Nella definizione del delitto di inquinamento ambientale di cui all’art. 452-bis cod. pen., non deve trovare applicazione la disciplina e la definizione relativa al cd. sito contaminato
Sentenza della Corte di Cassazione sez. 5. Penale n. 33615 del 13.09.2022
… il delitto di inquinamento ambientale di cui all’art. 452-bis cod. pen., introdotto dalla legge n. 68 del 2015, è un reato di danno, che non tutela la salute pubblica, ma l’ambiente in quanto tale e presuppone l’accertamento di un concreto pregiudizio a questo arrecato, secondo i limiti di rilevanza determinati dalla nuova fattispecie incriminatrice, che non richiedono la prova della contaminazione del sito nel senso indicato dagli artt. 240 e segg. d.lgs 3 aprile 2006, n. 152 (Sez. 3, n. 50018 del 19/09/2018, Izzo, Rv. 274864 – 01), né impongono accertamenti tecnici (Sez. 3, n. 28732 del 27/04/2018, Melillo, Rv. 273566 – 01). … Infatti, non deve trovare applicazione la disciplina e la definizione relativa al cd. sito contaminato — sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l’applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all’Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto — sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione. Rileva Sez. 3, Izzo, con motivazione condivisa dal Collegio, che «sarebbe errato ritenere che potersi affermare la sussistenza del reato previsto dall’art. 452-bis cod. pen. si debba necessariamente accertare che ci si trovi di fronte ad un sito contaminato, secondo la definizione di cui all’art. 240, lett. e), d.lgs. 152 del 2006, testo normativo i cui concetti, elaborati in un differente contesto e a diversi fini, in assenza di specifica previsione, non possono essere richiamati per definire gli elementi costitutivi del delitto introdotto dalla successiva I. 22 maggio 2015, n. 68, come questa Corte ha già riconosciuto nelle decisioni infra immediatamente citate. …Pertanto emerge come non decisiva ad escludere la configurazione del delitto di inquinamento ambientale la qualificazione urbanistica del terreno, che determinerebbe nella prospettazione del ricorrente l’applicazione di altri valori della tabella richiamata. Invece ai fini dell’integrazione del reato come riqualificato non è richiesta la tendenziale irreversibilità del danno (Sez. 3, n. 10515 del 27/10/2016, dep. 2017, Sorvillo, Rv. 269274), essendo sufficiente un evento di danneggiamento della matrice ambientale che, «nel caso del “deterioramento”, consiste in una riduzione della cosa che ne costituisce oggetto in uno stato tale da diminuirne in modo apprezzabile il valore o da impedirne anche parzialmente l’uso, ovvero da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole, mentre, nel caso della “compromissione”, consiste in uno squilibrio funzionale che attiene alla relazione del bene aggredito con l’uomo e ai bisogni o interessi che il bene medesimo deve soddisfare (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017, Rizzo, Rv. 269489)».