di Gianfranco Amendola
Premessa. L’art. 674 c.p. e la Cassazione
Quando, nell’estate del 1970, alcuni Pretori “d’assalto” iniziarono ad occuparsi del mare inquinato, si accorsero che non esisteva alcuna legge o disposizione specifica contro l’inquinamento ma, per fortuna, nel codice penale c’era una norma generica che punisce le immissioni moleste. Ed è così che iniziò la “riscoperta” dell’art. 674 del codice penale, intitolato al “getto pericoloso di cose”, il quale punisce con l’arresto fino a 1 mese o con l’ammenda fino a euro 206 “chiunque getta o versa in luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti”.
Sono passati 50 anni, si sono susseguite centinaia di leggi e leggine in campo ambientale, ma ancora oggi, soprattutto quando le cose non sono chiare, ecco che rispunta il “vecchio”1 art. 674 c.p. Non solo per inquinamento del suolo, delle acque e dell’aria ma anche per odori e per emissioni elettromagnetiche2. E non solo per le controversie condominiale da cortile ma anche per casi di rilevanza nazionale come l’Ilva.
Buona parte del suo successo è dovuta alla giurisprudenza della Cassazione la quale, in primo luogo, ha costantemente sostenuto3 che, poiché l’art. 674 c.p. riguarda l’offesa o la molestia alle persone, esso è comunque applicabile, in concorso, anche in presenza di specifica normativa contro gli inquinamenti, trattandosi di norme dirette alla tutela di beni giuridici diversi e fondate su presupposti diversi4. In tal modo, si supera, quindi, la difficoltà di applicare normative di settore collegate, in buona parte, all’operato della P.A. e basate su adempimenti formali, in quanto l’ampiezza e la genericità del precetto penale di cui all’ art. 674 c.p. consentono interventi giudiziari diretti da parte della polizia e della autorità giudiziaria in tutto il settore degli inquinamenti anche in caso di inerzia della P.A.5.
In secondo luogo, la Cassazione ha più volte 6 precisato che:
a) La fattispecie tipica del reato in questione configura un’ipotesi di reato di pericolo, rappresentato dall’idoneità potenziale della cosa versata a molestare o imbrattare le persone in modo, anche se minimo, percettibile ed ai fini della configurabilità di essa non è richiesto alcun effettivo nocumento alle persone, in dipendenza della condotta contestata, essendo sufficiente l’attitudine di questa a cagionare effetti dannosi.7
b) Tale attitudine non deve essere necessariamente accertata mediante perizia, ben potendo il giudice fondare il proprio convincimento su elementi probatori di natura diversa, quali le dichiarazioni testimoniali di coloro che si siano dimostrati in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti, oggettivamente percepiti, delle immissioni.
c) ai fini della sussistenza del relativo elemento psicologico non hanno rilevanza alcuna i motivi ed il fine perseguito dagli imputati, essendo solo necessario che la condotta sia a loro attribuibile, quantomeno a titolo di colpa
d) Il reato di cui trattasi, pur essendo di natura commissiva, può rientrare nella categoria di quelli commissivi mediante omissione.
e) la condotta costitutiva dell’illecito di che trattasi deve ritenersi integrata a prescindere dal superamento di valori limite delle immissioni, eventualmente stabiliti dalla legge, essendo sufficiente che essa abbia cagionato disturbo, offesa o molestia alle persone.
f) anche un’attività produttiva di carattere industriale, autorizzata, può dar luogo al reato in questione qualora da essa siano derivate molestie alle persone per la mancata attuazione di accorgimenti tecnici possibili o per inosservanza di prescrizioni dell’Autorità amministrativa.
Tuttavia, a proposito delle ultime due affermazioni, si deve segnalare che dagli anni 2000, la giurisprudenza della Suprema Corte ha iniziato a subire notevoli oscillazioni8, culminate in una importante sentenza del 2008 relativa al presunto inquinamento elettromagnetico provocato da radio Vaticana, la quale, interpretando l’inciso “nei casi non consentiti dalla legge, concludeva che le fattispecie previste dall’art. 674 c.p. (prima e seconda parte) rientrerebbero nell’ambito di una unica ipotesi di reato e che il reato non sarebbe configurabile nel caso in cui getto o emissioni provengano da attività regolarmente autorizzata o da una attività prevista e disciplinata da atti normativi speciali e siano contenuti nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici provvedimenti amministrativi che li riguardano, il cui rispetto implica una presunzione assoluta di legittimità del comportamento9.
L’art. 674 c.p. e l’inquinamento idrico nella giurisprudenza della Cassazione
Limitando il nostro esame ai casi di inquinamento idrico (evidentemente ricompreso nella prima parte dell’art. 674), vale la pena di ricordare, in primo luogo, una sentenza non recente della Cassazione, relativa al caso “classico” di versamento su strada e in un torrente di “reflui civili maleodoranti” provenienti da un immobile condominiale in provincia di Trapani, la cui fossa “imhoff’” non era munita di apposita vasca di decantazione, ravvisando “una condotta atta ad offendere, imbrattare e molestare le persone”: sentenza in cui la Suprema Corte, oltre a ribadire la possibilità di concorso con la normativa speciale, precisava con chiarezza che “con riferimento alla contravvenzione di getto pericoloso di cose, prevista dalla prima parte dell’art, 674 cod. pen., il “versamento” concerne materie liquide e può avvenire per mano dell’agente o in qualsiasi altro modo da lui posto in essere o lasciato dolosamente o colposamente in äzione (Cass-, Sez- I, 24.7.1992, n. 8386)”10.
E proprio a proposito di questa ultima affermazione, vale la pena di ricordare che, per un caso analogo (fuoriuscita di liquali da fossa settica), la Cassazione aggiungeva che “il reato di getto o versamento pericoloso di cose, previsto nella prima parte dell’art. 674 cod. pen., è configurabile sia in forma omissiva che in forma commissiva mediante omissione (cosiddetto reato omissivo improprio) ogniqualvolta il pericolo concreto per la pubblica incolumità derivi anche dalla omissione, dolosa o colposa, del soggetto che aveva l’obbligo giuridico di evitarlo “11.
Nello stesso quadro, Cass. Pen., Sez. 3, 30 ottobre -19 novembre 2013, n. 46237, Semplici, ribadiva che “in linea di principio, il reato di getto pericoloso di cose può concorrere con i reati di gestione non autorizzata di rifiuti (art. 256, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) e di scarico di reflui industriali senza autorizzazione (art. 137, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), purché si accerti la potenziale offensività del rifiuto o del refluo e che il getto avvenga in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato di comune o altrui uso (cfr. Cass. sez. 3, sentenza n. 25037 del 25/05/2011 Ud. dep. 22/06/2011 Rv. 250618; cfr. anche, con riferimento alla normativa preesistente, Sez. 1, sentenza n. 13278 del 10/11/1998 Ud, dep. 17/12/1998 Rv. 211869)”.
Ma, nel contempo, la Suprema Corte andava oltre, allargando notevolmente l’ambito della “molestia”, che veniva ravvisata anche in caso di “mutevole colorazione del mare”12 causata dai reflui di un impianto di depurazione comunale; senza bisogno di “maggiori accertamenti circa la possibilità di accesso al pubblico del tratto di mare interessato visto che esso tanto era visibile che è stato colto agevolmente dai testi che hanno riferito in proposito né vi è dubbio che la circostanza sia dimostrabile in tal modo senza ricorso a perizie o esami tecnici (Cass. sez. III, 30.1.98, n. 6141), risultando palese ed intrinseco il turbamento che suscita nella comunità la visione del mare di un colore diverso da quello suo proprio” 13.
La sentenza n. 21034 del maggio 2022
È in questo quadro, quindi, che si inserisce una recente sentenza della Suprema Corte14, la quale conferma ancora una volta, in caso di inquinamento idrico, la applicabilità dell’art. 674 c.p. in concorso con le disposizioni contenute nella parte terza del D. Lgs 152/06.
La vicenda si riferiva ad alcuni scarichi di rifiuti “sia di natura industriale, perché contenenti alluminio, borio, bario, rame ferro, zinco, piombo, nichel e cromo, sia di natura domestica, come desumibile dall’alta concentrazione di escherichia coli”, recapitanti nel torrente S. Marino, ritenuti in sentenza “cose atte ad offendere o imbrattare le persone”. Proprio su questo requisito si soffermava il ricorrente lamentando il “mancato accertamento della attitudine della condotta contestata a recare offesa alle persone, che era stata fondata dal Tribunale sulla alterazione cromatica e olfattiva delle acque del fiume Marecchia per circa 10 chilometri del suo corso e sulla moria di pesci che vi era stata riscontrata, oltre che sul fatto che il teste Dolci era dovuto accorrere al proprio lago per chiudere l’attingimento di quest’ultimo delle acque del corso per evitare la moria dei pesci, cosicché la concreta potenzialità offensiva era stata accertata limitatamente alla fauna ittica ma non anche con riferimento alle persone, come invece richiesto dalla giurisprudenza di legittimità per poter attribuire rilevanza penale alla condotta (si richiama la sentenza n. 22032 del 2010)”.
Respingendo questa argomentazione, la Cassazione confermava in pieno la sua pregressa giurisprudenza sull’art. 674 c.p., evidenziando, in particolare, che:
a) Si tratta di reato di pericolo per la cui integrazione non occorre un effettivo nocumento alle persone, essendo sufficiente l’attitudine a cagionare effetti dannosi.
b) Per accertare tale requisito non è necessario ricorrere ad una perizia “ben potendo il giudice ricavare tale dato in qualsiasi altro modo”, e, quindi anche tramite testimoni.
c) “L’elemento, tuttavia, che non può difettare ai fini della sussistenza del reato è correlato alla concretezza della offesa o della molestia alle persone. Questa Corte, in svariate decisioni, (cfr., ex multis, Sez. 3, n. 38297, del 18/6/2004, Providenti, Rv. 229618; Sez. 3, n. 20755, del 14/3/2003, Di Grado, Rv. 225304), ha chiarito che, nel concetto di “molestia”, vanno ricomprese tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo alla persona, situazioni che siano di turbamento della tranquillità e del modo di vivere quotidiano e producano un impatto negativo, anche psichico, sull’esercizio delle normali attività di lavoro e di relazione”. E pertanto, non può non essere ricompresa una situazione, quale quella in esame, ove, secondo il Tribunale, esisteva uno “scarico di acque altamente tossiche e maleodoranti, avvenuto in luogo pubblico e protrattosi per oltre 10 km nel torrente San Marino, fino alla confluenza con il fiume Marecchia, con evidente pericolo anche per la salute delle persone che eventualmente fossero venute a contatto con tali acque” 15, situazione, quindi, certamente idonea a provocare turbamento nella collettività.
In proposito, tuttavia, si deve rilevare che nel caso di specie, secondo la sentenza in esame, oltre al reato di cui all’art. 674 c.p., era stata contestata la contravvenzione di scarico non autorizzato di acque reflue industriali contenente sostanze pericolose (art. 137, commi 1 e 2 D. Lgs 152/06), ma non quella (più grave) del superamento dei limiti massimi ammessi per queste sostanze (art. 137, comma 5), né dalla lettura della sentenza è dato di capire se questo accertamento era stato fatto. Torna in evidenza, quindi, la questione, cui già abbiamo accennato ed ancora non risolta in giurisprudenza, dei rapporti tra superamento di limiti e “molestia” alle persone, che, tuttavia, nel caso in esame, non è stata considerata in quanto la Suprema Corte, come abbiamo visto, riteneva sufficiente, ai fini della “molestia”, l’esistenza di uno scarico non autorizzato16 “di acque altamente tossiche e maleodoranti, avvenuto in luogo pubblico e protrattosi per oltre 10 km”; considerando, così, determinante la circostanza del turbamento della tranquillità delle persone, a prescindere dall’eventuale superamento dei limiti di legge.
Conclusioni
Appare, allora, evidente, a questo punto, la importanza della sentenza in esame che, in sostanza, al di là delle violazioni della normativa speciale di cui al D. Lgs 152/06, consente alla p.g. di contestare il reato di cui all’art. 674 c.p. in tutti i casi di inquinamento idrico tale da provocare, anche solo per percezione diretta, disagio e turbamento alle persone; senza bisogno di analisi e consulenze tecniche e a prescindere dall’operato (o dall’inerzia) della P.A.
Resta solo da aggiungere che, comunque, la sentenza in esame merita di essere citata anche in quanto conferma che “per scarico si deve intendere qualsiasi versamento di rifiuti, liquidi o solidi, che provenga dall’insediamento produttivo nella sua totalità e cioè nella inscindibile composizione dei suoi elementi, a nulla rilevando che parte di esso sia composta da liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo, come quelli dei servizi igienici o delle acque meteoriche, immessi in un unico corpo recettore”; precisando altresì, in proposito, che “le acque meteoriche da dilavamento sono costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, poiché, altrimenti, esse vanno qualificate come reflui industriali ex art. 74, comma 1, lett. h), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152…”; come nel caso di specie dove era risultato che le acque meteoriche di dilavamento erano mescolate a sostanze chimiche di derivazione industriale, certamente provenienti dagli impianti della azienda ricorrente17.
- Ha 92 anni, visto che il codice penale è del 1930.↩︎
- Cfr. il nostro Diritto penale ambientale, Pisa 2022, pag. 33 e segg.↩︎
- Tra le prime, cfr. Cass. Pen., Sez. 3, 1 luglio 2003, RV 226578, Graziani, con riferimento al concorso con il D. Lgs. 152/99 (in tema di inquinamento idrico) “stante la diversa struttura delle fattispecie ed i differenti beni giuridici tutelati”↩︎
- Cfr. per tutte Cass. Pen., Sez. 3, 7 novembre 2007- 11 febbraio 2008, n. 6419, Costanza, secondo cui “vi è possibilità di concorso tra l’art. 674 C.P. e le norme speciali in materia ambientale (inquinamento atmosferico, inquinamento idrico e inquinamento elettromagnetico) Non sussiste rapporto di specialità, ex art. 9 della legge n. 689 del 1981, tra la norma che sanziona l’effettuazione di scarichi di acque reflue domestiche senza la prescritta autorizzazione) e quella di cui all’art. 674 cod. pen., trattandosi di norme dirette alla tutela di beni giuridici diversi e fondate su diversi presupposti, in quanto esula dalla previsione della fattispecie sanzionata in via amministrativa il fatto di avere cagionato offesa o molestia alle persone”. Cfr., altresì, più di recente ID., 18 ottobre-28 novembre 2019, n. 48406, Livello, secondo cui “non vi è rapporto di specialità, nè si verifica assorbimento della norma dell’art. 674 C.P. nelle previsioni incriminatrici relative alla tutela dell’ambiente in generale, quando sussista l’attitudine della condotta incriminata a provocare molestie alle persone, costituente elemento ulteriore ed essenziale della fattispecie di pericolo delineata dalla norma codicistica”↩︎
- Per approfondimenti e richiami si rinvia al nostro Diritto penale ambientale, cit., pag 67 e segg.↩︎
- Cfr. per tutti Cass. Pen., Sez. 3, 28 settembre 2005, n. 38936, RV 232359, Riva, cui si rinvia anche per citazioni di giurisprudenza pregressa.↩︎
- Anzi, per la Cassazione, come vedremo, vi rientrano disagio, fastidio, disturbo del modo di vivere quotidiano; e si ritiene sufficiente il fatto di arrecare alle persone preoccupazione ed allarme circa eventuali danni alla salute.↩︎
- Per approfondimenti, richiami e citazioni, si rinvia al nostro Odori molesti ed emissioni odorigene. La prima sentenza della Cassazione in www.questionegiustizia.it, 2022↩︎
