Consiglio di Stato 30 marzo 2022, n. 2344

I limiti delle deroghe

Sentenza Consiglio di Stato 30 marzo 2022, n. 2344

L’amministrazione chiamata a provvedere in deroga al limite di legge, pur disponendo di un’ampia discrezionalità al riguardo, si muove pur sempre in un quadro normativo che procede secondo la diade “regola-eccezione” (arg., da un lato, dall’articolo 29-sexies, comma 3, prima frase, e comma 4-bis, e, dall’altro, dall’articolo29-sexies, comma 3, ultimo periodo: “se del caso…”) e, in base ai consolidati principi espressi a più riprese da questo Consiglio, quando ciò avviene è la decisione amministrativa che risulta eccezionale a necessitare di una più rigorosa valutazione (…)

(…) Il Collegio evidenzia, inoltre, come rispetto ad un interesse di pretesa sia l’interessato a dover dare prova, nel corso del procedimento, del ricorrere di tutti i presupposti che la legge ritiene necessari perché possa essere accordata l'”utilità finale” o il “bene della vita”, e non competa, per converso, all’amministrazione dover dare prova dell’assenza dei suddetti presupposti.

Un’eventuale prova del contrario, avrebbe dovuto essere offerta, dunque, durante il procedimento, dalla società che aveva interesse all’ottenimento della deroga e non già dall’amministrazione chiamata a decidere in merito. (…)

(…) la Provincia, competente a decidere sugli aspetti relativi alla concessione della deroga, non era tenuta al compimento di un’istruttoria circa la riconducibilità causale delle immissioni moleste allo scarico dei reflui delle aldeidi in misura sovrabbondante rispetto al limite di legge, in quanto, al più, era onere dell’interessata comprovare l’assenza di una simile eziologia per inclinare la valutazione dell’amministrazione a suo favore. (…)

Quand’anche, poi, fosse stata offerta la prova della non riconducibilità causale delle immissioni di odori molesti allo scarico “in deroga”, non va dimenticato che, proprio in ragione della richiamata natura eccezionale del superamento dei limiti di legge (i quali, lapalissianamente, costituiscono “la regola”), l’amministrazione avrebbe potuto comunque non concederla, qualora – arbitra del migliore e più opportuno perseguimento dell’interesse pubblico e del suo bilanciamento con gli interessi secondari con esso confliggenti – avesse deciso di accordare all’interesse ambientale una più spiccata prevalenza e di ricondurre, conseguentemente, il diritto alla produzione e allo scarico della società nei limiti imposti, ordinariamente, dal legislatore, pure in via meramente prudenziale o ritenendo che la deroga fino a quel momento accordata si fosse protratta per un tempo eccessivo (arg. dall’articolo 29-sexies, comma 1, Dlgs n. 152/2006). (…)

Va poi rilevato che la deroga costituisce una situazione eccezionale, in linea generale, sempre revocabile o suscettibile di non essere più accordata da parte dell’amministrazione, sicché chi ne beneficia, proprio per la natura interinale del beneficio, deve risultare sempre in condizione di poter rientrare nel limite di legge in un lasso di tempo contenuto.

Consiglio di Stato

Sentenza 30 marzo 2022, n. 2344

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione quarta)

ha pronunciato la presente

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 5213 del 2017, proposto dalla società (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis), (omissis) e (omissis), con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato (omissis); contro

la Provincia di Varese, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis), domiciliato presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;

il Comune di Castellanza, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis) e (omissis), con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato (omissis) e con domicilio digitale coma da Pec da Registri di Giustizia; il Comune di Olgiate Olona, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis) e (omissis), con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato (omissis) e con domicilio digitale coma da Pec da Registri di Giustizia; il Comune di Marnate, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis) e (omissis) con domicilio digitale coma da Pec da Registri di Giustizia; nei confronti

della (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) e (omissis) con domicilio eletto presso lo studio (omissis) e con domicilio digitale coma da Pec da Registri di Giustizia;

della società (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

dell’Arpa Lombardia, non costituita in giudizio; per la riforma

della sentenza del Tar per la Lombardia, sede di Milano, sezione III, n. 1535 del 5 luglio 2017, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Varese, del Comune di Castellanza, del Comune di Olgiate Olona, del Comune di Marnate e della (omissis); Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 marzo 2022 il consigliere (omissis) e uditi per le parti gli avvocati (omissis), (omissis) su delega dell’avvocato (omissis), (omissis) e (omissis) su delega dichiarata dell’avvocato (omissis); Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Fatto e diritto

1. Giunge all’esame del Consiglio di Stato l’appello proposto dalla società (omissis)avverso la sentenza del Tar per la Lombardia, sezione terza, del 5 luglio 2017 n. 1535.

