Controcopertina Luglio 2024

“in co’ del ponte presso a Benevento

Il ponte di origine romana, denominato oggi Leproso, permetteva alla via Appia, superato il fiume Sabato prima della sua confluenza nel Calore, di entrare a Benevento per proseguire poi alla volta di Brindisi.

Esso, fu costruito probabilmente dal censore Appio Claudio Cieco nel III secolo a.C., in occasione dell’apertura della via Appia, riutilizzando una precedente costruzione sannitica, chiamato originariamente Ponte Marmoreo (o Lapideo), fu restaurato da Settimio Severo e dal figlio Caracalla nel 202 d.C. e più tardi da Marco Aurelio Antonino; rimaneggiato più volte nel corso dei secoli, fu ricostruito nel XII secolo, durante il periodo normanno e dopo il terremoto del 1702, quando, le originarie arcate da cinque furono ridotte a quattro.

Il suo nome attuale, attestato per la prima volta nel 1071, è forse dovuto ad un lebbrosario presente nei pressi, successivamente, nell’Ottocento fu anche chiamato Ponte San Cosimo, dal nome di una chiesetta attigua ad esso.

Il ponte si distingue per la sua architettura, gli archi acuti e la pietra robusta conferiscono al ponte un carattere imponente, della sua struttura originaria, oggi rimane solo uno dei piloni, costruito in opera quadrata con superfici a vista sbozzate “a bugne rustiche.

E’ probabile che proprio presso questo ponte sia avvenuta la famosa battaglia di Benevento del 12 febbraio 1266, dove Manfredi di Svevia, ferito a morte dai soldati di Carlo d’Angiò, morì e fu tumulato; i suoi resti, però, come ricorda Dante Alighieri, (Purgatorio, canto III) furono poi ripresi e dispersi nel fiume,:«[…] l’ossa del corpo mio sarieno ancora in co’ del ponte presso a Benevento, sotto la guardia de la grave mora.»

Passato il ponte, si entra a Benevento, la città posta nell’entroterra appenninico della Campania, alla confluenza del fiume Calore, tributario del Volturno, proprio per la sua posizione, è probabile, fin dall’antichità fungesse da punto di incontro tra le diverse tribù sannitiche degli Irpini, i quali, stanziati anche sulle retrostanti alture, avevano il controllo diretto dell’area dei Pentri e dei Caudini.

Sembra che il primo nome della città, in lingua osca, sia stato Malies o Malocis, presente su una moneta bronzea del IV secolo a.C. poi mutato in Maloenton (oppure Maloenta o Malowent); secondo altri studiosi il nome originario della città, Maloenton, deriverebbe dalla parola greca Malòeis, da Malon, variante dorica dell’attico Mèlon. (dorico era anche Diomede mitico fondatore di Benevento), che significa gregge di pecore o capre, largamente presenti nell’area, nome che non fa comunque escludere la derivazione da mallos (vello di pecora).

Poiché il genitivo di Malòeis declina in entos, Malòentos, per la sua somiglianza con iontos (genitivo del participio presente di iènai = venire), i Romani intesero il nome originario della città come “malum eventum”; solo dopo la terza guerra sannitica quando i Sanniti furono sconfitti e la città fu presa dai Romani, dopo il 275 a.C., a seguito della vittoria su Pirro, re d’Epiro, avvenuta proprio a Maleventum, la città fu denominata Beneventum ad indicare un buon auspicio. Un’ulteriore ipotesi fa derivare il nome dal toro, animale simbolo di Benevento e dei Sanniti, che il poeta greco Teocrito, chiama Malon.

Nel 268 a.C., Benevento divenne una colonia di Roma che durante la seconda guerra punica la utilizzò ripetutamente come fortezza, e nelle sue vicinanze si ebbero due decisive battaglie: che portarono alla sconfitta del generale cartaginese Annone.

Nel 42 a.C., durante il secondo triumvirato, a Benevento fu dedotta una colonia per i veterani che si aggiunse a quella di Caudium ed una terza colonia vi fu poi stabilita da Nerone. Durante l’impero di Settimio Severo, la città aveva il titolo di Colonia Julia Augusta Concordia Felix Beneventum e a testimonianza della sua importanza basti ricordare che il teatro romano, inaugurato nel 126 sotto Adriano, aveva una capienza di quindicimila persone.

La città prosperò e già alla fine della Repubblica risultava opulenta, grazie anche alla sua posizione favorevole, al centro delle vie di comunicazione, essendo posta all’incrocio tra la Via Appia e la Via Minucia, poi Via Appia Traiana che traversava la città, passando sotto il grandioso arco eretto da Traiano tra il 114 e il 117 d.C. all’inizio della nuova via che abbreviava il percorso da Roma verso il porto di Brindisi.

