, C, fascia, quest’ultima, nella quale rientrano gli imballaggi non selezionabili né riciclabili allo stato delle tecnologie attuali e per i quali, quindi, con decorrenza dall’1 gennaio del 2021, il CAC è fissato in 660 euro per tonnellata.

Gli imballaggi classificati in fascia A – e, cioè, nella fascia degli imballaggi selezionabili e riciclabili da circuito “commercio ed industria” – generano una quota di contributo per tonnellata pari a 150 euro.

Quelli, invece, classificati in fascia B – e, cioè, nella fascia degli imballaggi destinati prevalentemente al circuito domestico e selezionabili nonché riciclabili – generano una quota di contributo per tonnellata che oscilla, a seconda dei casi, da 208 a 560 euro.

Descrizione sintetica del ciclo di gestione dell’imballaggio in plastica gestito dal Corepla.

Il sistema di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio in plastica riveste, nel mercato nazionale, un ruolo assolutamente centrale, da un lato perché genera quasi il 70% del contributo nazionale dichiarato e, dall’altro, perché si tratta di un sistema nel quale agiscono complessivamente, tra consorzi ex art. 223 del TUA e soggetti autonomi, ben cinque organizzazioni, coordinate e vigilate dal CONAI.

Tutti gli imballaggi in plastica che vengono immessi sul mercato nazionale generano un contributo nazionale che è incassato dal CONAI ed è immediatamente riversato sui conti del consorzio COREPLA, sia che si tratti di imballaggi destinati al consumo domestico e, quindi, destinati prima o poi a divenire rifiuti urbani, sia che si tratti di imballaggi destinati all’utilizzo nel circuito delle imprese e, quindi, destinati prima o poi a divenire rifiuti speciali.

La ripartizione dei flussi che alimentano i futuri rifiuti da imballaggio è piuttosto costante nel tempo, con i due terzi di questo flusso che è costituito da imballaggi domestici e la restante parte da imballaggi da utilizzarsi nell’ambito del circuito della produzione, della distribuzione e della commercializzazione non al dettaglio delle merci.

I due terzi di questo flusso hanno, quindi, origine nella fisica separazione della plastica da parte dei cittadini, con l’avvio, quindi, della raccolta differenziata, raccolta che viene gestita nei rispettivi territori da ciascun comune, il quale provvede al ritiro a domicilio della plastica.

Il ciclo prosegue con il successivo conferimento della frazione di rifiuto differenziata nei centri comprensoriali (CC), piattaforme destinate, oltre che a ricevere il materiale, anche a ripulirlo e pressarlo, preparandolo, quindi, per il successivo passaggio nei centri di selezione secondaria (CSS), ove la frazione di rifiuto viene sottoposta ad un trattamento finalizzato a generare prodotti omogenei per polimero, tipologia e colore, che, comunque, permangono quali rifiuti e come rifiuti fuoriescono dal CSS, con il codice europeo rifiuti ER 191204.

Gli scarti di questo processo di selezione vengono avviati a smaltimento in discarica, mentre i sottoprodotti non riciclabili generati da tale processo di selezione sono destinati al recupero energetico e, quindi, trasformati in combustibile da rifiuti, destinato ad alimentare o i termovalorizzatori o i cementifici in sostituzione dei combustibili fossili.

La frazione di rifiuto riciclabile, invece, viene ceduta dal COREPLA e nuovamente immessa sul mercato, entrando nella disponibilità degli operatori economici che, con quel materiale riciclato, provvederanno a produrre nuovi imballaggi, consentendo al ciclo di ripartire all’insegna di un principio di economia circolare.

I rapporti tra i centri di selezione secondaria ed il COREPLA sono regolati da un contratto stipulato sulla scorta di un contratto nazionale tipo.

La truffa e l’appropriazione indebita in danno del CONAI.

La ricostruzione dei tratti salienti del sofisticato sistema normativo, organizzativo ed industriale di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi si è rivelata essenziale anche al precipuo scopo di tipizzare le situazioni in cui questo sistema può entrare in crisi e, cioè, quelle situazioni nelle quali il contributo nazionale ambientale non perviene alla disponibilità del consorzio CONAI, deputato, tra le altre cose, ad incassarlo e a riversarlo immediatamente sul conto del consorzio di filiera.

