Criminalità ambientale 2025, di male in peggio: leggi confuse e carenze di controllo
di Gianfranco Amendola
La criminalità ambientale aumenta ma le indagini diminuiscono. Questa è la conclusione che si ricava leggendo l’ultimo rapporto annuale di Eurojust, l’Agenzia europea per la cooperazione nella giustizia penale, ove si evidenzia che sebbene “la criminalità ambientale mette in pericolo interi ecosistemi e rappresenta al tempo stesso una grave minaccia per la salute umana”, essa rappresenta tuttavia “una delle forme più redditizie di attività illecite al mondo”; anzi, dal 2016 è la quarta maggiore attività criminale a livello globale, spesso organizzata con dimensione internazionale.
Di contro, invece, -rileva Eurojust -“il numero di indagini e azioni penali in materia di criminalità ambientale a livello nazionale ed europeo rimane basso rispetto ad altri ambiti penali” (addirittura al penultimo posto); i casi sottoposti ad Eurojust nel 2024 sono stati il 20% in meno rispetto al 2023, e tutto lascia pensare che il declino continui. Specie per il nostro paese, dove, secondo il rapporto Ecomafia 2025 di Legambiente, in Italia nel 2024 è stato superato il muro dei 40mila reati ambientali (14,4% rispetto al 2023) con un massiccio coinvolgimento di clan criminali.
A questo proposito, come si legge nel rapporto, una grave criticità “è rappresentata dalla complessità delle indagini sulla criminalità ambientale, che richiede conoscenze giuridiche, tecniche e scientifiche specializzate e una moltitudine di attori responsabili del monitoraggio della conformità, dell’esecuzione dei controlli, dell’individuazione dei reati e dell’acquisizione di prove”; e allora basta dare uno sguardo a quello che ha fatto l’Italia per vedere che le norme di tutela ambientale sono state rese sempre più complicate e, nello stesso tempo, non vi è stato finora alcun sensibile aumento del numero e della professionalità di quanti sono preposti al loro controllo.
Più in particolare, il Testo Unico Ambientale (TUA: D. Lgs n. 152 del 2006) che dovrebbe essere la legge base, dall’anno della sua entrata in vigore è stato modificato con circa 200 provvedimenti arrivando oggi a contare, al di là della numerazione formale, più di 300 articoli (con molti bis, ter, quater ecc.), così come numerosi sono stati i provvedimenti emanati in attuazione delle singole parti dello stesso decreto legislativo, spesso con dizioni poco chiare che si prestano ad interpretazioni diverse, con regole quasi sempre seguite da numerose eccezioni (spesso contenute in altri articoli), piene di dettagli che confondono le idee ecc.. Tanto più che spesso modifiche o integrazioni della disciplina in esso contenuta sono presenti in leggi diverse, il cui titolo sembra non avere nulla a che vedere con la tutela dell’ambiente e che quasi sempre fioriscono in piena estate o sotto le festività principali1. Infine, come se non bastasse, ogni tanto il Ministero dell’ambiente se ne esce con circolari interpretative dirette quasi sempre a vanificare gli obblighi di legge, come è avvenuto, ad esempio, sulla nozione di fine-rifiuto o sui requisiti per i sottoprodotti2.
L’unico dato positivo, a nostro sommesso avviso, è costituito dalla emanazione della legge sugli ecoreati del 2015 che, tuttavia, presenta numerose criticità interpretative dovute ai tanti compromessi attuati in fase di approvazione che hanno portato, ad esempio, ad inserire locuzioni ambigue quali “compromissione o deterioramento significativi e misurabili” (delitto di inquinamento ambientale), “abusivamente” (delitti di inquinamento e disastro ambientale) “porzioni estese o significative di suolo o sottosuolo” (delitto di inquinamento ambientale), alterazione irreversibile” (delitto di disastro ambientale), “eliminazione conseguibile solo con provvedimenti eccezionali” (delitto di disastro ambientale) ecc. Con evidenti ripercussioni negative sulla applicazione della legge3.
In più, bisogna considerare che in questo settore esistono numerosi atti comunitari self executing che si applicano direttamente come i regolamenti sull’ import/export dei rifiuti e quelli sull’ end of waste.
