La differenza delle CSC dalle CSR
di Mauro Sanna
L’art. 242 del D.Lgs.152/06 distingue chiaramente il significato e l’impiego delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), previste nel primo comma, da quelli delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), previste nel quarto comma.
Mentre le prime hanno solo la funzione di evidenziare la presenza di sostanze inquinanti con concentrazioni tali da giustificare la predisposizione di un piano di caratterizzazione dell’area sottoposta a verifica, le seconde hanno invece lo scopo di individuare il livello di rischio presente, per stabilire la necessità di attuare interventi di bonifica e di messa in sicurezza in tale sito.
La distinzione tra CSC e CSR è anche più rilevante nei casi in cui le sostanze utili a rivelare la contaminazione non risultino considerate nelle tabelle 1 e 2 dell’allegato 5 al Titolo V della parte quarta del D. Lgs. 152/2006 e non siano perciò previste per esse le soglie da non superare.
Solo la tabella 1, relativa alla contaminazione del suolo, prevede in nota che: Per le sostanze non esplicitamente indicate in Tabella i valori di concentrazione limite accettabili sono ricavati adottando quelli indicati per la sostanza tossicologicamente più affine.
Anche la sentenza della Sezione Quinta del Consiglio di Stato del 10 aprile 2019, n. 2346, riguardante le procedure operative ed amministrative previste dall’art. 242 del d. lgs. n. 152/2006, da attivare, al verificarsi di un evento potenzialmente tale da determinare uno stato di inquinamento, puntualizza il diverso significato ed il differente impiego che hanno le CSC e le CSR:
- l’effettuazione, nelle zone interessate (una volta poste in essere le immediate e necessarie misure di prevenzione) di una “indagine preliminare sui parametri oggetto dell’inquinamento”, finalizzata alla verifica del livello delle “concentrazioni soglia di contaminazione (CSC)” (comma 2);
- l’attuazione − per l’eventualità di mancato superamento della ridetta soglia − di interventi di ripristino della zona contaminata, con successiva comunicazione, strumentale ai necessari controlli e verifiche dell’autorità di settore;
- l’attivazione in caso di superamento della soglia della procedura di attuazione di un “piano di caratterizzazione”, alla cui formulazione il responsabile dell’inquinamento è onerato, con successiva attivazione, da parte della Regione, di apposita procedura conferenziale preordinata alla sua autorizzazione (comma 3);
- la successiva attivazione, sulla base delle risultanze della caratterizzazione, della procedura di analisi del rischio sito-specifica “per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)”, sulla scorta di appositi parametri tabellari, destinata a refluire in apposita “analisi dei rischi”, destinata alla approvazione in sede conferenziale, con eventuale prescrizione di programma di monitoraggio, in caso di accertamento del mancato superamento della soglia di rischio (commi 4 e 5);
- l’effettuazione per l’alternativa eventualità di superamento della soglia di rischio di interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, di ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito (comma 7).
Dal dato normativo emerge con chiarezza la distinzione tra CSC e CSR: le prime strumentali a riconoscere, nell’area sottoposta a verifica, l’esistenza di sostanze inquinanti in una soglia tale da giustificare la predisposizione di un piano di caratterizzazione; le seconde preordinate alla verifica della sussistenza di un livello di rischio tale da giustificare l’attuazione di interventi di bonifica e di messa in sicurezza.
Infatti il piano della caratterizzazione (previsto e disciplinato dall’allegato 2 del titolo V della parte IV del D.Lgs. 152/06), può considerare anche valori minimi che servano a evidenziare la presenza nel sito di sostanze inquinanti. Esso costituisce solo un protocollo delle operazioni da eseguire, ed elenca le attività di indagine da adottare e i tempi necessari per effettuarle, per poter così determinare l’impatto prodotto sulle matrici ambientali: suolo, sottosuolo, acque sotterranee e superficiali.
I risultati del piano della caratterizzazione del sito devono perciò essere utili a verificare la distribuzione delle eventuali concentrazioni di sostanze inquinanti presenti, comparandole con le Concentrazioni Soglie di Contaminazione, così da stabilire la necessità o meno di predisporre un progetto operativo di bonifica.
Pertanto ai fini della redazione ed approvazione del piano di caratterizzazione sarà sufficiente avere a disposizione solo dei valori di CSC a cui riferirsi per rivelare la presenza o meno di uno effettivo stato di inquinamento.
