Arriva anche in Italia il delitto di ecocidio – G. Amendola

Arriva anche in Italia il delitto di ecocidio?

di Gianfranco Amendola

Finalmente anche nel diritto penale comunitario si inizia a parlare di “ecocidio” e cioè di quel delitto definito dai vocabolari come <<opera di consapevole distruzione dell’ambiente naturale>> quale quella (per cui venne coniato questo termine) provocata in Vietnam dagli USA con l’impiego di micidiali defolianti. Delitto che, peraltro, alcuni paesi -fra cui Belgio, Francia1, Ucraina, Ecuador, Cile, Messico, Vietnam e Russia- hanno già introdotto anche se con ambito non uniforme.

Per quanto concerne il diritto comunitario, nessun accenno all’ecocidio si rinviene nella prima direttiva del 2008 sulla tutela penale dell’ambiente che introduceva i primi “ecoreati”, ma se ne parla nella seconda, -appena approvata e attualmente in via di pubblicazione2-, che abroga e sostituisce la prima aumentando gli ecoreati da 9 a 20. Infatti, a questo proposito, nelle premesse (i “considerando”) della nuova direttiva si evidenzia che le norme sanzionatorie vigenti istituite a norma della direttiva 2008/99/CE non sono state sufficienti a garantire la conformità con il diritto dell’Unione in materia di tutela dell’ambiente e che sono in forte aumento i reati ambientali e i loro effetti; e pertanto necessita una risposta adeguata ed efficace, rafforzando la tutela con “sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che corrispondano alla gravità dei reati e che esprimano maggiore riprovazione sociale rispetto all’uso delle sanzioni amministrative”. Tenendo conto, soprattutto, che la criminalità ambientale incide anche sui diritti fondamentali, e, quindi, la lotta contro la criminalità ambientale a livello dell’Unione è cruciale per garantire la tutela di tali diritti. In questo quadro, il “considerando” n. 21 aggiunge che “i reati relativi a condotte intenzionali elencati nella presente direttiva possono comportare conseguenze catastrofiche, come inquinamento diffuso, incidenti industriali con gravi effetti sull’ambiente o incendi boschivi su vasta scala. Qualora simili reati provochino la distruzione di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale considerevoli o di un habitat all’interno di un sito protetto, oppure provochi danni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi a tali ecosistema o habitat, o alla qualità dell’aria, del suolo o dell’acqua, tali reati che hanno provocato conseguenze catastrofiche dovrebbero costituire reati qualificati e, pertanto, dovrebbero essere puniti con sanzioni più severe rispetto a quelle applicabili nei casi di reati diversi da quelli definiti nella presente direttiva. Tali reati qualificati possono comprendere condotte paragonabili all'”ecocidio”, che è già disciplinato dal diritto di taluni Stati membri e che è oggetto di discussione nei consessi internazionali3.

Come si vede, quindi, la direttiva non introduce direttamente il delitto di ecocidio ma parla di “condotte paragonabili all’ecocidio“, specificando che esse provocano “conseguenze catastrofiche” e pertanto dovrebbero essere punite con sanzioni più severe. Proprio per questo, il comma 3 dell’art. 3 della nuova direttiva, prescrive che gli ecoreati siano aggravati (“qualificati”) se tali condotte provocano la distruzione di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale considerevoli o di un habitat all’interno di un sito protetto o danni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi, a tale ecosistema o habitat; prevedendo, in tali casi, pene più severe. Aggiungendo che viene punito anche il tentativo di reato ambientale che provoca o è probabile che possa provocare il decesso o lesioni gravi o danni rilevanti o il rischio considerevole di danni rilevanti all’ambiente.

In sostanza, quindi, secondo la nuova direttiva ecoreati, la qualifica di “ecocidio” può riguardare ben venti ipotesi criminose (di cui nove già previste dalla direttiva del 2008) e cioè:

  1. lo scarico, l’emissione o l’immissione di un quantitativo di materie, sostanze, energia o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora;
  2. l’immissione sul mercato, in violazione di un divieto o di un altro obbligo inteso a tutelare l’ambiente, di un prodotto il cui impiego su più vasta scala, ossia l’uso del prodotto da molti utenti, a prescindere dal loro numero, comporti lo scarico, l’emissione o l’immissione di un quantitativo di materie, sostanze, energia o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque e che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora;
  3. la fabbricazione, l’immissione o la messa a disposizione sul mercato, l’esportazione o l’uso di sostanze, sia allo stato puro che all’interno di miscele o articoli, compresa la loro incorporazione negli articoli, se, in violazione dei regolamenti comunitari, tale condotta provoca o può provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora;
  4. la fabbricazione, l’impiego, lo stoccaggio, l’importazione o l’esportazione di mercurio, composti del mercurio, miscele di mercurio e prodotti con aggiunta di mercurio, se tali condotte non sono conformi ai requisiti di cui al regolamento (UE) 2017/852 del Parlamento europeo e del Consiglio e provocano o possono provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora;
  5. la realizzazione di progetti ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), di cui all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, se tale condotta è attuata senza autorizzazione e provoca o può provocare danni rilevanti alla qualità dell’aria o del suolo o alla qualità o allo stato delle acque, o a un ecosistema, alla fauna o alla flora;
  6. la raccolta, il trasporto o il trattamento dei rifiuti, la sorveglianza di tali operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura, nonché l’attività effettuata in quanto commerciante o intermediario, se tale condotta riguarda rifiuti pericolosi e provoca o può provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora;
  7. la spedizione di rifiuti in violazione delle norme regolamentari comunitarie per proteggere l’ambiente e la salute umana dagli impatti negativi che possono derivare dalla spedizione di rifiuti normativa comunitaria, se tale condotta concerne una quantità non trascurabile in un’unica spedizione o in più spedizioni che risultino fra di loro connesse.
  8. il riciclaggio delle navi se tale condotta non rispetta i requisiti della normativa regolamentare comunitaria;
  9. lo scarico di sostanze inquinanti effettuato dalle navi rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 3 della direttiva 2005/35/CE in una delle aree di cui all’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, tranne nei casi in cui tale scarico soddisfi le condizioni per le eccezioni di cui all’articolo 5 della medesima direttiva, che provoca o è probabile che provochi un deterioramento della qualità dell’acqua o danni all’ambiente marino;
  10. l’esercizio o la chiusura di un impianto in cui è svolta un’attività pericolosa o in cui sono immagazzinate o utilizzate sostanze o miscele pericolose, se tali condotte, tale attività pericolosa e tale sostanza o miscela pericolosa rientrino nel campo di applicazione della direttiva 2012/18/UE del Parlamento europeo e del Consiglio o della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio , e se tali condotte provocano o possono provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora;
  11. la costruzione, l’esercizio e la dismissione di un impianto, se tali condotte e tale impianto rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2013/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e se tali condotte provocano o possono provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora;
  12. la fabbricazione, la produzione, la lavorazione, la manipolazione, l’impiego, la detenzione, lo stoccaggio, il trasporto, l’importazione, l’esportazione o lo smaltimento di materiale radioattivo o di sostanze radioattive, se tali condotte e tale materiale o tali sostanze rientrano nell’ambito di applicazione delle direttive 2013/59/Euratom, 2014/87/Euratom o 2013/51/Euratom del Consiglio e se tali condotte provocano o possono provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora;
  13. l’estrazione di acque superficiali o sotterranee ai sensi della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, se tale condotta provoca o può provocare danni rilevanti allo stato o al potenziale ecologico dei corpi idrici superficiali o allo stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei;
  14. l’uccisione, la distruzione, il prelievo, il possesso, la commercializzazione o l’offerta a scopi commerciali di uno o più esemplari delle specie animali o vegetali selvatiche elencate nell’allegato IV o nell’allegato V, se le specie che figurano in quest’ultimo sono assoggettate alle stesse misure adottate per le specie di cui all’allegato IV, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio e di uno o più esemplari delle specie di cui all’articolo 1 della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio , salvo laddove tale condotta riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari;
  15. il commercio di uno o più esemplari, o parti o prodotti derivati di essi, di specie animali o vegetali selvatiche elencati negli allegati A e B del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio e l’importazione di uno o più esemplari o parti o prodotti derivati di essi, di tali specie elencati nell’allegato C di detto regolamento, salvo laddove tali condotte riguardino una quantità trascurabile di tali esemplari;
  16. l’immissione o la messa a disposizione sul mercato dell’Unione o l’esportazione dal mercato dell’Unione di materie prime o prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale in violazione dei divieti regolamentari comunitari, salvo laddove tali condotte riguardino una quantità trascurabile;
  17. qualsiasi condotta che provochi il deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto, o la perturbazione delle specie animali elencate nell’allegato II, lettera a), della direttiva 92/43/CEE all’interno di un sito protetto, rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 2, di detta direttiva, se tale deterioramento o tale perturbazione sono significativi;
  18. l’introduzione nel territorio dell’Unione, l’immissione sul mercato, la detenzione, l’allevamento, il trasporto, l’utilizzo, lo scambio, il permesso di riproduzione, crescita o coltivazione, il rilascio nell’ambiente o la diffusione di specie esotiche invasive rilevanti al livello dell’Unione, se tali condotte violano la normativa comunitaria e provocano o possono provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora :
  19. in violazione delle norme comunitarie, la produzione, l’immissione sul mercato, l’importazione, l’esportazione, l’uso, o il rilascio delle sostanze che riducono lo strato di ozono o la produzione, l’immissione sul mercato, l’importazione, l’esportazione o l’uso di prodotti e apparecchiature, e di loro parti, che contengono le sostanze che riducono lo strato di ozono o il cui funzionamento dipende da tali sostanze;
  20. in violazione delle norme comunitarie, la produzione, l’immissione sul mercato, l’importazione, l’esportazione, l’uso, o il rilascio dei gas fluorurati a effetto serra, allo stato puro o sotto forma di miscele, o la produzione, l’immissione sul mercato, l’importazione, l’esportazione o l’uso di prodotti e apparecchiature, e di loro parti, che contengono i gas fluorurati a effetto serra o il cui funzionamento dipende da tali gas, o la messa in funzione di tali prodotti e apparecchiature.

