Controcopertina Giugno 2024

I basalti colonnari a canne d’organo

La parete di prismi basaltici verticali, alti circa venti metri, accostati fra loro secondo la caratteristica forma a “canne d’organo”, è su una piccola altura situata nel centro abitato di Guspini, nel Medio Campidano.

La collinetta a forma di cupola raggiunge l’altezza di 167 m s.l.m ed è denominata in campidanese Cuccureddu ‘e Zéppara (o cépera), che significa “cocuzzolo/piccolo rilievo isolato in pianura”, toponimo ricorrente per più luoghi della Sardegna meridionale.

Le colonne di basalto costituiscono il fronte dello scavo di una vecchia cava ormai abbandonata, posta sul versante sud di Cuccureddu ‘e Zéppara. Esse permettono di ammirare la perfezione di questa struttura naturale e di apprezzare la forma e la giacitura dei prismi ordinati uno accanto all’altro, costituiti interamente da basalti olivinici, a grana molto fine, caratterizzati da fessurazione colonnare che, stretti in mazzo, tendono, verso l’alto, a disporsi a ventaglio e ricordano appunto le canne di un organo.

Esse costituiscono una testimonianza straordinaria della perfezione delle forme, del potere e della bellezza della natura.

Il Monte Cépera è in realtà un piccolo cono vulcanico formatosi nel Plio-Pleistocene, circa tre milioni di anni fa, durante le eruzioni sottomarine determinate da eventi geodinamici distensivi, che provocarono la fratturazione della crosta terrestre, il distacco dell’arco calabro e, successivamente, lo sprofondamento della depressione strutturale asimmetrica (semigraben) del Campidano.

Proprio sul bordo occidentale della depressione è ubicato questo cono vulcanico, poggiato sul substrato scistoso paleozoico; qui attraverso una frattura, costituente forse una bocca secondaria dell’apparato vulcanico che si sviluppava dal monte Arcuentu al Monte Arci, la lava fuoriuscita da un serbatoio magmatico profondo, risalì in superficie.

Nel corso di questa manifestazione effusiva, quando la lava, durante la sua lenta risalita, per il suo graduale raffreddamento in posto, solidificandosi si contrasse, si generarono i basalti colonnari che vediamo.

Durante questo processo, a causa della impossibilità di espandersi lateralmente, si ebbe la contrazione uniforme della lava e si determinò la sua fratturazione longitudinale.

Poiché il raffreddamento della colata procedeva dalla parte più esterna a quella più interna, la lava si contrasse perdendo volume, ma, mentre verticalmente il suo flusso poteva abbassarsi dissipando le tensioni, orizzontalmente invece queste non riuscivano a smaltirsi e quindi il flusso tendeva a fratturarsi.

Le fratture che si formavano si svilupparono prima nella parte più esterna e poi si propagarono verso l’interno del flusso ancora caldo e, man mano che la parte interna della colata si raffreddava, le fratture si approfondirono determinando così l’organizzazione della roccia in colonne regolari.

Questo avviene perché durante il raffreddamento le crepe si ramificano e intersecandosi formano sistemi di fratture poligonali, dei quali il più comune è quello costituito da tre fratture unite a formare angoli di 120°, che crea delle perfette fessure verticali delimitanti prismi a sezione esagonale: i tipici basalti colonnari.

Mentre la disposizione delle fratture determina la forma dei prismi, il loro diametro dipende principalmente dalla velocità di raffreddamento: quanto questa è maggiore, minore è il loro diametro. Nella struttura di Guspini i prismi sono esagonali, ma in altri casi possono anche essere pentagonali o assumere altre forme poligonali.

Il basalto che costituisce queste strutture colonnari è dunque una roccia effusiva di origine vulcanica, di colore scuro o nero con un contenuto di silice (SiO2) relativamente basso (dal 45% al 52% in peso), presente principalmente come plagioclasio calcico e pirosseni; alcuni basalti possono essere anche ricchi in olivina.

Il basalto è originato da un magma solidificatosi a contatto dell’aria o dell’acqua ed è la principale roccia costituente la parte superiore della crosta oceanica.

I basalti rispetto alle altre rocce magmatiche sono normalmente ricchi di ossido di magnesio (MgO), ossido di silicio (SiO2) e ossido di calcio (CaO), mentre sono poveri di ossido di sodio e potassio (Na2O e K2O). Possono presentarsi con aspetto che va da porfirico a microcristallino a vetroso ed il corrispondente intrusivo è il gabbro. La composizione e il grado di omogeneità della lava, oltre la velocità di raffreddamento, determinano anch’essi la forma e le dimensioni dei basalti colonnari.

Il nome “basalto” deriva dal latino tardo basaltes, riscrittura della parola basanites, che significa “roccia molto dura”, latinizzazione del termine greco antico basanites (da bàsanos, forse proveniente dall’egizio bauhun, “ardesia”). Il moderno termine petrologico “basalto” usato per descrivere un particolare composto di rocce laviche ha la sua origine nel 1556 con il De re metallica libri XII di Georg Agricola, dove la parola “basalto” è usata per definire la roccia nera vulcanica della collina del castello Schloßberg presso Stolpen, ritenendo l’autore che si trattasse della stessa “roccia molto dura” descritta da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia.

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