Sulla base dei risultati ottenuti con tale piano dovranno poi essere progettati gli interventi di bonifica, ma in questo caso, per definirli, sarà indispensabile avere anche la conoscenza dei valori di CSR, tali da non causare nel caso specifico un rischio per l’uomo e l’ambiente.
Perciò, mentre i valori di CSC non hanno come scopo la tutela della salute, ma solo la rilevazione della presenza nell’ambiente di sostanze estranee da qualificare come possibili inquinanti, diversamente, la soglia “di intervento”, stabilita solo in un secondo momento, dovrà essere idonea a garantire la tutela della salute e la salvaguardia dell’ambiente. Per definire le CSR, sarà necessario riferirsi, oltre che ai limiti tabellati al titolo V del D.Lgs 152/06, anche ai valori riportati in letteratura ed alle soglie stabilite dalle organizzazioni sanitarie internazionali.
In questa fase sarà perciò indispensabile individuare anche la soglia di concentrazione da non superare relativamente alle sostanze inquinanti non riportate nelle tabelle quali ad esempio i PFAS ed il MTBE e molte altre.
A tal fine, almeno per quanto riguarda gli interventi relativi alla bonifica del suolo, ci si potrà riferire a quanto riportato nella nota in calce alla tabella 1, richiamandosi perciò alle soglie stabilite per sostanze con caratteristiche analoghe a quelle tabellate.
Per esse la CSR dovrà essere stimata in riferimento alle diverse possibili vie di esposizione distinguendo prioritariamente quelle che possono aver luogo in ambienti confinati e quelle che hanno luogo in ambienti aperti, considerando in particolare le CSR pertinenti alla ingestione d’acqua contaminata a causa della lisciviazione di inquinanti dal suolo profondo in falda.
D’altra parte non è un caso che la suddetta nota riguardi solo il suolo e non le acque sotterranee, infatti per definire la soglia limite da raggiungere per la decontaminazione di una acqua sotterranea, considerato anche quanto previsto dall’Allegato 1 del Titolo V della Parte IV contenente i Criteri generali per l’analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica, risulta evidente la possibilità, di rifarsi a quelle che sono le caratteristiche proprie di un’acqua naturale non inquinata utilizzabile quindi per i diversi usi compreso quello potabile.
Infatti, nel suddetto allegato, per definire gli obiettivi di bonifica in modo rigoroso e cautelativo per l’ambiente ed aderenti alla realtà del sito, è previsto che il punto di conformità per le acque sotterranee rappresenta il punto a valle idrogeologico della sorgente al quale deve essere garantito il ripristino dello stato originale (ecologico, chimico e/o quantitativo) del corpo idrico sotterraneo, onde consentire tutti i suoi usi potenziali, secondo quanto previsto nella parte terza del D:Lgs 132/06.
Una conferma ad un tale approccio è anche data da quanto evidenziato in passato dalla Corte Suprema di Cassazione, sezione IV penale, udienza del 8.3.85 (Sentenza N. 425/BIS, Registro Generale n.23480/84;), che relativamente alle acque considerate nell’art.439 C.P., precisa (…) non sono solo quelle destinate all’alimentazione umana, abbiano o non abbiano i caratteri biochimici della potabilità secondo la legge e la scienza (…); riguardo a tali acque scrive il Manzini (vol. VI pag. 350) in proposito: “Lo scopo dell’art. 439 C.P. – non è soltanto quello di proteggere le acque chimicamente e batteriologicamente pure, ma, in genere, le acque che si bevono e si usano per altri scopi alimentari dalla popolazione”.
Pertanto, nel caso di interventi di bonifica relativi alle acque sotterranee contaminate, risulta del tutto irrilevante, ai fini della definizione delle CSR da applicare, la mancata previsione nella tabella 2 dell’allegato 5 del titolo V del D.Lgs 152/06 dei limiti specifici da applicare per alcune sostanze inquinanti. Tale mancanza infatti sarà immediatamente colmabile facendo riferimento, per quanto sopra evidenziato, ai limiti previsti dalle norme di settore per le acque destinate al consumo umano se non anche, più cautelativamente, prevedendo nella bonifica attuata la completa assenza degli inquinanti rinvenuti, come è per le acque naturali non inquinate.
In una tale circostanza, sarà anche utile e di garanzia riferirsi ai criteri ed alla procedura di valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee previsti dagli articoli 3 e 4 del Decreto Legislativo 16 marzo 2009, n. 30 Attuazione della direttiva 2006/118/CE, relativa alla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento.