Cassazione, campionamenti, analisi e diritto di difesa
di Gianfranco Amendola
A volte non è sufficiente leggere solo la massima di una sentenza perché il testo della motivazione può contenere anche altre affermazioni importanti, diverse dalla questione principale che viene evidenziata con la massima.
Un recente esempio in tal senso è costituito da Cass. Pen., sez. 3, n. 27148 del 22 giugno 2023 1, la cui massima è giustamente incentrata sulla questione principale relativa alla problematica del “fine rifiuto” (End of Waste, EOW) ma, in realtà, merita, a nostro sommesso avviso, di essere segnalata anche per quanto evidenzia in relazione alla spinosa questione attinente alle garanzie di difesa negli accertamenti tecnici.
Infatti, dopo aver ricapitolato ed analizzato la normativa attualmente vigente in tema di EOW2, la sentenza esamina anche le censure relative alla presunta inosservanza delle norme previste a pena di nullità (e segnatamente dell’articolo 178 lettera c) e 191 c.p.p..) in riferimento all’accertamento tecnico non ripetibile disposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.p. dal P.M., eseguito senza preventivo avviso all’indagato della data e del luogo di campionamento, nonostante all’epoca del disposto accertamento questi fosse già stato attinto da indizi di reità; con conseguente nullità di tutti gli atti successivi, inclusa la relazione redatta dagli ausiliari di p.g. nominati dal P.M.
Rinviando alla lettura della motivazione, sembra sufficiente, in questa sede, evidenziare in proposito che, secondo la Suprema Corte:
- Occorre, in primo luogo, distinguere il <<rilievo>> dall’ <<accertamento tecnico>>, ricordando che, come più volte affermato dalla giurisprudenza, “con il termine «rilievi» si intende un’attività di mera osservazione, individuazione ed acquisizione di dati materiali, mentre gli «accertamenti» comportano un’opera di studio critico, di elaborazione valutativa, ovvero di giudizio di quegli stessi dati o di valutazioni critiche su basi tecnico-scientifiche”. Anche se la stessa sentenza aggiunge che, a volte, anche operazioni di rilievo o prelievo possono richiedere particolari conoscenze e abilità tecniche, ricadendo nell’ambito dell’accertamento tecnico.
- l’art. 360 si riferisce solo agli accertamenti tecnici “con conseguente esclusione, quanto ai «rilievi», del diritto al previo avviso all’indagato, che può partecipare alle operazioni solo «ove presente» (arg. ex artt. 354 e 356 cod. proc. pen., 114 disp. att. cod. proc. pen.).”.
In sostanza, quindi, di regola per il semplice campionamento non è necessario il preavviso mentre per la successiva fase dell’analisi e delle valutazioni, è necessario garantire il diritto di difesa con preavviso e possibilità di partecipazione dell’indagato. Soluzione, peraltro, già propugnata, sin dal luglio 1983, dalla Corte Costituzionale, la quale, in relazione all’inquinamento idrico, con sentenza n. 2483, aveva affermato che <<se è logico che l’Autorità Amministrativa, cui compete il diritto di effettuare i campionamenti delle acque, non abbia l’obbligo di preavvisare il titolare dello scarico circa il momento in cui verranno effettuate le operazioni di prelievo per evitare che possano essere apportate modifiche agli scarichi e di conseguenza fatte sparire le tracce di ogni irregolarità, non altrettanto può dirsi per quanto riguarda il momento delle analisi delle acque campionate. Infatti queste debbono essere esaminate con la massima tempestività stante la loro deteriorabilità e pertanto le analisi non sarebbero utilmente ripetibili nel corso del successivo procedimento penale>>.
- Tuttavia, “resta inteso che, ove non si applichino le garanzie di cui all’articolo 360 cod. proc. pen., particolare attenzione e cura dovranno essere rivolte alla verbalizzazione dell’attività (prevista dall’articolo 357 cod. proc. pen. solo per gli atti compiuti dalla polizia giudiziaria, ma da estendersi all’attività di indagine in generale, soprattutto ove non assistita dalla dialettica tra le parti), onde consentirne il controllo (e la contestazione) in contraddittorio nelle successive fasi processuali”.