2. Innanzi al Tar, la medesima società ha domandato l’annullamento:

— dell’autorizzazione integrata ambientale (d’ora in avanti, Aia) n. 945/2015, rilasciata dalla Provincia di Varese, con il provvedimento prot. n. 26776/9.10/3 del 21 aprile 2015, per l’esercizio dell’attività d’industriale della società (omissis), nella parte in cui dispone il rinnovo della precedente autorizzazione “a condizione che la deroga per il parametro aldeidi sia valida sino al 31 maggio 2015” e, per l’effetto, riduce il relativo limite di scarico da 60 mg/l a 2 mg/l, nonché del relativo allegato tecnico al punto E 2.1.3;

  • del verbale della conferenza di servizi del 16 aprile 2015;
  • del parere ivi espresso dal Comune di Marnate, con specifico riferimento al parametro aldeidi.

3. La società (omissis) (d’ora innanzi, “ (omissis)” o “la società”) è un’impresa attiva nel mercato dei prodotti chimici di base e gestisce uno stabilimento industriale soggetto ad autorizzazione integrata ambientale (Aia), presso il polo chimico, ubicato nei comuni di Castellanza e Olgiate Olona, in provincia di Varese.

3.1. Al momento del rilascio dell’Aia, avvenuto con il decreto n. 12539 del 25 ottobre 2007, e fino al 2011, lo scarico della società confluiva in quello della società (omissis) (ora, (omissis)), situato all’interno del polo chimico.

3.2. A partire dal 2011, la (omissis) ha iniziato a recapitare i propri reflui al depuratore biologico (il “depuratore consortile”), situato nel comune di Olgiate Olona – in una zona limitrofa al territorio del comune di Marnate – di proprietà di una società pubblica, facente capo alla stessa provincia di Varese e gestito dalla società (omissis).

3.3. Si fissava un limite di scarico per le aldeidi (derivanti dalla produzione di Bis-Mpa, ossia il prodotto principale dell’attività della (omissis)), di 100 mg/l, poi ridotto, a partire dal 2012, a 60 mg/l, in deroga a quello di legge pari a 2 mg/l.

3.4. A partire dall’anno 2011, sono state sollevate, da parte di alcuni cittadini dei Comuni limitrofi, residenti nelle aree vicine al depuratore consortile, svariate segnalazioni per odori molesti. Tali segnalazioni sono state associate agli scarichi di (omissis)

3.5. Nel corso degli anni che vanno dal 2011 al 2014, la società ha svolto vari incontri tecnici e alcune conferenze di servizi, con la Provincia di Varese, l’Arpa, la (omissis) e i Comuni limitrofi allo stabilimento, nel corso dei quali si affrontava la problematica delle esalazioni moleste segnalate dalla popolazione dei comuni partecipanti agli incontri.

3.6. Il 24 aprile 2013, la società ha presentato l’istanza di rinnovo dell’Aia, richiedendo conferma della deroga che le consentiva di scaricare il refluo contenente aldeidi entro il limite a 60 mg/l.

3.7. Con il provvedimento del 21 aprile 2015 n. 945, la provincia di Varese ha rinnovato l’Aia che disciplina ed autorizza l’esercizio dell’impianto, senza concedere, però, la deroga relativa al quantitativo di aldeidi che l’impresa è autorizzata ad immettere nell’ecosistema e, specialmente, nell’aria, sotto forma di immissioni odorigene, e nell’acqua, sotto forma di acque reflue, se non fino al 31 maggio 2015.

4. Il provvedimento è stato impugnato dalla società (omissis), nella parte in cui ha denegato la deroga e ha fissato il termine del 31 maggio 2015, per l’utilizzo degli attuali valori di produzione, con la proposizione di quattro autonomi motivi di ricorso (da pagina 10 a pagina 21 del ricorso).

4.1. Con il primo motivo di ricorso, la società ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 29-sexies del Dlgs n. 152/2006; eccesso di potere per assoluta carenza di istruttoria e motivazione; sviamento e ingiustizia manifesta.

Si è dedotto che la Provincia avrebbe negato la deroga “senza preventivamente individuare alcun valore di riferimento per la presenza di odori, né effettuare alcuna indagine al punto di uscita dei reflui dallo Stabilimento, né imporre un eventuale monitoraggio e, infine, completamente ignorando le risultanze di indagini condotte in conformità alla regolamentazione regionale e quelle svolte dagli enti di controllo”.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso, la società ha dedotto l’illegittimità del provvedimento per difetto d’istruttoria. La Provincia non avrebbe accertato l’effettiva sussistenza delle esalazioni e la loro riconducibilità all’attività di scarico delle aldeidi, da parte della (omissis), secondo le modalità previste dalla delibera di giunta regionale (d’ora in avanti, “Dgr”) 15 febbraio 2012 n. IX/2012 della regione Lombardia, che prevedono apposite “Linee Guida” di carattere regionale per l’accertamento e la risoluzione di fenomeni come quello implicato dalla vicenda amministrativa sub iudice.

4.3. Con il terzo motivo di ricorso, la società ha poi gravato il provvedimento nella parte di suo interesse, rilevando la violazione e falsa applicazione della Parte II del Dlgs 152/2006; la violazione del principio di legittimo affidamento; la violazione del principio di proporzionalità; l’illogicità e l’ingiustizia manifesta.

