Cass. II sez. civile Ordinanza 22 aprile 2022, n. 12863

Comunicazione della violazione accertata mediante analisi

Corte di Cassazione

Ordinanza 22 aprile 2022, n. 12863

(…) in tema di sanzioni amministrative, qualora la sussistenza della violazione venga accertata mediante analisi di campioni, il risultato delle analisi va tempestivamente comunicato a tutti gli interessati dal dirigente del laboratorio a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, come previsto dall’art. 15 della l. n. 689 del 1981, anche al fine di poter chiedere la revisione delle analisi, prevista dall’art. 15 della l. n. 689 del 1981 e costituente espressione del diritto alla difesa dell’incolpato; tale comunicazione equivale alla contestazione immediata prevista dall’art. 14, sicché soltanto nell’ipotesi in cui non sia possibile procedere ad essa, occorre effettuare la notificazione nel termine previsto dall’art. 14, in mancanza della quale si verifica l’estinzione della obbligazione di pagamento della sanzione pecuniaria (cfr., tra le tante, Cass. n. 7079/1997, Cass. n. 5384/2011 e Cass. n. 18199/2019).

Corte di cassazione

Sezione II civile

Ordinanza 22 aprile 2022, n. 12863

Presidente: Manna – Relatore: Carrato

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 2986/2016 il Tribunale di Salerno dichiarava l’inammissibilità dell’opposizione, proposta dalla (omissis), avverso ordinanza-ingiunzione emessa in data 2 maggio 2012 dalla Regione Campania – Area Tutela Ambiente, con la quale le veniva irrogata la sanzione amministrativa di euro 4.050,00 ai sensi dell’art. 133, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 per la violazione concernente il superamento dei valori-limite di cui alla tabella 3, all. 5, parte III, del citato d.lgs., contestata a seguito di sopralluogo e campionamento del 16 aprile 2008 eseguito dall’ARPAC.

2. Decidendo sull’appello formulato dalla società opponente e nella costituzione della Regione appellata, la Corte di appello di Salerno, con sentenza n. 604/2017 (pubblicata il 15 giugno 2017), pur ritenendo ammissibile il ricorso come originariamente avanzato (mediante spedizione tempestiva a mezzo del servizio postale), lo rigettava nel merito, compensando le spese giudiziali.

A fondamento dell’adottata pronuncia, la Corte salernitana rilevava che nessuna violazione di termini di decadenza poteva essere imputata all’appellata (omissis) in relazione alla supposta tardiva emissione dell’ordinanza-ingiunzione rispetto al momento della contestazione, avuto riguardo al disposto dell’art. 14, comma 2, della l. n. 689/1981, in considerazione dell’espletamento delle modalità complessive dell’accertamento, svoltesi mediante un primo sopralluogo seguito dalla conseguente necessaria analisi di laboratorio delle acque di scarico prelevate presso il depuratore di Minori. Osservava, poi, il giudice di appello che l’appellante non aveva comprovato la riconducibilità della causa del contestato superamento dei limiti legali a fattori esterni, meteorologici, o strutturali dell’impianto di scarico, essendo rimasto altresì riscontrato che non la società sanzionata non aveva provveduto alla richiesta di rinnovo dell’autorizzazione alla gestione dell’impianto, come accertato dalla Provincia di Salerno, con nota n. 2986/2008. Infine, il giudice di secondo grado ravvisava l’adeguatezza della sanzione irrogata, siccome coerente con il tipo di infrazione accertata e correttamente rapportata ai parametri di calcolo matematico adottati dalla Regione Campania, con propria delibera appositamente richiamata nell’impugnata ordinanza-ingiunzione.

3. Contro la citata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, riferito a cinque motivi, la (omissis) La Regione intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., sul presupposto che, con l’impugnata sentenza, la Corte di appello non si era pronunciata sulla dedotta inesistenza della notificazione del verbale di accertamento nei suoi confronti bensì solo sulla violazione del termine prescritto per la tempestiva irrogazione della sanzione amministrativa con la conseguente ordinanza-ingiunzione.

2. Con la seconda censura la ricorrente ha dedotto – con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 15 della l. n. 689/1981 in tema di contestazione degli illeciti amministrativi, prospettando l’erroneità della sentenza di appello nella parte in cui aveva ritenuto, avuto riguardo all’osservanza del termine previsto dal citato art. 14, comma 2, che la contestazione avrebbe dovuto ritenersi tempestiva per il fatto che, al momento del sopralluogo da parte degli agenti accertatori, era presente un dipendente di essa ricorrente, senza tener conto che, in tale sede, si era proceduto solo al prelevamento del campione idrico per sottoporlo alle conseguenti analisi e che, solo dopo l’esito di tale procedimento, si sarebbe potuto e dovuto eseguire la formale contestazione dell’illecito amministrativo eventualmente emerso, che, invece, era avvenuta soltanto nei confronti della Provincia di Salerno, quale autorità che aveva incaricato l’ARPAC a svolgere le indagini, e al Comune, nella qualità di titolare dell’impianto depurativo degli scarichi, ma non anche di essa società ricorrente, quale soggetto gestore dell’impianto stesso.