Si tratta di situazioni caratterizzate da matrici differenti ma che in comune presentano un medesimo denominatore e, cioè, il mancato incasso da parte del consorzio nazionale imballaggi di denari stimati – dalla relazione di accompagnamento al bilancio del citato consorzio approvato in relazione all’esercizio 2020 – in 19,6 milioni di euro annui, ammontando a tale cifra il volume di contributi recuperati dal Consorzio nell’esercizio del 2020, di cui 12.649.000 di euro circa relativi agli imballaggi in plastica e 2.326.000 di euro circa relativi agli imballaggi in carta.

Al fine di recuperare il contributo nazionale non versato, il CONAI, solo nell’anno 2020, ha avviato 600 controlli, portandone a compimento nell’anno 220, portando, altresì, avanti una capillare attività di monitoraggio delle sue banche dati, che ha prodotto quali risultati, nel primo caso, l’adesione d’ufficio di ben 600 aziende che non si erano consorziate spontaneamente, nel secondo la regolarizzazione spontanea di oltre 2000 imprese.

Il mancato incasso da parte del CONAI del contributo nazionale può, innanzi tutto, trovare causa nella decisione dell’operatore economico consorziato – nell’ottica di praticare prezzi di mercato più concorrenziali rispetto agli altri produttori di imballaggi – di non riscuotere da parte dell’utilizzatore – al momento della prima cessione – il contributo dovuto, contributo che, evidentemente, avrebbe dovuto entrare nella c.d. “mera disponibilità precaria” del percettore ma che in quella disponibilità non è mai entrato per scelta del percettore medesimo.

Sul punto si richiama la lettera f) del già citato art. 14 dello statuto del CONAI, a tenore del quale: “le somme prelevate… sono soggette a vincolo di destinazione e non appartengono al soggetto percettore, che, fino al versamento previsto dalla lettera e), ne ha la mera disponibilità precaria”.

Al ricorrere di tali situazioni pare ragionevole ipotizzare che il fatto di mancata riscossione del contributo dovuto non possa essere sussunto nell’alveo del reato di appropriazione indebita per mancanza, sin dall’origine, di una situazione di possesso del denaro ed, a valle, quindi ed a maggior ragione, di una condotta di appropriazione del denaro dovuto al CONAI.

Al ricorrere di tali situazioni, pare ragionevole ipotizzare che la mancata riscossione del contributo esaurisca i suoi effetti sul piano del rapporto interno tra il consorzio e l’operatore consorziato inadempiente, venendo in rilievo quale inadempimento di uno degli obblighi consortili, il più importante tra l’altro, con conseguente comminatoria di una sanzione commisurata alla gravità dell’infrazione ex art. 8 dello statuto consortile.

Ove, invece, si sia accertato che la mancata riscossione del contributo abbia acquisito il carattere della stabilità e della reiterazione nel tempo, in tal modo atteggiandosi quale sostanziale gestione degli imballaggi in violazione delle forme di cui al più volte citato art. 221 del TUA, comma III, può ragionevolmente ipotizzarsi che il fatto dismetta il carattere del mero illecito civile societario per assurgere al rango di illecito amministrativo, nella specie di quello di cui all’art. 261 del TUA che prevede che il produttore che non provveda ad organizzare un sistema per l’adempimento degli obblighi di cui all’art. 221, comma III, soggiaccia, altresì, ad una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimila cinquecento euro a quarantaseimilacinquecento euro, sanzione amministrativa da irrogarsi con le forme dell’ordinanza ingiunzione da parte della Provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione e, nei soli casi delle sanzioni previste dall’art. 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all’art. 226, comma I, da parte del comune competente per territorio.

Ad un diverso spettro di situazioni possono, invece, ricondursi tutti quei casi in cui il produttore consorziato abbia, in occasione della prima cessione, riscosso il contributo CONAI, omettendo, però, di riversarlo tempestivamente al consorzio alla scadenza del termine fissato nello statuto consortile.

Sul punto si richiama la lettera e) del citato art. 14 dello statuto consortile, a tenore del quale: “le somme prelevate…. sono versate al CONAI, rispettivamente dal soggetto percettore o debitore, entro novanta giorni dal termine di liquidazione dell’iva concernente la relativa operazione, indicando la tipologia del materiale di imballaggio”.

Al ricorrere di questi casi, può più che ragionevolmente ipotizzarsi che il produttore percettore del contributo ponga in essere una condotta di appropriazione tipica ai sensi dell’art. 646 del c.p., avendo acquisito del denaro la disponibilità precaria, disponibilità accompagnata dalla piena consapevolezza dell’altruità di quel denaro e da una chiara ed inequivocabile volontà di rapportarsi rispetto ad esso uti dominus, omettendo di riversarlo in favore del CONAI alla scadenza del termine appena citato e, cioè, entro novanta giorni dal termine di liquidazione dell’IVA concernente la relativa operazione, impedendo, in tal modo, che il contributo potesse essere speso per la destinazione di scopo prevista dall’art. 217 e ss. del TUA.

