Controcopertina Ottobre 2024

Il monte Civetta

Il monte Civetta è una delle montagne più rappresentative e particolari delle Dolomiti e ne rappresenta un’attrazione naturale grandiosa. Il massiccio principale rivolge la faccia orientale della Cresta Nord verso l’alta Val di Zoldo mentre il lato d’occidente, la famosa parete nord-ovest, la parete delle pareti”, domina l’alta Val Cordevole.

Protagonista dei tramonti infuocati dall’Enrosadira ( termine derivato dalla parola ladina rosadüra o enrosadöra.), “diventare di color rosa”, quando la montagna assume una tinta che varia dal rosa all’arancione, fino al viola, a seconda delle diverse posizioni del sole e delle condizioni dell’atmosfera. Questo effetto è il risultato di due fenomeni: quando il sole è basso all’orizzonte, parte della luce blu si disperde e la luce rimanente assume una tonalità rossastra; inoltre l’illuminazione indiretta al di sopra della linea d’ombra, dove la luce cade con un angolo poco profondo sul paesaggio alle spalle dello spettatore, produce una particolare rifrazione. Il fenomeno si manifesta all’alba sulle cime rivolte a est ed al tramonto su quelle rivolte a ovest ed è accentuato dalla riflettività delle pareti rocciose, formate dalla dolomia.

Il monte Civetta è citato per la prima volta in un documento del 1665 come Zuita, mentre viene riportato nella cartografia ufficiale a partire dal 1774.

Riguardo all’origine del nome prevalgono due ipotesi: una che lo fa derivare dal latino civitas, in quanto il versante che dà sulla valle del Cordevole somiglierebbe ad una città, che anche Antonio Stoppani descrive come una grande “città turrita e merlata”; altri ne fanno derivare il nome dalla caratteristica parete dell’anticima volta a nord-ovest che presenta le sembianze di una civetta (El Zuita in ladino veneto).

Il primo a raggiungere la vetta fu ufficialmente l’inglese Francis Fox Tuckett con le guide svizzere Melchior Anderegg e Jacob Anderegg nel 1867, ma la cima era stata raggiunta almeno una volta nel 1855 da Simeone De Silvestro detto “Piovanel”, cacciatore di Pecol che dette al Tuckett le informazioni sulla strada da seguire per l’ascesa. Comunque sicuramente prima anche altri cacciatori erano saliti verso la vetta inseguendo i camosci.

Il nome di Dolomiti fu dato a queste montagne dal geologo francese Déodat de Dolomieu che per primo nel 1791 scoprì sia la particolare natura della roccia sedimentaria carbonatica che le costituisce, composta principalmente da carbonato doppio di calcio e magnesio, sia il processo litogenetico che le aveva generate in fondo al mare, un processo separato da quello di orogenesi iniziato 100-150 milioni di anni dopo.

La genesi del monte Civetta è quella tipica delle montagne dolomitiche avvenuta in un processo geologico durato milioni di anni, durante il quale esse hanno subito molte mutazioni ripetutesi più volte nella loro storia. Esso iniziò 270 milioni di anni fa, durante il Triassico, nella profondità del mare Tetide. Poi nel periodo dell’Anisico, circa 235 milioni di anni fa, alcune porzioni si sollevarono dal mare in un clima di tipo tropicale, ed intorno a queste isole grazie allo sviluppo di comunità organogene si formarono le scogliere coralline che costituirono quello che sarà denominato il Calcare della Marmolada. Più tardi nel periodo Ladinico, intorno a 230 milioni di anni fa, emersero dall’acqua due vulcani, che con enormi quantità di lava riempirono i bacini marini.

In seguito la regione ridivenne un mare tranquillo nel quale prosperarono coralli, alghe e spugne; che portarono alla formazione di nuove scogliere carbonatiche costituenti quella che oggi è chiamata Dolomia Cassiana. Successivamente, 223 milioni di anni fa, si ebbe un nuovo abbassamento del livello del mare, le scogliere coralline cessarono di formarsi e si costituirono ampi bassi fondali. Su questi, nel successivo periodo del Norico, durante un nuovo innalzamento del livello del mare, si depositarono spessori enormi di quella che oggi chiamiamo Dolomia Principale: in un periodo di circa 10 milioni di anni si formò uno strato di ca.1000 m, oggi visibile nelle Tre Cime di Lavaredo, sul Cristallo, sulla Croda da Lago, sulle Cinque Torri e sul Civetta, composto da strati regolari dovuti ai suoi processi di formazione ciclici.