3. Con la terza doglianza la società ricorrente ha lamentato – con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione dello stesso art. 14 della l. n. 689/1981, con riferimento alla parte dell’impugnata sentenza in cui era stato sostenuto che nessun termine di decadenza poteva essere imputato alla Regione Campania in relazione alla tardiva emissione dell’ordinanza-ingiunzione rispetto al momento della contestazione, non tenendosi conto dell’autonoma disciplina dei termini applicabile con riferimento al verbale di accertamento della violazione.

4. Con il quarto motivo la società ricorrente ha denunciato – con riguardo all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia consistito nella mancata valutazione dell’assenza di contestazione dell’illecito amministrativo nei suoi confronti.

5. Con la quinta ed ultima censura la ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. n. 115/2002, in relazione alla condanna della stessa al pagamento del doppio del contributo unificato, malgrado l’appello fosse stato parzialmente accolto.

6. Rileva il collegio che il primo motivo è infondato perché la Corte di appello, indipendentemente dalla correttezza in diritto del ragionamento adottato, ha comunque preso in considerazione il motivo di gravame circa la prospettata nullità dell’ordinanza-ingiunzione per l’assunto mancato rispetto della tempestiva contestazione a monte della violazione precedentemente richiamata, i cui aspetti costituiscono proprio oggetto delle successive censure.

7. Il secondo, terzo e quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, poiché vertono – per l’appunto – sulla comune questione della mancata rituale contestazione della violazione nei confronti della società ricorrente, tenuto conto delle modalità del suo accertamento con la necessaria osservanza del procedimento previsto dall’art. 15 della l. n. 689/1981, incidente, quindi, anche sul rispetto del termine generale contemplato dall’art. 14 della stessa legge ai fini della tempestività, in generale, della contestazione nei confronti del trasgressore.

Essi sono fondati e devono, perciò, essere accolti per le ragioni che seguono.

Occorre osservare che – nel caso di specie – veniva in rilievo la violazione relativa al superamento dei limiti tabellari nello scarico di acque reflue, ragion per cui si era reso necessario ricorrere al procedimento previsto dal citato art. 15 per le conseguenti analisi del campione idrico prelevato. Pertanto, il sopralluogo effettuato dagli agenti accertatori nel corso del quale era presente un dipendente della società ricorrente, quale gestrice dell’impianto di depurazione, costituiva propriamente soltanto un’attività propedeutica all’accertamento in senso proprio, scaturente dall’esito delle analisi con la redazione del correlato verbale di contestazione da notificare a tutti i potenziali trasgressori, ivi inclusa l’attuale ricorrente, dovendone essere destinataria quale soggetto materialmente demandato, come detto, alla gestione dell’impianto.

Nell’impugnata sentenza (soprattutto avendo riguardo alle deduzioni operate con il riportato quarto motivo, connesso ai due precedenti) manca effettivamente l’esame della circostanza se, una volta definito il procedimento di analisi, si fosse provveduto effettivamente alla necessaria notificazione rituale del risultato delle analisi conseguenti al prelievo eseguito (modalità implicante – di regola – la formale contestazione del verbale di accertamento) anche nei confronti dell’attuale ricorrente – quale responsabile solidale della violazione, anche se con posizione autonoma in quanto gestrice dell’impianto di deputazione – nel termine previsto dall’art. 14 della stessa l. n. 689/1981, in conseguenza della quale la stessa società avrebbe potuto avvalersi del diritto di richiedere la revisione delle analisi in conformità alla previsione del menzionato art. 15, comma 2, della l. n. 689/1981.

E l’accertamento di questo adempimento sarebbe stato necessario al fine di evincere – con riferimento alla verifica delle indispensabili modalità da compiere rispetto alla specifica attività prevista dall’art. 15 della l. n. 689/1981 – l’avvenuta ritualità o meno della contestazione della violazione anche nei riguardi dell’odierna società ricorrente.

La modalità integrativa della complessa attività di accertamento dell’eventuale illecito amministrativo – cui si riferisce il citato art. 15 – concerne, in generale, le infrazioni che riguardano l’inquinamento idrico ed atmosferico, la salvaguardia dell’integrità e della genuinità degli alimenti e delle bevande, la composizione dei carburanti e, quindi, tutte le altre violazioni che comportano, per l’appunto, la necessità di un riscontro di laboratorio per la completezza e ritualità delle inerenti operazioni.