Ciò nonostante, invece di semplificare, il nostro legislatore continua ad aggiungere ulteriori complicazioni. L’ultimo esempio: la recentissima normativa introdotta con la legge 3 ottobre 2025, n. 147 con disposizioni urgenti per il contrasto alle attività illecite in materia di rifiuti e per la bonifica dell’area denominata Terra dei fuochi, interviene a tutto campo su quella del TUA inasprendo le sanzioni e introducendo -peraltro con ampi rinvii ad altre leggi e, spesso, con espressioni molto generiche (quali, ad esempio, siti contaminati, deterioramento della biodiversità o dell’ecosistema) – nuovi illeciti minuziosamente elencati con relative sanzioni. In tal modo, tuttavia, si rischia di ottenere l’effetto opposto, soprattutto in fase di accertamento da parte degli organi di controllo che devono rapportarsi a un quadro sanzionatorio complicato e, per molti aspetti, poco comprensibile. E questo proprio in un settore che, invece, dovrebbe essere di immediata comprensione per tutti, cittadini e accertatori (quando ci sono). Il rischio è che, a prescindere dalle buone intenzioni, si provochi, in realtà, un depotenziamento degli interventi anche per gli illeciti più comuni quali, ad esempio, gettare rifiuti fuori dall’auto. Infatti, oggi, dopo questa legge, chi abbandona o deposita rifiuti commette reato (dal TUA) ma (nuova legge), “oltre” a questo, se deposita o getta rifiuti dai veicoli “in sosta o in movimento” (quindi sempre, perché un veicolo o è in sosta o è in movimento) rischia una sanzione amministrativa pecuniaria e la sospensione della patente. Resta fermo, però, il divieto (codice della strada) di “gettare dai veicoli in movimento qualsiasi cosa” nonché la sanzione amministrativa per chiunque “insudicia e imbratta la strada o le sue pertinenze con oggetti o materiali di qualsiasi specie diversi dai rifiuti”; dove occorre capire se si gettano rifiuti, oggetti diversi dai rifiuti (cioè cose di cui non ci si vuole disfare, ma allora perché si buttano?) o “qualsiasi cosa”. Dulcis in fundo, tornando al TUA, oggi chiunque abbandona o deposita rifiuti urbani “accanto ai contenitori per la raccolta presenti lungo le strade” è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 1.000 a 3.000 euro, cui si aggiunge, se “fa uso di veicoli a motore”, la sanzione amministrativa accessoria del fermo del veicolo per un mese.
Insomma, occorre rivedere e semplificare tutto il quadro sanzionatorio, sperando che ciò avvenga con il recepimento (da attuare entro il 21 maggio 2026) nel nostro paese della direttiva UE 2024/1203 sulla tutela penale dell’ambiente, che sostituisce le vecchie direttive e fornisce un quadro molto comprensibile e, in buona parte, incentrato giustamente sulla prevenzione (“il miglior reato è quello che non viene commesso”), obbligando opportunamente gli Stati membri a destinare personale qualificato ed adeguate risorse, tecniche e finanziarie, e strumenti investigativi efficaci per controllare la criminalità ambientale con aggiornamenti periodici specializzati per magistrati e forze di polizia e magistrati (scrive Eurojust che “la mancanza di procuratori specializzati in molti Stati membri dell’UE complica ulteriormente la situazione”). Obbligo che trova riscontro anche in molti altri atti comunitari, precedenti e successivi. Da ultimo nella proposta al Consiglio della Commissione Europea del 29 luglio 2025 (COM(2025) 433 final) per inserire nella Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale un espresso richiamo a stanziare “le risorse necessarie e le modalità di sostegno alla specializzazione dei professionisti preposti all’azione di contrasto nonché “a fornire periodicamente un’adeguata formazione multidisciplinare, tecnica e giuridica ai professionisti che si occupano di prevenire, accertare, indagare, perseguire e giudicare i reati stabiliti in conformità della presente convenzione, nel debito rispetto delle norme che disciplinano lo status e le funzioni dei professionisti della giustizia.”
In questo quadro deludente, tuttavia, va, in primo luogo, ricordata la meritoria opera della terza sezione della Cassazione penale, che si occupa di questa materia, proponendo spesso interpretazioni chiare e costruttive che tendono a rimediare alle carenze del legislatore. Anche se, ovviamente, non può essere questa la soluzione.