Al ricorrere dei relativi presupposti e, cioè, nel caso in cui il volume del contributo riscosso e non versato dal consorziato acquisisca la consistenza necessaria a radicare l’aggravante dell’aver cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all’art. 61 del c.p., n. 7, il reato diverrà procedibile non più a querela di parte ma d’ufficio.

Procedibilità d’ufficio che al fatto tipico concorrerà ad imprimere anche il particolare rapporto esistente tra il CONAI e l’operatore economico consorziato, rapporto caratterizzato da una prestazione d’opera alla quale l’operatore economico si obbliga in favore del consorzio, prestazione d’opera il cui abuso conferisce al fatto quella nota ulteriore di disvalore penale tipizzata al n. 11 dell’art. 61 del c.p.

Secondo l’indirizzo pressoché costante della Suprema Corte, infatti, “…la circostanza aggravante comprende le ipotesi di prestazione d’opera in senso lato, ovvero le situazioni caratterizzate da un obbligo di facere implicante relazione fiduciaria tra il soggetto attivo ed il soggetto passivo; infatti ciò che rileva ai fini della sussistenza della circostanza in parola è l’abuso della relazione fiduciaria da parte dell’autore, il quale approfitta di una situazione di minore attenzione della vittima, determinata proprio dall’affidamento che questa ripone nell’obbligo dell’altro, per commettere un reato a suo danno”. (Nota 3)

In ragione del comma 11 dell’art. 4 del regolamento consortile, “entro il giorno venti del mese successivo al periodo di riferimento, il soggetto percettore o debitore deve calcolare sulla base delle fatture emesse…il contributo prelevato o dovuto nel periodo precedente distinguendo gli importi relativi a ciascuna tipologia di materiale d’imballaggio. Entro lo stesso termine, gli importi risultanti da tale liquidazione devono essere comunicati al CONAI, mediante il modello di dichiarazione e con le modalità approvate dal consorzio; gli stessi importi devono, quindi, essere versati al CONAI entro novanta giorni dal termine di liquidazione dell’IVA relativa alle operazioni effettuate nel periodo oggetto della dichiarazione”….

Può ragionevolmente immaginarsi che il consorziato che riscuota il contributo e che non abbia alcuna intenzione di versarlo in tutto od in parte al CONAI si determini a completare il disegno illecito o omettendo la relativa dichiarazione o redigendo una dichiarazione falsa nei contenuti, una dichiarazione, cioè, che non dia conto e menzione di tutte o parte delle prime cessioni di imballaggi effettuate nel periodo di riferimento, in tal modo ridimensionando il volume del contributo da versarsi ed, in ipotesi, anche dichiarando il nulla a doversi al CONAI.

Nell’ipotesi in cui il mancato versamento del contributo riscosso sia “coperto” dal consorziato mediante la predisposizione di una dichiarazione o, comunque, di documenti ideologicamente falsi, vi è da riflettere sul significato da attribuire a tale segmento della condotta illecita, che appare caratterizzato dal nesso teleologico tipizzato come aggravante al n. 2 dell’art. 61 del c.p., con la variante, in questo spettro di situazioni, che, al fine di occultare un’appropriazione indebita continuata e pluriaggravata, si pone in essere un fatto che, di per sé, non costituisce reato, versandosi in ipotesi di dichiarazione dal contenuto falso predisposta da un privato, avente ad oggetto solo il volume complessivo delle operazioni fatturate e destinata ad un altro soggetto privato e, quindi, in quanto tale non penalmente rilevante.

In tali casi a fare uso dell’atto falso è proprio l’operatore economico che lo ha predisposto e, quindi, in quanto tale, non può essere chiamato a risponderne dell’uso ex art. 489 del c.p., salve ovviamente le peculiarità che possano di volta in volta arricchire la materialità dei singoli fatti sotto la lente di ingrandimento e che concettualmente, ove colui che falsifichi l’atto sia persona diversa da colui che poi ne abbia fatto uso, possono contemplare in concreto nella sua pienezza il nesso teleologico di cui al citato n. 2 dell’art. 61 del c.p.

Ad escludere l’applicazione, poi, in situazioni di tal fatta della fattispecie di falso in registri e notificazioni milita, in modo decisivo, la circostanza che tale falso assume rilevanza penale solo nel caso in cui il destinatario della falsificazione di un registro o di una notificazione sia l’autorità di pubblica sicurezza, titolare di un potere d’ispezione sui primi come sulle seconde, ma a questa tipologia di autorità non pare assimilabile il CONAI.

