Il profitto del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti non necessariamente assume natura di ricavo patrimoniale ma può consistere in vantaggi di altra natura
Sentenza della Corte di Cassazione del 29 gennaio 2024, n. 3416
… la giurisprudenza ha affermato che il profitto del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti non deve necessariamente assumere natura di ricavo patrimoniale potendo consistere anche solo nella riduzione dei costi aziendali (C. IV, n. 28158/2007) o in vantaggi di altra natura (C. III, n. 40827/2005; C. III, n. 53136/2017, che ha ravvisato il vantaggio del trasporto illecito nello sgravare le società appaltatrici dagli oneri derivanti dalla regolarizzazione della movimentazione del materiale e nella maggiore celerità dei lavori di riqualificazione di un aeroporto internazionale; C. IV, n. 29627/2016 e C. III, n. 40828/2005, secondo cui il profitto può consistere persino nel rafforzamento della propria posizione all’interno dell’azienda). C. III, n. 35568/2017, ha precisato che il requisito dell’ingiusto profitto non deriva dall’esercizio abusivo dell’attività di gestione dei rifiuti, bensì dalla condotta continuativa ed organizzata dei rifiuti finalizzata a conseguire vantaggi (risparmi di spesa e maggiori margini di guadagno) altrimenti non dovuti;
il profitto del reato è ingiusto non soltanto quando esplicitamente “contra legem”, ma anche quando collegato a mediazioni o traffici illeciti o ad operazioni volte a manipolazioni fraudolente dei codici tipologici (C. III, n. 45598/2005). Per C. III, n. 16056/2019, il profitto è ingiusto qualora discenda da una condotta abusiva che, oltre ad essere anticoncorrenziale, può anche essere produttiva di conseguenze negative, in termini di pericolo o di danno, per la integrità dell’ambiente, impedendo il controllo da parte dei soggetti preposti sull’intera filiera dei rifiuti;