Secondo la ricorrente, l’articolo 29-sexies, comma 4-quater, Dlgs n. 152/2006, nel fare riferimento alla possibilità di tenere conto dell’esistenza di un depuratore, nella fissazione del limite di scarico di determinate sostanza, non delinea un’ipotesi di deroga temporanea, ma “un meccanismo di flessibilità…nella determinazione dei valori limite di emissione…”.

Malgrado la norma conferisca all’amministrazione un’ampia discrezionalità al riguardo, nondimeno la società ritiene che questa discrezionalità vada congruamente motivata e, nel caso di specie, ciò non sarebbe avvenuto perché l’amministrazione avrebbe basato il provvedimento su “alcune generiche segnalazioni mai oggetto di alcun accertamento istruttorio o verifica della loro fondatezza…”. Si censura il provvedimento perché violerebbe altresì il principio di proporzionalità — in quanto la misura non farà venir meno, secondo l’appellante, i cattivi odori percepiti nella zona, in quanto essi non dipenderebbero dallo scarico delle sostanze contenenti aldeidi — e il principio della tutela del legittimo affidamento — in quanto la società avrebbe dismesso il proprio depuratore aziendale per connettersi alla rete provinciale

4.4. Con il quarto motivo di ricorso, si è censurato, infine, il provvedimento, per aver assegnato un termine insufficiente, di soli quaranta giorni, per portare il limite di scarico entro il limite prefissato dalla legge.

4.5. Si sono costituiti in primo grado la provincia di Varese e il Comune di Marnate, che hanno chiesto il rigetto del ricorso.

4.6. Con l’ordinanza n. 2472, del 23 novembre 2015, il Tar ha disposto verificazione finalizzata ad accertare se le emissioni odorigene, che le Amministrazioni resistenti assumono come provenienti dall’impianto di depurazione gestito dalla società ricorrente, siano effettivamente riconducibili, ed eventualmente in quale misura, all’attività svolta dalla predetta società nella fase di scarico delle aldeidi, affidandola all’Arpa della Lombardia.

4.7. Con relazione depositata in data 13 marzo 2017, l’Arpa della regione Lombardia ha accertato, nelle sue conclusioni, che:

— “gli episodi di disturbo segnalati durante i periodi di produzione di Bis-Mpa, hanno avuto una incidenza superiore al 5% e, pertanto, sono da ritenersi significativi. Invece, durante i periodi di sospensione della produzione, non sono stati registrati episodi di disturbo;

— la percezione di odorosità dell’aria risulta significativamente influenzata nelle aree di osservazione del solo Comune di Marnate, con esclusivo riferimento al metodo di valutazione previsto dalla Dgr 3018/2012;

— i campionamenti istantanei olfattometrici presso il pozzetto di scarico di (omissis) e nel locale di grigliatura del refluo in ingresso all’impianto di depurazione di Olgiate Olona evidenziano una variazione di circa un ordine di grandezza tra la concentrazione di odore espressa in ouE/ m3 presente durante i periodi di sospensione della produzione e quella rilevata durante i periodi di produzione del Bis-Mpa “.

4.8. Con la memoria depositata in vista dell’udienza di discussione, la società ricorrente ha contestato le conclusioni cui è giunto il verificatore, mettendone in risalto talune incongruenze.

5. Con la sentenza n. 1535/2017, il Tar ha respinto il ricorso e ha condannato la società al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 5.000,00 in favore di ciascuna delle controparti.

5.1. Segnatamente, il Giudice di primo grado:

a) relativamente agli errori del verificatore, contestati dalla società, ha rilevato che la relazione dell’Arpa della Lombardia delinei “un quadro abbastanza fedele e preciso del nesso tra immissioni di aldeidi da parte della ricorrente, conferimento nel depuratore di Olgiate Olona e molestie olfattive, riconducendo alla ricorrente solo alcuni degli episodi che si verificano in modo continuato”;

b) ha accertato che la produzione della ricorrente sia almeno concausa delle immissioni olfattive moleste in alcune zone, coincidenti con il territorio del comune di Marnate e con il luogo in cui si situa il “pozzetto di scarico”;

c) ha respinto il primo motivo di ricorso, affermando che:

  • “…la possibilità di derogare al limite in considerazione del fatto che lo scarico avviene in una stazione di depurazione non può essere esercitata solo a condizione che sia garantito un livello equivalente di protezione dell’ambiente, che nel caso di specie non è garantito, in quanto le immissioni della ricorrente comportano immissioni odorifere moleste nella misura accertata dall’Arpa”;
  • “[l’articolo 29-sexies del Decreto legislativo 3 aprile 2006] non pone a carico del gestore della stazione di depurazione gli obblighi di tutela dell’ambiente posti a carico del produttore delle sostanze inquinanti, con la conseguenza che la derogabilità del limite dipende dalla possibilità e dalla disponibilità del gestore del depuratore di farsi carico del maggior inquinamento”, il che, nel caso in esame, non potrebbe avvenire per le immissioni di odori molesti, che si ritiene scaturiscano dall’attività d’impresa della società ricorrente;

