La nozione di “appartenenza” del bene non va intesa soltanto in senso formale come proprietà
Sentenza della Corte di Cassazione del 9 gennaio 2024, n. 682
… è necessario l’accumulo di rifiuti, per effetto di una condotta ripetuta, in una determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo con tendenziale carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli degli stessi e dello spazio occupato (Sezione 3, n. 47501 del 13 novembre 2013, C., Rv. 257996), con conseguente degrado, anche solo tendenziale, dello stato dei luoghi (Sezione 3, n. 27296 del 12 maggio 2004, M., Rv. 229062) ed essendo del tutto irrilevante la circostanza che manchino attività di trasformazione, recupero o riciclo, proprie di una discarica autorizzata (Sezione 3, n. 39027 del 20 aprile 2018, C., Rv. 273918).
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Nella giurisprudenza di questa Corte il concetto di “appartenenza a persona estranea al reato” si è optato per una nozione di “appartenenza” in senso sostanziale, per cui “in tema di confisca, non integra la nozione di “appartenenza a persona estranea al reato” la mera intestazione a terzi del bene mobile utilizzato per realizzare il reato stesso, quando precisi elementi di fatto consentano di ritenere che l’intestazione sia del tutto fittizia e che in realtà sia l’autore dell’illecito ad avere la sostanziale disponibilità del bene” (Sezione 2, n. 29495 del 10 giugno 2009, Rv. 244435; Sezione 2, n. 13360 del 3 febbraio 2011, Rv. 249885). Più di recente, si è affermato che “ai fini della confisca prevista dall’articolo 186, comma 2, lettera c), Codice della strada, la nozione di “appartenenza” del veicolo non va intesa soltanto in senso formale come proprietà o intestazione nei pubblici registri, ma anche in senso sostanziale, come effettivo e concreto dominio sulla cosa, che può assumere la forma del possesso o della detenzione, purché non occasionali” (Sezione 1, n. 14844 del 4 febbraio 2020, Rv. 279052). Per quanto riguarda, invece, il concetto di “persona estranea al reato”, si ritiene che l’estraneità non possa risolversi esclusivamente nella mancata partecipazione al reato. In linea con precedenti arresti, si è affermato che “è persona estranea al reato, nei confronti della quale non può essere disposta la misura di sicurezza ai sensi dell’articolo 240, comma 3, Codice penale, colui il quale non abbia tratto vantaggi dall’altrui attività criminosa e che sia in buona fede, non potendo conoscere, con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta, l’utilizzo del bene per fini illeciti” (Sezione 3, n. 45558 del 16 novembre 2022, Rv. 284054; così anche Sezione 3, n. 29586 del 17 febbraio 2017, Rv. 270250; Sezione 5, n. 42778 del 26 maggio 2017, Rv. 271441).
Sul punto, occorre ricordare come proprio le Sezioni Unite B. (Sezioni Unite, n. 9 del 28 aprile 1999, B., Rv. 213511), “muovendo dal rilievo che il concetto di “estraneità” fosse stato variamente inteso nella giurisprudenza di legittimità (essendo stato interpretato, talora, nel senso della mancanza di qualsiasi collegamento, diretto o indiretto, con la consumazione del fatto-reato, ossia nell’assenza di ogni contributo di partecipazione o di concorso, ancorché non punibile, e, altre volte, nel senso che non può considerarsi estraneo al reato il soggetto che da esso abbia ricavato vantaggi e utilità), condivisero proprio quest’ultima posizione in quanto sorretta da univoci e convincenti dati interpretativi concorrenti a conformare la portata della nozione di “estraneità al reato” in termini maggiormente aderenti alla precisa connotazione funzionale della confisca, non potendo privilegiarsi la tutela del diritto del terzo allorquando costui abbia tratto vantaggio dall’altrui attività criminosa e dovendo, anzi, riconoscersi la sussistenza, in una simile evenienza, di un collegamento tra la posizione del terzo e la commissione del fatto-reato” (così in motivazione Sezione 3, n. 45558 del 16 novembre 2022, pag. 31).