A nostro sommesso avviso, questa ultima affermazione è la più importante e merita di essere sottolineata e valorizzata. Infatti –diciamo la verità- chiunque si sia occupato di normativa ambientale sa bene che, nella sostanza, al di là delle argomentazioni formali, la fase del campionamento è l’atto più delicato e richiedente la massima specializzazione di tutta la procedura tecnica. È il campionamento, cioè, che, in buona parte decide, nella maggior parte dei casi, l’esito delle analisi. Ed è quindi, comunque doveroso, che l’autorità di controllo, pur facendo salvo il fattore sorpresa, assicuri sempre sin da questa fase non solo il massimo di contraddittorio ma anche il massimo di elementi conoscitivi onde consentire, in seguito, la formazione di un motivato convincimento sulla attendibilità del risultato conseguito. È, allora, opportuno procedere sempre, nel verbale di campionamento, ad una dettagliata descrizione delle operazioni di prelievo, dell’attività svolta nell’insediamento, delle eventuali lavorazioni in atto, delle materie prime impiegate; è opportuno specificare quanti dipendenti vi siano, l’esito di controlli precedenti, l’efficienza dell’eventuale impianto di depurazione, le dichiarazioni degli addetti presenti ecc. Insomma, quanto più elementi di descrizione e di conoscenza vengono acquisiti al momento del prelievo, tanto più risultano garantiti il privato ed il giudice, chiamato successivamente a valutare se il risultato finale è coerente con le premesse.
Diverso, tuttavia, è il caso di quando il campionamento venga effettuato nell’ambito delle indagini preliminari e già vi siano indizi di reità a carico di un soggetto, perché, in questo caso, l’art. 220 disp. att. c.p.p., dispone espressamente che “quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergano indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice “ e, quindi, con la pienezza delle garanzie in esso previste. E pertanto, secondo la giurisprudenza della Cassazione, <<in tema di prelievi di campioni finalizzati all’espletamento di analisi, occorre distinguere tra prelievo inerente ad attività di polizia giudiziaria nell’ambito di un’indagine preliminare ex art. 220 disp. att. c.p.p, per il quale operano in via genetica le norme di garanzia della difesa previste dal codice di rito, e prelievo inerente ad attività amministrativa ex art. 223 disp. att. c.p.p. per il quale, invece, i diritti della difesa devono essere assicurati solo ove emergano indizi di reato, giacché, in tal caso, l’attività amministrativa non può più definirsi “extra-processum”>>4; con la ulteriore precisazione che << se si tiene conto del dato letterale dell’art. 220, emerge chiaramente che lo stesso si riferisce ad indizi di reato che emergono nel corso delle attività ispettive o di vigilanza, il che porta ad affermare che la cognizione circa la sussistenza di indizi di reità, ancorché non riferibili ad un soggetto specifico, deve risultare oggettivamente evidente a chi opera mentre effettua tale attività e non deve essere soltanto ipotizzata sulla base di mere congetture, né può ritenersi possibile, dopo che un reato è stato accertato, sostenere che chi effettuava il controllo avrebbe dovuto prefigurarsi quale ne sarebbe stato l’esito>>5.
Di contro, anche nel caso in cui si proceda, in una fase più avanzata dell’indagine, nei confronti di persone già identificate, non deve essere sempre ed obbligatoriamente dato preventivo avviso dell’ispezione, giacché l’art. 364, comma 5 c.p.p., fa espressamente salva la possibilità di ometterlo se vi è fondato motivo di ritenere che, venendo a conoscenza di ciò, le tracce o gli altri effetti materiali del reato possano essere alterati; il che, per quanto vi sia obbligo di specifica motivazione sul punto, è, in tema di controllo sugli scarichi di insediamenti produttivi, giustificato generalmente dalla possibilità di incidere sulle caratteristiche dello scarico intervenendo sul processo di lavorazione e sugli impianti. A questo proposito, peraltro, si deve sottolineare la tendenza di parte della dottrina e della giurisprudenza a ricorrere, in questi casi, proprio per evitare alterazioni, al campionamento tramite sequestro probatorio (per cui non è necessario il preavviso) dei campioni da analizzare. Conclusione avallata con abbondante motivazione dalla Suprema Corte (anche se la sentenza non è recente), la quale, dopo aver ricordato che tutte le altre strade (accertamento urgente ex art. 354 c,p.p. con le garanzie dell’art. 356 c.p.p., consulenza tecnica ripetibile ex art. 359 c,p.p., ispezione ex art. 364 c.p.p. con prelievo, quale <<operazione tecnica>> effettuato ai sensi dell’art. 359 cp.p., accertamenti tecnici irripetibili ex art. 360 c.p.p.) sono “astrattamente percorribili, con qualche inconveniente, riferibile, in particolare alla sostanziale eliminazione del c.d. <<effetto sorpresa>>”, precisava che “non v’è motivo per negare legittimità al sequestro probatorio dei campioni, essendo, peraltro, pacifico che il potere di sequestro, in quanto riferito a cose obiettivamente sequestrabili, non è condizionato dalle modalità con le quali queste sono state reperite (le cui illegittimità possono eventualmente dar luogo solo a responsabilità disciplinari o addirittura penali), ma unicamente dall’acquisibilità del bene e dalla insussistenza di divieti probatori espliciti o univocamente enucleabili dal sistema. E’, d’altra parte, evidente che il sequestro probatorio di campioni, e le successive analisi non possono prescindere dal rispetto delle norme di garanzia, chiaramente desumibili dal sistema e da insopprimibili esigenze di tutela del diritto di difesa (di norma, assicurata dal rispetto delle norme del codice di rito)”6.