- Cass. Pen., Sez. 3, 26 settembre 2008 (ud. 13 maggio 2008), n. 36845, Tucci, precisando che, per la configurazione del reato, vi sarebbe la necessità che “qualora si tratti di attività considerata dal legislatore socialmente utile e che per tale motivo sia prevista e disciplinata, l’emissione avvenga in violazione delle norme o prescrizioni di settore che regolano la specifica attività”. Per approfondimenti anche critici, si rinvia al nostro Radio Vaticana, elettrosmog e Cassazione: una sentenza molto discutibile in www.lexambiente.it, 2008.↩︎
- Cass. Pen., Sez. 3, 7 novembre 2007- 11 febbraio 2008, n. 6419, Costanza, cit., la quale, precisa anche che “nella fattispecie in esame non è stata ravvisata una condotta meramente omissiva dell’adozione di cautele idonee, bensì la decisione consapevole di fare funzionare e gestire un impianto fognario difettoso (anche in violazione di ordinanze sindacali di inibizione degli scarichi), implicante una condotta positiva di disturbo e molestia a livello igienico”↩︎
- Cass. Pen., Sez. 3, 6 novembre-26 novembre 2014, n. 49213, Ingianni: , la quale ha anche precisato che “l’ipotesi contravvenzionale in esame è qualificata come reato di pericolo, cosicché per la sua configurazione è necessaria esclusivamente l’astratta attitudine delle cose gettate o versate a cagionare effetti dannosi ed è sufficiente la colpa, configurabile in tutti i casi in cui venga riscontrata l’attivazione di impianti pericolosi ovvero venga accertata la colposa omissione di cautele atte ad impedire il verificarsi della situazione di pericolo”.↩︎
- Si noti che la Cassazione, in caso di alterazione visiva delle acque, ha più volte ritenuto applicabile il reato di cui all’art. 734 c.p. sull’alterazione delle bellezze naturali. Cfr. per tutte Cass. Pen., sez. 3, 9 aprile 2001, n. 20429, Cacciatore, la quale ha confermato la condanna di un sindaco per il reato di cui all’art. 734 c.p., in un caso in cui , per difetto di funzionamento dei depuratori comunali, nel torrente ricettore si era formata “una scia di colore marrone lunga circa 15 metri, distintamente visibile a occhio nudo”, ed ha precisato che per la configurazione del reato “è sufficiente la temporanea esistenza del deturpamento del bene ambientale e, più di recente, Cass. Pen., Sez. 3, 19 marzo-14 maggio 2013, n. 20737, Pedullà, in www.lexambiente.it, 5 giugno 2013, secondo cui “lo sversamento di liquami direttamente in un fiume dovuto al blocco del funzionamento di un depuratore, dovuto a guasto per carenza di manutenzione determina la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 734 cod. pen., qualora l’evento muti in modo rilevante, anche sotto il profilo temporale, Ie caratteristiche ambientali del corso d’acqua”↩︎
- Cass. Pen., Sez. 3, 7 gennaio – 3 marzo 2014, n. 10034, Calabrò, in www.lexambiente.it, 21 marzo 2014, la quale conclude che <<in buona sostanza, devono farsi rientrare nel concetto di “molestia” tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di turbamento della tranquillità>>↩︎
- Cass. Pen., Sez. 3, 5-30 maggio 2022, Capicchioni, in www.lexambiente.it, 9 giugno 2022↩︎
- Aggiungendo, peraltro, che la effettività della molestia, come abbiamo visto, era stata “confermata dal teste Dolci che, proprio a causa dello sversamento, era stato costretto a correre al proprio lago per chiudere l’attingimento nel fiume Marecchia al fine di evitare la moria dei propri pesci”.↩︎
- Certamente, quindi, “nei casi non consentiti dalla legge”↩︎
- Per approfondimenti, citazioni e richiami, ci permettiamo rinviare, da ultimo, al nostro “Acque meteoriche e acque reflue industriali: la Cassazione si <<consolida>> “ in www.osservatorioagromafie.it, 15 giugno 2021↩︎