Sentenza Corte di Cassazione 19 settembre 2024, n. 35118

Il profitto va inteso come qualunque vantaggio anche di natura non patrimoniale perseguito dall’autore ed il suo carattere ingiusto non deriva dal “quomodo” dell’esercizio dell’attività

Sentenza Corte di Cassazione 19 settembre 2024, n. 35118

… ai fini della integrazione del delitto di cui all’articolo 452-quaterdecies Codice penale è necessario il dolo specifico del fine di conseguire un ingiusto profitto. Il profitto costituisce la causa del delitto, il movente tipizzato della condotta che qualifica il fatto come reato o lo diversifica da altre fattispecie criminose.

In termini generali, il profitto è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato (Sezioni Unite n. 9149 del 3 luglio 1996, C., Rv. 205707-01). Può consistere anche in qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico (Sezioni Unite, n. 1 del 16 dicembre 1998, dep. 1999, C., Rv. 212080-01; nel senso che il profitto va inteso come qualunque vantaggio anche di natura non patrimoniale perseguito dall’autore, Sezioni Unite n. 41570 del 25 maggio 2023, C., Rv. 285145-01; in quest’ultimo senso, già Sezioni Unite, n. 506 del 12 aprile 1961, S., Rv. 098642-01). Il profitto del reato deve derivare in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito (Sezioni Unite, n. 29951 del 24 maggio 2004, F., Rv. 228166-01; Sezioni Unite, n. 31617 del 26 giugno 2015, L., Rv. 264436-01); può essere di tipo “accrescitivo” (Sezioni Unite, L., cit.; Sezioni Unite, n. 42415 del 27 maggio 2021, C., Rv. 282037-01) ma può consistere anche in un risparmio di spesa (Sezioni Unite, n. 38343 del 24 aprile 2014, E., Rv. 261117-01; Sezioni Unite, n. 18374 del 31 gennaio 2013, A., Rv. 255036 — 01). Profitto del reato è anche il bene acquistato con somme di danaro illecitamente conseguite, quando l’impiego del denaro sia causalmente collegabile al reato e sia soggettivamente attribuibile all’autore di quest’ultimo (Sezioni Unite, n. 10280 del 25 ottobre 2007, dep. 2008, M., Rv. 238700-01).

Applicando questi principi, la giurisprudenza ha affermato che il profitto del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti non deve necessariamente assumere natura di ricavo patrimoniale potendo consistere anche solo nella riduzione dei costi aziendali (Sezione 3, n. 45314 del 4 ottobre 2023, S., Rv. 285335-02, secondo cui il profitto del delitto di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, di cui all’articolo 452-quaterdecies Codice penale, può essere costituito dal risparmio di spesa, ossia dal vantaggio economico ricavato, in via immediata e diretta, dal reato e consistente nel mancato esborso di quei costi “doverosi”, non sopportati in ragione dell’illecito, oggettivamente individuabili nella loro identità ed economicamente valutabili sulla base di criteri in grado di assicurarne la quantificazione, secondo un alto grado di probabilità logica; nello stesso senso, Sezione 4, n. 28158 del 2 luglio 2007, C., Rv. 236907-01; nel senso, invece, che la nozione di profitto del reato di cui all’articolo 452-quaterdecies Codice penale non può essere intesa come limitata al solo “utile netto”, ma dev’essere riferita a tutto ciò che consegue a tale reato in via immediata e diretta, senza considerare gli eventuali costi sostenuti, la cui detrazione, violando la funzione “riequilibratrice” dello “status quo” economico antecedente alla perpetrazione dell’illecito, sottrarrebbe l’agente al rischio economico da esso derivante, Sezione 3, n. 11617 del 6 marzo 2024, V., Rv. 286073-01) ma anche in vantaggi di altra natura, non necessariamente patrimoniale (Sezione 3, C., cit.; Sezione 3, n. 5316 del 28 giugno 2017, V., Rv. 272097-01, ha ravvisato il vantaggio del trasporto illecito nello sgravare le società appaltatrici dagli oneri derivanti dalla regolarizzazione della movimentazione del materiale e nella maggiore celerità dei lavori di riqualificazione di un aeroporto internazionale; per Sezione 3, n. 16056 del 28 febbraio 2019, B., Rv. 275399 — 01, il profitto può consistere anche nel rafforzamento di una posizione all’interno dell’azienda; nello stesso senso Sezione 4, n. 29627 del 21 aprile 2016, S., Rv. 267845-01; Sezione 3, F., cit.).

Il carattere ingiusto del profitto non deriva dal “quomodo” dell’esercizio (abusivo) dell’attività (altrimenti la sua previsione sarebbe del tutto pleonastica; in questo senso, vigente l’articolo 53-bis, Dlgs n. 22 del 1997, già Sezione 3, n. 45598 del 6 ottobre 2005, S., Rv. 232639), bensì dal fatto che l’intera gestione continuativa e organizzata dei rifiuti costituisce strumento per (ed è pensata al fine di) conseguire vantaggi altrimenti non dovuti (cfr. sul punto Sezione 3, n. 45598 del 2005, cit., secondo cui il requisito dell’ingiusto profitto va meglio riconsiderato sotto il profilo che costituisce un ingiusto profitto, non solo quello esplicitamente contra legem, ma anche quello collegato a mediazioni o traffici illeciti, o ad operazioni volte a fraudolente manipolazioni dei codici tipologici). L’ingiustizia del profitto evoca, in questo caso, un concetto di relazione che gli deriva dal confronto con quello normalmente conseguito a seguito dell’esercizio lecito dell’attività, sì da rendere l’attività illecitamente svolta ingiustamente concorrenziale e/o maggiormente redditizia non solo per chi la propone, ma anche per chi ne usufruisce (il mercato). L’impresa che opera in costanza di autorizzazione scaduta, di cui però rispetti le singole prescrizioni, continuando a sopportarne i relativi costi, gestendo ingenti quantità di rifiuti e mantenendo inalterate le precedenti tariffe, non produce profitti ingiusti (Sezione 3, n. 35568 del 30 maggio 2017, S., Rv. 271138-01; secondo Sezione 3, n. 16056 del 28 febbraio 2019, B., Rv. 275399-01, il profitto è ingiusto qualora discenda da una condotta abusiva che, oltre ad essere anticoncorrenziale, può anche essere produttiva di conseguenze negative, in termini di pericolo o di danno, per la integrità dell’ambiente, impedendo il controllo da parte dei soggetti preposti sull’intera filiera dei rifiuti).

È stato altresì precisato che, ai fini della configurabilità del concorso nel reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, di cui all’articolo 452-quaterdecies Codice penale, non è necessario che il singolo concorrente agisca al fine di conseguire un ingiusto profitto, essendo sufficiente che del profitto perseguito dai correi egli abbia consapevolezza (Sezione 3, n. 2842 del 18 novembre 2021, dep. 2022, N., Rv. 282697-01).

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