Controcopertina Gennaio25

Il santuario Madre delle Grazie della Mentorella

Il santuario Madre delle Grazie della Mentorella è situato a Guadagnolo, frazione di Capranica Prenestina, a un’altitudine di 1018 metri s.l.m; è al centro dei Monti Prenestini, sul versante orientale del monte Guadagnolo, quasi a picco sulla sottostante valle del Giovenzano. La Mentorella è uno dei più antichi santuari mariani d’Italia e d’Europa. Appartiene alla Diocesi di Tivoli ed è custodito dalla Congregazione della Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.

Varie sono le teorie sull’origine del nome. La più accreditata lo fa risalire all’antico nome del monte su cui sorge, che nel medioevo era chiamato Mons Vulturum cioè “Monte degli Avvoltoi”, rapaci che un tempo popolavano questa area, da cui originarono i termini “Vultuilla de Santa Maria”, “Bulturella” o “Vulturella” e Mons Vulturum.

Altra possibile ipotesi è che il nome derivi dalla Torre Morella, fortilizio altomedioevale, non più esistente, realizzato dal generale goto Wult che, convertitosi al Cristianesimo a Montecassino, si ritirò poi in questi luoghi, che da lui presero il nome di Wultvilla, volgarizzato successivamente in Vultvilla, Vultuilla, Vulturella e poi Mentorella.

Non ci sono invece notizie su Sant’Eustachio, cui è dedicata una cappella all’interno del recinto del santuario. Secondo la tradizione cattolica era un soldato romano convertitosi al cristianesimo dopo aver avuto un’apparizione di Gesù Cristo.

Egli è ignoto alle fonti antiche: sia la Depositio martyrum che il “Martirologio” geronimiano non parlano di Eustachio che non è menzionato fino al V secolo. Le notizie biografiche derivano quindi da racconti tardi e leggendari. Secondo il mito, egli visse a Roma come magister militum al servizio degli imperatori Tito e Traiano e fu identificato dallo storico Giuseppe Flavio con il generale Placido, che combatté contro i Parti.

Secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, Placido un giorno stava inseguendo un cervo, quando questo si fermò e si volse a lui, mostrando tra le corna una croce luminosa, sormontata dalla figura di Gesù. L’indomani Placido, la moglie e i due figli si recarono dal vescovo e si fecero battezzare. Fu allora che Placido ricevette il nome di Eustachio (dal greco Eustáchios, cioè “che dà buone spighe”). Per ricordare il luogo dell’apparizione, sulla sommità della rupe fu eretta una cappella e nel IV secolo l’imperatore Costantino I inviò il papa Silvestro I a consacrare la chiesa in onore del santo martire.

Infatti la Legenda Aurea prosegue la storia di Eustachio narrando che egli sotto Traiano si comportò con valore, combattendo contro i barbari, ma, invitato a Roma per ricevere gli onori dovuti, si seppe che era cristiano, e sotto l’imperatore Adriano fu arrestato e condannato a morte insieme con la moglie ed i figli. Il 20 settembre del 120 morirono tutti, arroventati dentro il toro di Falaride.

Secondo la tradizione, il santuario è sorto nel luogo in cui il soldato romano, vissuto tra il I e il II secolo, aveva avuto la visione da cui era scaturita la sua conversione.

Nel IX secolo il terreno su cui era stata realizzata la cappella fu affidato dalla famiglia degli Anici ai monaci benedettini del monastero di Subiaco e verso la metà del XIII secolo lì “apparve” la miracolosa statua lignea della Madre di Dio. Il santuario fu tenuto dai benedettini fino al XIV secolo, ma fu poi abbandonato per quasi due secoli.

Solo nel XVII secolo il santuario fu riscoperto dallo scienziato tedesco P. Atanasio Kircher, gesuita, il quale, convinto che la Mentorella fosse uno dei dodici monasteri fondati personalmente da San Benedetto provvide al suo restauro, ripristinandolo nel 1661 e scrisse una Historia Eustachio-Mariana, in cui si narrano le origini e le vicende storiche relative al Santuario. Nel 1664 Papa Alessandro VII, stabilì la festa annuale patronale nel giorno 29 settembre, festa di San Michele Arcangelo, e nel 1857 Papa Pio IX donò il santuario alla Congregazione della Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.

Nel 1870 il santuario con tutti i suoi beni venne incamerato dallo Stato Italiano, che nel 1880 lo mise all’asta, ma nel 1883 la chiesa ed il convento furono riacquistati dai padri e nel 1947 venne rinnovata la Scala Santa che porta alla cappella di Sant’Eustachio.

All’entrata della chiesa è posta la statua in bronzo di san Giovanni Paolo II, il quale più volte aveva visitato il santuario durante i suoi soggiorni romani e ne fece la meta della sua prima uscita ufficiale dopo l’elezione al pontificato. L’edificio è a tre navate con travatura scoperta; la navata centrale, un tempo interamente affrescata. è più alta e vasta delle laterali, divise da grandi archi a sesto acuto, mentre un grande arco a tutto sesto separa la navata centrale dal presbiterio, nel mezzo del quale si eleva un grande ciborio, realizzato nel 1305. Questo sovrasta un altare marmoreo e quattro esili colonne, coronate da capitelli di semplice fattura, sorreggono un architrave quadrilatero su cui è posto un attico poligonale ad un piano di piccole colonne, che sorregge la cupola a forma di piramide ottagona, sormontata dalla lanterna e dalla croce.

Sul pilastro sinistro del presbiterio è collocata una piccola lapide con la data della consacrazione della chiesa a Maria Santissima: “MEN. OC. D. XXIII DEDICATIO BEATAE MARIAE IN WLTVILLA”.

Nel ciborio è racchiusa la statua della Vergine seduta in cattedra, che sorregge sul ginocchio sinistro il Bambino Gesù, realizzata nei secoli XI/XII in legno di rovere.

Le navate laterali terminano con due piccole cappelle. In una, dedicata a San Silvestro, è il bassorilievo ligneo risalente al XIII secolo che rappresenta Papa Silvestro I che celebra una funzione religiosa, probabilmente la dedicazione della chiesa; nell’altra è posto il Crocifisso in legno.

Alle spalle della chiesa, in alto sulla roccia, dove è anche il campanile, è posta la Cappella di Sant’Eustachio, costruita nel luogo in cui secondo la tradizione gli apparve Gesù Cristo.

Nella roccia sottostante la Cappella si trova la grotta dove San Benedetto visse per tre anni prima di recarsi a Subiaco.

Copyright: gli articoli pubblicati sul sito sono utilizzabili nei limiti e per le finalità del fair use e dell'art. 70 L.663/1941, rispettando le modalità di citazione "APA style" per i giornali on line [Autore. Data di pubblicazione. Titolo. Disponibile in: https://unaltroambiente.it/]