d) ha respinto il secondo motivo di ricorso, “in quanto gli accertamenti effettuati con la verificazione si sono attenuti alla Dgr medesima ed hanno accertato alcuni profili di imputabilità alla ricorrente delle immissioni odorifere moleste, rendendo quindi del tutto irrilevanti eventuali vizi procedimentali negli accertamenti effettuati in precedenza dai Comuni o dalla Provincia”;

e) ha respinto il terzo motivo di ricorso, “per gli stessi motivi già indicati, in quanto la possibilità di deroga al limite di immissione non può mai essere una deroga alle condizioni ambientali generali”;

f) ha respinto il quarto motivo di ricorso, affermando che “il termine per l’adeguamento ai nuovi limiti può formare oggetto di successiva proroga se la ricorrente dimostra l’impossibilità di adeguarsi nei termini. A ciò si aggiunge che il motivo risulta ormai superato in quanto il verificatore ha accertato il rispetto del limite di 2 mg/l nell’anno 2016, dimostrandosi così che la ricorrente era in grado di adeguarsi a tale limite”.

6. Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello la società soccombente (affidato a cinque motivi estesi da pagina 8 a pagina 33 del ricorso), domandando altresì la concessione di misura cautelare.

6.1. Con il primo motivo di appello, la società ha censurato la sentenza, per non aver rilevato che la verificazione, pur con le stigmatizzate contraddizioni contenute nelle sue conclusioni, ha esposto, in realtà, nel corpo della motivazione, anche dati favorevoli alla ricorrente e, in particolare, che non si possa stabilire una correlazione fra lo scarico delle sostanze aldeidi e gli eventi odoriferi, segnalati dalla cittadinanza e riscontrati dal verificatore, e che le segnalazioni delle emissioni odorifere sarebbero inferiori al limite previsto dalla disciplina regionale.

6.2. Con il secondo motivo di appello, la società impugna il capo della sentenza che ha respinto il primo motivo di ricorso, rilevando la violazione dell’articolo 29-sexies, comma 4-quater, Dlgs n. 152/2006, in quanto “il Depuratore consortile è perfettamente in grado di trattare i reflui di (omissis) (e questo peraltro è stato anche accertato nella verificazione) mentre non è stato accertato che vi sia una connessione (neanche a livello di concausa come pretende il Tar) tra gli scarichi di (omissis) e la problematica olfattiva”.

La società contesta, altresì, che i problemi correlati alle immissioni di odori molesti deriverebbero da alcuni problemi dell’impianto di depurazione di proprietà provinciale.

6.3. Con il terzo motivo di appello, la società impugna il capo della sentenza che ha respinto il secondo motivo di ricorso.

L’appellante censura la sentenza, perché non si sarebbe avveduta che il provvedimento della Provincia sarebbe stato emesso senza alcun preventivo accertamento istruttorio, sicché, ai fini dello scrutinio di legittimità, sarebbe irrilevante che la verificazione abbia confermato la presenza di emissioni odorifere e la loro riconducibilità all’attività della società.

La società opina altresì che, applicando correttamente la Dgr n. 3018/2012 e eliminando gli errori di calcolo fatti da Arpa Lombardia, per nessuno dei tre Comuni interessati si raggiungerebbe la soglia di rilevanza del 5%, superata la quale occorre porre in essere ulteriori accertamenti ed eventuali interventi.

6.4. Con il quarto motivo di appello, la società impugna il capo della sentenza che ha respinto il terzo motivo di ricorso, rilevandone l’erroneità, in quanto il depuratore consortile sarebbe perfettamente in grado di trattare tali sostanze, peraltro non pericolose, né sarebbe stato accertato che le problematiche odorigene siano riconnesse all’impianto di (omissis). Viene evidenziata, altresì, l’inesistenza di pericoli per la salute umana e per l’ambiente.

In ragione di queste premesse, la società contesta la manifesta irragionevolezza e il difetto di istruttoria insiti nella scelta della Provincia, nonché la violazione del principio di proporzionalità, in quanto la decisione impugnata non sarebbe “adeguata” a raggiungere il fine prefissato, ossia la cessazione delle immissioni di odori molesti.

6.5. Con il quinto motivo di appello, la società impugna il capo della sentenza che ha respinto il terzo motivo di ricorso, deducendo che il termine di quaranta giorni, assegnato dalla Provincia, per la riduzione delle emissioni di sostanze aldeidi sarebbe illegittimo per molteplici profili di illogicità, irragionevolezza e non proporzionalità.

6.6. La società ha infine formulato un’apposita istanza istruttoria, domandando “un’integrazione della verificazione sotto il profilo del corretto calcolo della percentuale nel Comune di Marnate”.

7. Si sono costituiti in giudizio per resistere la Provincia di Varese, i Comuni di Castellanza, Olgiate Olona e Marnate, nonché la (omissis) (società proprietaria dell’impianto di depurazione sito nel territorio del Comune di Olgiate Olona).

8. Prima con decreto n. 3024 del 20 luglio 2017 e poi con l’ordinanza n. 3850 del 15 settembre 2017, questo Consiglio ha concesso la misura cautelare domandata dall’appellante.

8.1. Nel corso del giudizio, con l’ordinanza del 10 gennaio 2019 n. 232, il Collegio ha domandato alcuni chiarimenti sulla verificazione disposta dal Tar, avendo riscontrato, prima facie, alcune delle incongruenze messe in risalto dall’appellante.

8.2. Ricevuti i chiarimenti, da Parte dell’Arpa Lombardia, il Collegio, con la successiva ordinanza del 7 giugno 2019 n. 3865, ha disposto la parziale rinnovazione della verificazione disposta in primo grado, “limitatamente al monitoraggio sistematico della percezione olfattiva, nei tre Comuni interessati (Marnate, Castellanza, Olgiate Olona) da affidare sempre all’Arpa Lombardia”.

8.3. In data 24 aprile 2020, l’Arpa Lombardia ha depositato la relazione conclusiva della verificazione.

8.4. Con la memoria del 14 febbraio 2022, depositata dalla società appellante, in vista dell’udienza di discussione, ha insistito nelle sue censure di appello.

8.5. Con le memorie del 14 febbraio 2022, la provincia di Varese e i comuni appellati hanno insistito nelle loro difese.

8.6. Con le repliche del 24 febbraio 2022, la società ha preso posizione sulle deduzioni avversarie, mentre con le loro repliche, rispettivamente depositate in data 22 e 24 febbraio 2022, la provincia e i comuni hanno controdedotto alle tesi esposte dall’appellante nei suoi scritti.

9. All’udienza del 17 marzo 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

10. In limine litis, si osserva che, a seguito della proposizione dell’appello è nella sostanza riemerso interamente il thema decidendum del giudizio di primo grado – che perimetra necessariamente il processo di appello ex articolo 104 Cpa – sicché, per ragioni di economia dei mezzi processuali e di semplicità espositiva, secondo la logica sottesa alla decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, il Collegio prende direttamente ed esclusivamente in esame gli originari motivi articolati in prime cure (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 22 del 2022; n. 1137 del 2020).

11. L’esame dei motivi di censura enucleati dalla società appellante nel corso dei due gradi di giudizi può avvenire, per comodità espositiva, nell’ambito di una loro disamina congiunta, stante la stretta attinenza logica e giuridica delle questioni emerse nel corso del processo.

11.1. Giova preliminarmente enucleare l’esatta portata del thema decidendum.

11.1.1. Si controverte sulla legittimità di quella prescrizione del provvedimento di rinnovo dell’autorizzazione unica ambientale, che ha respinto l’istanza della società appellante, finalizzata al protrarsi della deroga al limite fissato dalla legge, allo scarico dei reflui contenenti sostanze aldeidi dall’1 giugno 2015.

11.1.2. L’oggetto del presente giudizio è dunque costituito dalla tutela di un interesse pretensivo della suddetta società, la quale, facendo leva sulle ragioni della produzione, intende ottenere un’utilità consistente nella facoltà di non rispettare il limite ordinariamente imposto dalla legge per gli scarichi in acqua dei reflui della sostanza chimica da essa prodotta.

11.1.3. Rispetto a questo interesse di pretesa e all’utilità domandata dall’istante, il quadro normativo assegna un’ampia facoltà di scelta (e, pertanto, un’ampia discrezionalità) all’amministrazione, chiamata a contemperare le richiamate ragioni della produzione con gli altri interessi coinvolti nella vicenda, quali, principaliter, quello primario dell’ambiente, normativamente salvaguardato dalla disciplina dell’Aia, e quello della popolazione dei Comuni limitrofi allo stabilimento industriale al pieno e indisturbato godimento e alla salubrità delle loro proprietà, leso dalle immissioni olfattive moleste.

11.2. In particolare, quanto alla disciplina di riferimento, va ricordato, per quel che maggiormente interessa la delibazione della presente controversia, che l’articolo 29-sexies Dlgs n. 152/2006 prevede:

— al primo comma che “L’autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi del presente decreto, deve includere tutte le misure necessarie a soddisfare i requisiti di cui ai seguenti commi del presente articolo nonché di cui agli articoli 6, comma 16, e 29-septies, al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso. […]”;

— al terzo comma, prima frase, che “L’autorizzazione integrata ambientale deve includere valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti.”;

— al terzo comma, ultimo periodo, che “Se del caso i valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con parametri o misure tecniche equivalenti”;

— al comma 4-bis che “L’autorità competente fissa valori limite di emissione che garantiscono che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili (Bat-Ael).”;

11.3. Delineato il quadro composito della vicenda amministrativa, degli interessi coinvolti nel procedimento di rinnovo dell’Aia e della normativa di riferimento, il Collegio ritiene che l’appello sia infondato.

11.4. L’amministrazione chiamata a provvedere in deroga al limite di legge, pur disponendo di un’ampia discrezionalità al riguardo, si muove pur sempre in un quadro normativo che procede secondo la diade “regola-eccezione” (arg., da un lato, dall’articolo 29-sexies, comma 3, prima frase, e comma 4-bis, e, dall’altro, dall’articolo 29-sexies, comma 3, ultimo periodo: “se del caso.”) e, in base ai consolidati principi espressi a più riprese da questo Consiglio, quando ciò avviene è la decisione amministrativa che risulta eccezionale a necessitare di una più rigorosa valutazione —(cfr., ad es., in materia di autorizzazione paesaggistica, Cons. Stato, sez. VI, 6 dicembre 2021 n. 8083, § 3, tredicesimo periodo; in materia di applicazione dell’articolo 34 Dpr n. 380/2001, in luogo dell’ordinane di demolizione, Cons. Stato, sez. VI, 3 gennaio 2022, n. 1, sez. VI, 1 marzo 2021, n. 1743; in materia di accertamento della data di realizzazione del manufatto, ai fini della concessione del provvedimento di condono edilizio, Cons. Stato, sez. II, 9 gennaio 2020, n. 211, sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4703, sez. V, 12 ottobre 1999, n. 1440; in materia di deroga ai valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali nelle offerte nelle gare pubbliche, Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 2021, n. 4868; sez. V, 3 maggio 2021, n. 3473) — e di una più forte ed articolata motivazione rispetto a quella del provvedimento che invece si conformi al parametro ordinariamente previsto dalla legge (cfr., in materia di principio di rotazione nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici, Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2020, n. 2655; sez. III, 4 febbraio 2020, n. 875; sez. V, 5 novembre 2019, n. 7539; in materia di ordinanze di protezione civile, Cons. Stato, sez. VI, 10 febbraio 2015, n. 701, § 1, quarto periodo; in materia di diniego di condono, malgrado il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso, Cons. Stato, sez. VI, 20 maggio 2021, n. 3904; in materia di indizione di un nuovo concorso, a fronte di una graduatoria concorsuale ancora efficace, Cons. Stato, sez. VI, 9 aprile 2015, n. 1796; in materia di informativa antimafia, Cons. Stato, sez. III, 19 settembre 2011, n. 5262; in materia di superamento degli standard minimi, nella pianificazione urbanistica, Cons. Stato, Ad. pl. n. 24 del 1999 e n. 7 del 2007; sul piano normativo, si pensi alle previsioni dell’articolo 42-bis, Dpr n. 327/2001, nonché dell’articolo 192, comma 2, Dlgs n. 50/2016).

11.4.1. Peraltro, nel caso di specie, l’amministrazione provinciale ha compiutamente dato conto dell’istruttoria che ha condotto al diniego dell’ulteriore deroga al limite di legge, elencando le numerose segnalazioni che si sono susseguite nel corso degli anni; dei numerosi incontri tecnici che sono stati convocati “in relazione anche alla problematica connessa con le emissioni odorigene”; della diffida n. 2878 del 5 agosto 2011, che ha imposto alla società di “descrivere gli interventi attuati e/o previsti per limitare la formazione delle emissioni odorigene” e che non risulta essere stata impugnata dalla (omissis); di quanto rappresentato dalla società (omissis) nel corso dell’incontro del 27 ottobre 2014, ossia che “quando le produzioni di Bis-Mpa sono attive, presso l’impianto di depurazione di Olgiate Olona si avvertono emissioni odorigene caratteristiche”, e nel corso della conferenza di servizi del 16 aprile 2015, ossia che il refluo industriale contiene molecole capaci di originare l’odore avvertibile nel pozzetto di ingresso e in altre sezioni dell’impianto di depurazione consortile e nell’area limitrofa all’impianto stesso, quando è attiva la produzione del prodotto BisMpa, senza che l’impianto di depurazione di Olgiate Olona sia in grado di fare alcunché (“nulla può fare”), per abbattere l’odore generato dal refluo industriale.

11.4.2. I superiori assunti consentono, allora, di dichiarare infondate le censure della società sull’asserito difetto di istruttoria e di motivazione, formulate con il primo motivo di ricorso.

12. Il Collegio evidenzia, inoltre, come rispetto ad un interesse di pretesa sia l’interessato a dover dare prova, nel corso del procedimento, del ricorrere di tutti i presupposti che la legge ritiene necessari perché possa essere accordata l'”utilità finale” o il “bene della vita”, e non competa, per converso, all’amministrazione dover dare prova dell’assenza dei suddetti presupposti.

12.1. Un’eventuale prova del contrario, avrebbe dovuto essere offerta, dunque, durante il procedimento, dalla società che aveva interesse all’ottenimento della deroga e non già dall’amministrazione chiamata a decidere in merito.

12.2. Non può ritenersi utile a tal fine la relazione depositata il 12 maggio 2015, in primo grado, dalla società, come documento n. 3, e confezionata “dopo la decisione della Provincia di Varese di non rinnovare la deroga”, proprio in considerazione della sua formazione dopo la conclusione del procedimento.

12.2.1. Ad ogni modo, questo apporto tecnico non esclude che la produzione di reflui contenenti aldeidi oltre i limiti di legge concorra a cagionare le immissioni di odori molesti, anzi, pur dando atto che il contributo odorigeno delle acque di scarico provenienti dalla (omissis) rappresenta “solo il 10%” di quelle confluenti nel depuratore consortile e che “è stata riscontrata l’evidente interferenza di altre sorgenti odorigene nelle acque reflue che convogliano al depuratore stesso”, essa si prodiga nell’illustrare gli interventi compiuti dalla società per ridurre il contenuto di aldeidi e finisce per mettere in relazione questi interventi con il tentativo di mitigare gli odori molesti avvertiti dalla popolazione dei Comuni limitrofi.