Quando si prospetta indispensabile ricorrere all’esame mediante analisi di campioni, la contestazione avviene necessariamente in forma differita, poiché solo all’atto dell’ultimazione delle operazioni di analisi diviene possibile procedere all’individuazione dell’eventuale violazione e alla conseguente attribuzione dell’addebito al trasgressore. A questo scopo l’art. 15, comma 1, in esame stabilisce che la comunicazione della contestazione dell’infrazione deve essere formalizzata attraverso l’invio di lettera raccomandata, con avviso di ricevimento, a cura del dirigente del competente laboratorio e, dal momento della ricezione del plico, vengono a verificarsi gli effetti propri riconducibili alla comunicazione. Quest’ultima, oltre ad esplicare la funzione di informazione all’interessato della violazione riscontrata e a porre il trasgressore nella condizione di poter procedere al pagamento in via breve per la definizione immediata del contesto amministrativo, legittima il destinatario ad instaurare un sub-procedimento di controllo degli esiti delle stesse analisi, attraverso la proposizione – nel termine di quindici giorni dalla comunicazione del relativo risultato (che dovrà, perciò, essere necessariamente allegato alla stessa comunicazione ricevuta) – di apposita istanza di revisione.

Da questo complessivo percorso procedimentale si desume, dunque, che la comunicazione della positività delle analisi effettuate in prima battuta integra la formale contestazione della violazione e, pertanto, essa dovrà riportare:

– l’indicazione delle circostanze di luogo e di tempo in cui è avvenuto il prelievo dei campioni sottoposti ad analisi;

– l’esito delle analisi espletate con relativa sufficiente indicazione dell’infrazione assunta come accertata.

Una volta proposta tempestivamente l’istanza di revisione da parte dell’interessato, a questo deve essere data comunicazione dell’inizio delle relative attività almeno dieci giorni prima.

I risultati scaturiti dalle operazioni di revisione devono, a loro volta, essere comunicati nelle forme degli esiti di prima istanza e, in proposito, la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 8756/1991 e Cass. n. 12999/2010) ha affermato che, in caso di omessa comunicazione degli esiti della revisione, si verificherà l’estinzione dell’obbligazione di pagamento della sanzione pecuniaria (ai sensi dell’art. 14, ultimo comma, l. n. 689/1981), attesa l’equiparazione legislativa (in virtù del disposto del comma 5 dello stesso art. 15) tra contestazione della violazione, nel caso in cui non sussista la necessità di procedere ad analisi, e comunicazione dei risultati delle analisi, nell’ipotesi in cui si faccia ricorso ad analisi o a revisione di queste.

Qualora non sia possibile procedere alla comunicazione nelle forme prescritte dall’art. 15, è prevista, in via sussidiaria, l’applicazione delle disposizioni richiamate nel precedente art. 14 (con decorso del relativo termine dal momento di completamento delle analisi) e, quindi, possono essere adottate le modalità alternative del codice di rito civile o di altre leggi speciali vigenti relative alla materia alla quale si riferiscono gli oggetti per i quali può profilarsi la necessità dell’assoggettamento ad analisi di laboratorio.

In definitiva, in tema di sanzioni amministrative, qualora la sussistenza della violazione venga accertata mediante analisi di campioni, il risultato delle analisi va tempestivamente comunicato a tutti gli interessati dal dirigente del laboratorio a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, come previsto dall’art. 15 della l. n. 689 del 1981, anche al fine di poter chiedere la revisione delle analisi, prevista dall’art. 15 della l. n. 689 del 1981 e costituente espressione del diritto alla difesa dell’incolpato; tale comunicazione equivale alla contestazione immediata prevista dall’art. 14, sicché soltanto nell’ipotesi in cui non sia possibile procedere ad essa, occorre effettuare la notificazione nel termine previsto dall’art. 14, in mancanza della quale si verifica l’estinzione della obbligazione di pagamento della sanzione pecuniaria (cfr., tra le tante, Cass. n. 7079/1997, Cass. n. 5384/2011 e Cass. n. 18199/2019). Pertanto, a tale principio dovrà uniformarsi la Corte di rinvio con riguardo alle prospettate violazioni di legge ritenute fondate, previo esame del fatto decisivo dell’avvenuta legittimità o meno della contestazione – nei precisati sensi – nei confronti della società ricorrente.

8. Il quinto ed ultimo motivo – riguardante uno profilo accessorio circa l’applicabilità o meno dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002 – è conseguentemente assorbito.

9. Pertanto, previo rigetto del primo motivo, vanno accolti il secondo, terzo e quarto, con dichiarazione di assorbimento del quinto, con conseguente rinvio, con riferimento alle censure ritenute fondate, alla Corte di appello di Salerno (in diversa composizione), che, oltre ad uniformarsi al principio di diritto precedentemente enunciato, provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo, terzo e quarto motivo del ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il quinto. Cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione.

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