Ciò non toglie, però, a questo specifico segmento della condotta proprio la materialità che è tipica di quelle condotte che, dopo la commissione di un reato, si prefiggono quale scopo quello di occultarlo, in questo caso al controllo del soggetto avente diritto alla percezione del contributo.

In altri termini, nello spettro di situazioni descritte, ad essere stata commessa è un’appropriazione indebita in danno del consorzio, alla quale ha fatto seguito, in chiave di occultamento della distrazione, una condotta di falsificazione della documentazione destinata al consorzio medesimo, documentazione, come scritto, di natura esclusivamente privata.

Infine un’ultima tipologia di situazioni che può ragionevolmente tipizzarsi è quella in cui la predisposizione di documentazione ideologicamente falsa abbia indotto in errore il CONAI, inducendolo ad un atto di disposizione patrimoniale, che, senza quell’errore, non avrebbe compiuto, venendo in rilievo, in questa tipologia di situazioni, una condotta tipica ai sensi dell’art. 640 del c.p., anche questa aggravata dall’abuso di una prestazione d’opera e dall’eventuale danno patrimoniale di rilevante gravità.

A questa tipologia di situazioni potrebbe, a mero titolo esemplificativo, ricondursi quella di cui alla lettera d) dell’art. 14 dello Statuto consortile e, cioè, l’operazione di cessione dell’imballaggio pieno o vuoto in favore di soggetto che intenda a sua volta cederlo fuori dal territorio nazionale.

Si tratta di situazione in relazione alla quale il CAC non è dovuto su dichiarazione scritta e sotto la responsabilità del cessionario. Nel caso in cui a determinarsi alla predisposizione di documentazione ideologicamente falsa sia il primo cessionario e, quindi, l’utilizzatore e per effetto di tale dichiarazione falsa il consorzio riconosca come inesistente un credito di cui, in realtà, sarebbe titolare, rinunciando alla sua riscossione, può ritenersi che agli artifizi e raggiri posti in essere mediante documentazione falsa si saldi quell’atto di disposizione patrimoniale che della truffa è elemento costitutivo, con il conseguente profilarsi della fattispecie di cui all’art. 640 del c.p.

Quello della truffa e dell’appropriazione indebita in danno della contribuzione dovuta al CONAI è terreno non esplorato dalla Suprema Corte di Cassazione, che, su questo tema, è intervenuta con due pronunce di inammissibilità del ricorso, avverso una sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Milano (Cass. Sez. II, n. 1765 del 22.6.2018) ed un’altra da quella di Torino (Cass. Sez. II, n. 40 del 14.1.2021), in entrambi i casi su contestate appropriazioni indebite di contributi ambientali dovuti al CONAI.

La citata sentenza della Corte d’Appello di Milano, la n. 4659 del 21 luglio 2017, nel confermare la condanna di primo grado, irrogata per truffa aggravata, era addivenuta alla riqualificazione del reato ritenuto in primo grado da truffa aggravata in appropriazione indebita, argomentando che la qualificazione giuridica del fatto come truffa fosse stata erroneamente formulata stante la mancanza, nel caso di specie, di plurimi elementi costitutivi del reato di truffa: “in particolare dell’induzione in errore cui far conseguire l’atto di disposizione patrimoniale: non vi è stata invero alcuna cooperazione da parte del consorzio persona offesa quanto alla depauperatio patrimonii, dipendendo il lucro cessante da un omesso versamento del soggetto attivo e/o da una sua dichiarazione infedele”.

Il caso sottoposto al giudizio della Corte d’appello di Milano era quello di un imprenditore accusato inizialmente di truffa aggravata, per aver, per alcune annualità, omesso la dichiarazione di avvenuta riscossione del contributo al CONAI, per altre annualità, invece, per aver predisposto documentazione falsa nel contenuto, dichiarando di avere riscosso contributi in misura inferiore a quella reale.

NOTE:

Nota 1. Così testualmente Cass. Civ., Sez. I, n. 24970 del 6 novembre del 2013, pubblicata sul sito Lexambiente.it il 14 dicembre del 2016.

Nota 2. Cfr. relazione sulla gestione e sul bilancio del Conai per l’anno 2020, pubblicata sul sito istituzionale del consorzio.

Nota 3. Così testualmente Cass. Pen., Sez. II, n. 23765 dell’8 giugno 2016.

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