Infine, vale la pena di ricordare che, sempre secondo la Cassazione, <<a norma del comma 1 dell’art. 223 disp. att. cod. proc. pen., l’avviso all’interessato del giorno, dell’ora e del luogo ove le analisi saranno effettuate può essere dato anche oralmente e per tale avviso non è prescritta alcuna forma specifica, né alcun termine minimo deve intercorrere tra il prelievo e le successive analisi, essendo richiesto soltanto che detto termine sia comunque sufficiente a consentire all’interessato la possibilità di ottenere l’assistenza eventuale di un consulente tecnico>>. 7.
- Si veda il testo completo della sentenza in www.unaltroambiente.it↩︎
- <<La possibilità di assegnare “caso per caso” a determinati materiali la qualifica di “end of waste”, indipendentemente dalla loro espressa inclusione in regolamenti eurounitari o in decreti ministeriali, sussiste solo per le autorizzazioni rilasciate ex art. 184-ter d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, a seguito dell’entrata in vigore della legge 2 novembre 2019, n. 128, che ha previsto che le autorizzazioni per lo svolgimento di operazioni di recupero siano rilasciate o rinnovate direttamente dalle amministrazioni competenti, nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 6, par. 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sulla base di criteri dettagliati, definiti nell’ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori, e previo parere obbligatorio e vincolante dell’ISPRA o dell’ARPA territorialmente competenti. In tema di rifiuti il giudice penale, in presenza di un provvedimento amministrativo di autorizzazione alla gestione degli stessi non conforme alla normativa che ne regola l’emanazione o alle disposizioni di settore, è tenuto a valutare la sussistenza dell’elemento normativo della fattispecie, senza disapplicare l’atto amministrativo illegittimo o effettuare valutazioni rimesse alla pubblica amministrazione>>. Per approfondimenti e richiami si rinvia al nostro Eow-fine rifiuto. 2021: a che punto siamo, in questa Riv. 2021↩︎
- Pubblicata tra l’altro, in Cass. Pen., 1984, pag. 251, con nota di Giampietro F. Cfr., nello stesso senso e con le stesse motivazioni, Corte Cost. 20-27 aprile 1988 n. 469, in G.U. 4 maggio 1988, con riferimento alla legge della Regione Veneto n. 64 del 24 agosto 1979.↩︎
- Cass. Pen. sez. 3, 5 ottobre 2017-16 gennaio 2018, n. 1572, Occhinero, inedita↩︎
- Cass. Pen., sez. 3, 29 agosto 2019 (UP 10 lug 2019), n. 36626, Piccirillo, inedita↩︎
- Cass. Pen., sez. 3, c.c. 14 maggio 2002, n. 23360, Scarpa ed altri, inedita; la quale aggiunge che “nel caso di specie tali garanzie sono state osservate, avendo il P.M., nel corso dell’esecuzione del decreto di sequestro probatorio dei campioni, conferito concretamente agli indagati la facoltà di fare assistere alle operazioni propri tecnici di fiducia”↩︎
- Da ultimo Cass. Pen., sez. 3, 29 agosto 2019 (UP 10 lug 2019), n. 36626, Piccirillo, cit. In dottrina per approfondimenti, citazioni e richiami si rinvia al nostro Diritto penale ambientale, Pacini, Pisa 2022, pag. 86 e segg.↩︎