12.3. Quanto poi alla mancata osservanza delle linee guida previste dalla delibera di giunta regionale della Regione Lombardia del 15 febbraio 2012 n. IX/2012, va svolta una duplice osservazione.

12.3.1. La censura di parte risulta irrilevante (e dunque inammissibile per difetto d’interesse), in quanto la scansione procedimentale pertinente all’utilità controversa nel presente giudizio non è quella implicitamente presupposta dall’appellante: la Provincia, competente a decidere sugli aspetti relativi alla concessione della deroga, non era tenuta al compimento di un’istruttoria circa la riconducibilità causale delle immissioni moleste alla scarico dei reflui delle aldeidi in misura sovrabbondante rispetto al limite di legge, in quanto, al più, era onere dell’interessata comprovare l’assenza di una simile eziologia per inclinare la valutazione dell’amministrazione a suo favore.

12.3.2. Inoltre, il Collegio deve osservare che la dinamica procedimentale dell’intera vicenda, dipanatasi in un lunghissimo arco temporale, che va dal giugno 2011 (primo incontro tecnico del 15 giugno 2011) al 16 aprile 2015 (ultima riunione della conferenza di servizi), comprova che la società non ha tenuto un atteggiamento schiettamente e apertamente rivolto a confutare la riconducibilità causale delle immissioni moleste al sovrabbondante scarico di aldeidi, ma si sarebbe invece adoperata a più riprese per risolvere il problema, riconoscendo dunque di esserne causa o concausa.

12.4. Un’ultima notazione va, infine, svolta sull’attività istruttoria compiuta nel corso del processo.

12.4.1. Considerato che la prescrizione impugnata non è basata esclusivamente sul solo presupposto di carattere tecnico-scientifico della riconducibilità causale delle immissioni all’attività di scarico in deroga ai limiti di legge (considera, supra, § 11.4. e, infra, § 13), quanto emergente dall’attività istruttoria compiuta non risulta perciò dirimente, di per sé, nel giudizio di legittimità, in parte qua, del provvedimento (a prescindere dalle conclusioni cui essa giunge e che pure corroborano l’assunto, recepito dal Tar, secondo cui la società sarebbe quantomeno concausa delle immissioni moleste).

12.4.2. Parimenti, in un giudizio incentrato sui profili di asserita illegittimità del provvedimento amministrativo (e dell’attività amministrativa ad esso prodromica), qual è quello generale di legittimità, non rivestono alcun rilievo i successivi studi e le successive ispezioni — dei quali ciascuna della parti in causa ha variamente citato singoli brani o affermazioni, spesso estrapolate dal contesto, per corroborare, in una prospettiva parcellizzata e parziale, le proprie tesi difensive — qualora volti a sopperire, inammissibilmente, ad un’istruttoria procedimentale (a favore dell’accoglimento dell’istanza oppure a ciò ostativa) in tesi mancante.

12.5. Quanto fin qui esposto permette, allora, di ritenere infondate le censure, variamente articolate dalla società, sull’asserito difetto di istruttoria, in ordine alla mancata riconducibilità causale delle immissioni di odori molesti alla produzione e allo scarico “in deroga” dei composti chimici contenenti le aldeidi.

13. Quand’anche, poi, fosse stata offerta la prova della non riconducibilità causale delle immissioni di odori molesti allo scarico “in deroga”, non va dimenticato che, proprio in ragione della richiamata natura eccezionale del superamento dei limiti di legge (i quali, lapalissianamente, costituiscono “la regola”), l’amministrazione avrebbe potuto comunque non concederla, qualora – arbitra del migliore e più opportuno perseguimento dell’interesse pubblico e del suo bilanciamento con gli interessi secondari con esso confliggenti – avesse deciso di accordare all’interesse ambientale una più spiccata prevalenza e di ricondurre, conseguentemente, il diritto alla produzione e allo scarico della società nei limiti imposti, ordinariamente, dal legislatore, pure in via meramente prudenziale o ritenendo che la deroga fino a quel momento accordata si fosse protratta per un tempo eccessivo (arg. Dall’articolo 29-sexies, comma 1, Dlgs n. 152/2006).

13.1. Nel giudizio di legittimità di una simile decisione, non rilevano, dunque, il principio di proporzionalità e il richiamato parametro dell’”adeguatezza”.

13.2. Sarebbe, del resto, del tutto paradossale, opinare, come invece fa l’appellante, che una situazione eccezionale rispetto a quella ordinariamente prefigurata dalla disciplina di riferimento si possa trasformare in una situazione “a regime”, a causa del susseguirsi delle deroghe accordate, nel tempo, senza soluzione di continuità, e che ciò possa poi comportare il consolidarsi di un legittimo affidamento.