Dalla semplice lettura delle ipotesi di ecoreato sopra sommariamente riportate, appare quindi evidente che, implicitamente o espressamente, esse già richiedono, di per sé, che si tratti di condotte che “provocano o possono provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un ecosistema, alla fauna o alla flora”. Ma, se si arriva a provocare la distruzione di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale considerevoli o di un habitat all’interno di un sito protetto o danni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi, a tale ecosistema o habitat, si tratta, come abbiamo visto, di ipotesi aggravate (assimilabili all’ecocidio) punite con la reclusione fino a otto anni che, in caso di morte di una persona, arrivano a dieci; e, per le imprese, sono previste, in tal caso, sanzioni pecuniarie che sono commisurate alla natura del delitto e oscillano tra il 3 ed il 5 per cento del fatturato annuo.

Peraltro, a questo proposito sta prendendo quota l’opinione che il prossimo passo sarà quello di modificare lo statuto della Corte penale internazionale, dove i paesi dell’UE sono rappresentati con il 20% dei membri, aggiungendo ai quattro crimini gravi già previsti (genocidio, i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e quelli di aggressione) di competenza della Corte anche quello di ecocidio. Tanto più adesso in un mondo sconvolto dalla guerra in Ucraina e dall’invasione israeliana a Gaza.

Vedremo se ciò avverrà così come dovremo vedere in quale modo, entro i prossimi due anni, il nostro paese recepirà la nuova direttiva ecoreati, anche se, per quanto concerne l’ecocidio, buona parte delle condotte vietate sono già presenti nei nostri delitti di inquinamento e di disastro ambientale. Purtroppo, gli auspici non sono favorevoli visto che il primo Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici è stato pubblicato (ma ancora non adottato) solo nel dicembre 2022, con quasi quattro anni di ritardo.


  1. la quale nel 2021 ha approvato la Loi climat et résilience sanzionando con la reclusione fino a dieci anni coloro che “causano danni gravi e duraturi alla terra, alla flora, alla fauna o alla qualità dell’aria, del terreno o dell’acqua”.↩︎
  2. Per approfondimenti e richiami, ci permettiamo rinviare al nostro La nuova direttiva ecoreati: un primo sguardo generale in www.osservatorioagromafie.it 2024.↩︎
  3. È significativo ricordare, in proposito, che nello stesso tempo dopo una faticosa contrattazione, è stata approvata anche la direttiva sul ripristino della natura che obbliga gli Stati della UE a riportare in buone condizioni il 20% delle aree terrestri e marine degradate entro il 2030, e per tutti gli ecosistemi entro il 2050.↩︎
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