In epoca imperiale Benevento insieme alla vicina Irpinia fu distaccata dal Sannio e aggregata dall’imperatore Augusto alla regio II Apulia et Calabria (ossia alla Puglia), per poi passare alla Campania sotto l’imperatore Adriano.

Dopo la caduta dell’impero romano (476 d.C.), i Goti guidati, da Teodorico, nel 490 assediarono la città, dalla quale poi furono allontanati da Belisario, generale di Giustiniano Imperatore d’Oriente e successivamente Narsete, altro generale dell’Imperatore d’Oriente, sconfisse i Goti alle falde del Vesuvio, e pose la città sotto il dominio bizantino.

In quel periodo, avvenne la discesa dei Longobardi in Italia, che poi si stanziarono nel sud della penisola e nel 576 fondarono il ducato di cui Benevento divenne la capitale, esso, pur sostanzialmente indipendente, gravitò nell’area di influenza del regno longobardo dell’Italia settentrionale.

Nel 663, l’imperatore bizantino Costante II, alla guida dell’esercito imperiale dopo aver conquistato e distrutto alcune città pugliesi, assediò Benevento che era all’epoca governata dal giovane Romualdo, in quanto suo padre Grimoaldo, già duca della città, era diventato re di Pavia lasciandogli il governo del ducato.

In questo periodo, tra i primissimi anni del IX secolo si debbono collocare le antiche leggende “Sabbatiche” delle Streghe di Benevento, che ballavano folli sarabande sulle rive del fiume Sabato, e nelle quali si parla del culto della vipera e dell’albero di noce ritenuto sacro e dei culti idolatrici dei Longobardi che, si racconta, furono abbandonati solo durante l’assedio di Costante II, quando il noce, albero demoniaco attorno al quale avvenivano i riti idolatri, fu abbattuto.

Gli abitanti, comunque, resistettero all’assedio sconfiggendo l’esercito imperiale e la città di Benevento poté godere così di un lungo periodo di prosperità e di pace, infatti i bizantini per oltre 200 anni rinunciarono a conquistare il sud Italia, che divenne di fatto quasi tutto territorio “beneventano”.

La dominazione dei Longobardi terminò nel 1053 quando Roberto il Guiscardo conquistò Benevento e ne dichiarò la sudditanza formale al papato, che durò fino al 1078, quando la Santa Sede affidò la signoria del principato allo stesso Guiscardo. Seguirono anni di tensione tra gli Svevi e il Papato che culminarono nel 1241 quando la città, ridotta alla fame, venne saccheggiata e distrutta dalle truppe di Federico II, ed ebbe iniziò il breve periodo della dominazione sveva che terminerà con la battaglia di Benevento sopra ricordata, con la vittoria di Carlo d’Angiò, la morte di Manfredi e la caduta della casata imperiale degli Hohenstaufen.

Anche se fin dal 1081, la città era stata restituita nuovamente al papato essa fu però sempre contesa dai sovrani del regno di Napoli, e risentì negativamente dei conflitti che lacerarono quel regno. Dopo la distruzione avvenuta quando Carlo d’Angiò, occupò la città, la sua ricostruzione fu lenta e faticosa e solo gli ordini mendicanti dettero un contributo significativo alla ripresa della vita cittadina, quando fu realizzato un nuovo complesso fortificato dove risiedettero i rappresentanti del papa. Questo assetto urbano si protrasse fino al terremoto del 1456 che mise in ginocchio la città; tra il 1443 e il 1459 gli Aragonesi la tennero per un breve periodo come vicari della Chiesa e nel 1528 l’imperatore Carlo V la occupò. La peste del 1656 causò la perdita di circa il 60% della popolazione, ad essa seguì un ulteriore periodo critico a causa dei terremoti del 1688 e del 1702; dal 1768 al 1774 fu poi governata dai Borbone.

A partire. dal 1686 il cardinale Orsini, arcivescovo di Benevento, poi papa con il nome di Benedetto XIII, condusse una estesa opera di risanamento della città che per qualche decennio, ebbe di nuovo la grandezza che aveva avuto nel passato.

Nel 1799 la città si sollevò e aderì alla Repubblica partenopea. Nel 1806 Napoleone la eresse in principato e Charles Maurice de Talleyrand ne fu nominato principe, ma, il titolo, che non aveva più alcun significato concreto, scomparve con Napoleone nel 1815, quando il congresso di Vienna restituì a Pio VII la città riconsegnata alla Chiesa dalle truppe austriache; nel 1860 Garibaldi la dichiarò capoluogo di provincia del Regno d’Italia.

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