13.3. Diverse ovviamente, rispetto a quanto sin qui osservato, sarebbero state le motivazioni di questo Consiglio, qualora l’amministrazione avesse deciso di “restringere”, al di sotto dei limiti di legge, la capacità produttiva e/o di scarico dei reflui dell’impresa, venendo, in questo caso, in rilievo l’operatività del principio di proporzionalità e, potendosi, se del caso, invocare la tutela del legittimo affidamento.

13.4. La natura dell’interesse, anche tenuto conto della disciplina normativa e degli altri interessi coinvolti, finisce, dunque, per orientare lo svolgimento del procedimento e il contenuto della decisione finale (id est, il provvedimento) dell’amministrazione.

13.5. Il superiore assunto permette allora di respingere la censura relativa all’asserito difetto di proporzionalità che affliggerebbe la prescrizione del provvedimento impugnata, rendendola illegittima, in quanto completamente “fuori fuoco” rispetto al tipo di valutazione e al tipo di scelta che l’amministrazione è chiamata a compiere.

14. Va poi rilevato che la deroga costituisce una situazione eccezionale, in linea generale, sempre revocabile o suscettibile di non essere più accordata da parte dell’amministrazione, sicché chi ne beneficia, proprio per la natura interinale del beneficio, deve risultare sempre in condizione di poter rientrare nel limite di legge in un lasso di tempo contenuto.

14.1. Nessun rilievo assume, pertanto, al riguardo, la relazione tecnica cui la società fa riferimento negli scritti difensivi e che prospetta tre “possibili soluzioni al problema”.

14.2. Non ci si può esimere dal rilevare, infine, anche se ciò non incide sui profili di legittimità del provvedimento impugnato (e degli atti ad esso correlati), che la censura relativa alla congruità del termine di quaranta giorni risulta del tutto paradossale, in considerazione del concreto svolgimento della vicenda giudicata: in ragione delle deroghe precedentemente accordate e dello svolgimento del giudizio (id est, della tutela cautelare concessa), la società ha beneficiato di un considerevole lasso di tempo per programmare l’intervento tecnico necessario per poter operare nei prescritti limiti di legge e per reperire, ove necessario, le risorse finanziarie occorrenti.

14.3. Quanto esposto depone per la declaratoria di infondatezza anche dell’ultimo motivo di ricorso in prime cure (ripreso in appello), a mente dei quali si è censurata la prescrizione di diniego del rinnovo della deroga, limitatamente al termine assegnato per poter adattare l’impianto ai limiti di legge.

15. In conclusione, in considerazione dei motivi sin qui esposti, l’appello va respinto e va, pertanto, confermata la sentenza di primo grado.

16. Residuano, infine, le questioni relativi alle spese di lite.

16.1. In ordine alla liquidazione dei compensi del verificatore, domandata con l’istanza del 14 febbraio 2022, il Collegio deve rilevare la decadenza dal relativo diritto, ai sensi dell’articolo 71, commi 1 e 2, del Dpr n. 115 del 30 maggio 2002 secondo cui: “Le indennità e le spese di viaggio spettanti ai testimoni e ai loro accompagnatori, le indennità e le spese di viaggio per trasferte relative al compimento di atti fuori dalla sede in cui si svolge il processo di cui al titolo V della Parte II, e le spettanze agli ausiliari del magistrato, sono corrisposte a domanda degli interessati, presentata all’autorità competente ai sensi degli articoli 165 e 168.

La domanda è presentata, a pena di decadenza: trascorsi cento giorni dalla data della testimonianza, o dal compimento delle operazioni per gli onorari e le spese per l’espletamento dell’incarico degli ausiliari del magistrato; trascorsi duecento giorni dalla trasferta, per le trasferte relative al compimento di atti fuori dalla sede in cui si svolge il processo e per le spese e indennità di viaggio e soggiorno degli ausiliari del magistrato”.

16.2. Poiché il deposito della relazione finale (cioè completa delle controdeduzioni alle osservazioni dei periti delle parti) è avvenuto in data 28 maggio 2020, mentre l’istanza di liquidazione è stata presentata in data 14 febbraio 2022, il suddetto termine è oramai inesorabilmente decorso, del che il Collegio non può che prendere atto e dichiarare la decadenza dal diritto alla corresponsione del compenso.

16.3. Il Collegio, nell’oggettiva complessità e novità delle questioni trattate, ravvisa, infine, eccezionali ragioni, a mente del combinato disposto degli articoli 26 comma 1 C.p.a. e 92 comma 2 C.p.c., per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quarta), definitivamente pronunciando sull’appello n.r.g. 5213/2017, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Dichiara tardiva la domanda del compenso formulata dal verificatore. Compensa le spese del giudizio di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati:

(omissis)

Depositato in segreteria il 30 marzo 2022.

Copyright: gli articoli pubblicati sul sito sono utilizzabili nei limiti e per le finalità del fair use e dell'art. 70 L.663/1941, rispettando le modalità di citazione "APA style" per i giornali on line [Autore. Data di pubblicazione. Titolo. Disponibile in: https://unaltroambiente.it/]