Sotto il profilo dei controlli, invece, la vera novità positiva per potenziarli con personale aggiornato e specializzato è costituito dal DPR 4 settembre 2024, n. 186 (Regolamento SNPA 2024, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 6 dicembre 2024, ed entrato in vigore il 21 dicembre 2024) il quale, dando attuazione a quanto disposto dalla legge 28 giugno 2016, n. 132 che ha istituito in Italia il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (SNPA), regolamenta, in 8 articoli ed un allegato, la figura degli ispettori incaricati dei controlli ambientali, definendone i titoli di studio, la formazione (con esperienza di almeno 6 mesi nei settori specifici) e l’aggiornamento (almeno annuale), le competenze e le modalità di svolgimento dell’attività ispettiva nel rispetto del codice etico dettagliato nell’Allegato.4 Più in particolare questo personale può accedere agli impianti e alle sedi di attività oggetto di ispezione e ottenere i dati, le informazioni e i documenti necessari per l’espletamento delle funzioni stesse (alle sue richieste non può essere opposto il segreto industriale). Di converso, ha l’obbligo di fornire ai soggetti sottoposti ad accertamenti o controlli informazioni esaustive e corrette circa le ragioni e le modalità di svolgimento delle attività, risponde in modo chiaro, completo e accurato alle richieste di informazioni e chiarimenti, non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che sono stati oggetto di verifica ispettiva da parte dello stesso personale ispettivo e non si relaziona con gli organi di informazione, salva espressa e preventiva autorizzazione da parte dell’ente di appartenenza.
Riservandoci di tornare su questa importante novità non appena saranno disponibili dati adeguati sulla sua attuazione, giova, comunque, mettere subito in risalto che, con queste disposizioni dettagliate, viene eliminato ogni dubbio circa poteri e doveri del personale ispettivo ARPA. Tanto più che l’art. 14, comma 7, della citata legge 132 specifica espressamente che “il presidente dell’ISPRA e i legali rappresentanti delle agenzie possono individuare e nominare, tra il personale di cui al presente articolo, i dipendenti che, nell’esercizio delle loro funzioni, operano con la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria. A tale personale sono garantite adeguata assistenza legale e copertura assicurativa a carico dell’ente di appartenenza”. Il che significa che, in tal caso, i suoi componenti devono svolgere queste funzioni alla “dipendenza e sotto la direzione dell’autorità giudiziaria” (art. 56 c.p.p.), e che, come chiarito dalla Corte costituzionale, non possono essere obbligati a trasmettere a superiori gerarchici privi della qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, in deroga al segreto investigativo, notizie relative ad indagini.5
- come quelle, ad esempio, contenute nell’art. 14 della legge 19 agosto 2016, n. 166 , in tema di “Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”; ma ancora più significativo è l’art. 40 del decreto salva Italia (legge 22 dicembre 2011, n. 214: “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”) che elimina (o, comunque attenua) gli obblighi di legge per i rifiuti pericolosi e a rischio infettivo prodotti dalle attività di estetista, acconciatore, trucco permanente e semipermanente, tatuaggio, piercing, agopuntura, podologo, callista, manicure, pedicure; problema evidentemente ritenuto dal governo Monti di indifferibile urgenza nazionale.↩︎
- Per un quadro più approfondito e richiami ci permettiamo rinviare al nostro Il diritto penale dell’ambiente: dalla legge sulla pesca del 1931 agli ecoreati del 2015, EPC, Roma 2016↩︎
- Per approfondimenti e richiami ci permettiamo rinviare al nostro Normativa ambientale ed ecoreati. Quanta ipocrisia e demagogia. in Questione Giustizia 13 mar 2017↩︎
- Cfr. in proposito, per approfondimenti e richiami, BATTARINO Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e attività giurisdizionale, in Questione Giustizia, 5 dicembre 2017, ID. Il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente tra diritto e organizzazione in www.lexambiente Riv trim., n. 3 del 2019, nonché, più di recente, FRITTELLONI, BELLOMO, BRAGHETTA, Gli strumenti SNPA per il contrasto degli illeciti, in Ecoscienza n. 2 del 2025↩︎
- Per approfondimenti e richiami, si rinvia al nostro Il personale ARPA quando svolge funzioni di p.g. dipende esclusivamente dall’a.g. in www.osservatorioagromafie.it., e in www.lexambiente.it, 18 marzo 2022↩︎