Con il Giurassico, quando l’intera Italia era coperta dal mare, scomparirono le dolomie e i depositi salini e si formarono i calcari grigi visibili sulla sommità del Pelmo, del Civetta e dell’Antelao.

Tra i 135 e i 160 milioni di anni fa la regione continuò a sprofondare formando i depositi di calcare Ammonitico Rosso, fino al successivo periodo del Cretaceo, quando tutte le cime erano ancora sotto il mare Tetide e si continuavano a depositare materiali grigio-verdi. Alla fine di questo periodo, ca 75 milioni di anni fa, terminò il processo litogenetico ed iniziò quello orogenico: per il progressivo avvicinamento del continente africano a quello europeo, si ebbe l’innalzamento dell’arco alpino e durante gli ultimi 5 milioni di anni emersero tutte le cime ancora sommerse dal mare.

Allora, in un ambiente costituito da torri e massicci sviluppatisi fino ad allora sotto il livello del mare, le acque iniziarono a defluire creando la particolare configurazione delle montagne dolomitiche, del tutto simile a quella degli atolli corallini dell’oceano Pacifico, costituta da massicci circolari circondati da spazi pianeggianti dove, per il graduale spianamento delle rocce vulcaniche, più tenere della dolomia, si venivano a formare le valli, i passi e gli altopiani.

Proprio perché i singoli gruppi montuosi in origine erano delle isole, ora le acque in questa regione non scendono lungo i due lati principali di uno spartiacque generato da una dorsale e lungo vallate allineate, ma scorrono a raggiera da tutti i lati dei diversi massicci creando piccole vallate isolate tra di loro.

Circa 2 milioni di anni fa, durante la glaciazione, le montagne vennero ricoperte dai ghiacci e durante il disgelo la geomorfologia dell’area mutò ulteriormente.

La vetta del Civetta, oltre che con le vie di arrampicata più conosciute, come la Solleder-Lettembauer, la Andrich, la Philip-Flamm, la via dei Cinque di Valmadrera e altri itinerari di elevata difficoltà alpinistica che si sviluppano sul lato nord-ovest lungo la leggendaria “parete delle pareti” (1.000 m di dislivello per 4 km circa di lunghezza), si raggiunge anche:

– con la Ferrata degli Alleghesi (partendo dal rifugio Sonino al Coldai, posto in Val Ziolere a quota 2.132 m, dove si arriva per sentiero da Palafavera o da Alleghe, passata la Forcella Coldai e proseguendo per il bivio col Sentiero Tivan, si arriva all’attacco nei pressi del Muro del Tivan; con la ferrata si risale un dislivello di quasi 900 metri, si raggiunge la vetta percorrendo la cresta nord est e da qui si può raggiungere il rifugio Torrani e scendere per la via normale).

– con la Ferrata Tissi (partendo da Malga Grava si arriva fino alla Forcella delle Sasse e quindi all’attacco della via ferrata che sale lungo le pareti est e sud-est del Civetta; terminata la via si percorre un ripido nevaio perenne arrivando al rifugio Torrani sul Pian della Tenda a quota 2.984 m, 200 m dalla vetta, percorribili in breve).

– con la via normale (si sale dal versante est, lungo l’itinerario dei primi salitori, con partenza dal sentiero Tivan, raggiungibile dal rifugio Sonino al Coldai o direttamente da Pecol; si risalgono le pendici e dalla Forcella Grava attraverso il Passo del Tenente si arriva al rifugio Torrani e quindi alla vetta).

Alla base del Civetta, sul versante nord, corre poi la via denominata ormai Transcivetta, che costituisce parte del percorso dell’Alta Via n.1; partendo da Listolade l’itinerario si inoltra per la stretta Val Corpassa fiancheggiando la strada carreggiabile fino alla Capanna Trieste, poi continua a salire un lungo e ripido pendio di mughi (la Mussaia), raggiugendo il ripiano erboso del Pian delle Taie all’entrata della Val dei Cantoni, detta anche Vallon del Giazzèr, circondata da guglie e pinnacoli; da qui, lasciando sulla destra il Van delle Sasse, si continua verso gli Aghi di Pelsa fino al rifugio Vazzoler situato a 1.714 m d’altezza. Salendo ancora, si entra quindi nella Val Civetta e, proseguendo lungo la base dell’immane parete nord-ovest, tra salite e discese si raggiunge il rifugio Tissi, posto sul Col Reàn a 2.250 m d’altitudine. Si continua a salire e attraverso la Forcella Col Negro si raggiunge il laghetto Coldai e infine il rifugio Sonino al Coldai; da qui si scende alla Malga Piòda e ai Piani di Pezzè e si arriva ad Alleghe.

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