L’abbazia di Sassovivo
L’abbazia di Santa Croce in Sassovivo, posta ad un’altitudine di 565 m s.l.m., alle pendici del Monte Aguzzo, isolata su uno sperone di roccia, all’interno di una lecceta secolare, poco distante da un’antica fonte dove l’acqua sgorga dalla viva pietra, si affaccia sulla sottostante Valle Umbra, la pianura alluvionale occupata due milioni di anni fa dal Lago Tiberino.
L’abbazia fu costruita su un preesistente insediamento fortificato appartenente alla etnia longobarda dei Monaldi, il ramo folignate del casato degli Attoni Alberici, successivamente Atti, donato tra il 1077 e il 1083 dal conte Ugolino di Uppello al monaco Mainardo che era a capo di una comunità eremitica benedettina nella limitrofa chiesa di Santa Maria del Vecchio, situata nel luogo dove oggi è la cappella del Beato Alano.
Mainardo ebbe subito l’appoggio della famiglia dei Monaldi, che divennero sostenitori dei monaci e nel 1084 stipulò con loro un accordo di reciprocità; infatti molti degli abati appartennero a questo ricco e potente casato.
Il monastero nacque sotto il pontificato di Gregorio VII (1073- 1085) ed acquistò ancor più potere al tempo di Urbano VI (1088-1099) e Pasquale II (1099-1118), quando fu considerato la più solida roccaforte dell’Ordine Monastico Benedettino, dopo Montecassino e Subiaco. Nel 1087 comparve per la prima volta il toponimo “monastero di Santa Croce e della Santa Trinità”. Qui i monaci svolgevano assistenza in favore dei pellegrini e dei viandanti che percorrevano la strada per Loreto, la Via Lauretana, ma anche di quelli che transitavano sulla Via Flaminia, avendo la gestione di uno spedale nei pressi di Trevi.
A partire dal 1138 il monastero fu esentato dalla giurisdizione vescovile e dal pagamento delle tasse ai Comuni e, essendo sempre sostenuto dal Papato, la sua importanza e giurisdizione, grazie a numerose donazioni ed attribuzioni di territorio, crebbero nel tempo. I suoi possedimenti si estendevano fino a Roma, dove possedeva la chiesa dei SS. Quattro Coronati, a Perugia, Spoleto e a Camerino. Nel secolo successivo l’Abbazia divenne potentissima ed ebbe sotto la sua giurisdizione 18 monasteri abbaziali, 63 monasteri priorali, 48 rettorie e 7 ospedali.
A questo periodo risalgono le Carte di Sassovivo conservate presso l’Archivio arcivescovile di Spoleto, a cui nel 1821 il Papa aveva ceduto la commenda di Sassovivo e con essa anche l’archivio abbaziale. Esse costituiscono una serie di documenti importanti per la ricostruzione della storia dell’abbazia e del territorio, ma non solo: consistendo in 7.436 pergamene, esse rappresentano una delle raccolte documentarie monastiche più consistenti d’Europa.
Lo stato di autonomia del cenobio durò sino al 1467, quando il papa Paolo II (1464-1471) dispose la commenda e il vasto patrimonio abbaziale, già parzialmente disgregato per varie circostanze, si disperse definitivamente.
Nel 1484 Innocenzo VIII (1484-1492) soppresse la congregazione istituita dal beato Mainardo e affidò l’abbazia ai monaci benedettini olivetani che la ressero sino alla soppressione napoleonica (1810). Essi furono poi reintegrati nel 1814 e vi rimasero fino al 1860 quando, con la fine dello Stato pontificio, l’abbazia fu soppressa definitivamente e i suoi possedimenti vennero divisi tra Demanio pubblico, mensa vescovile e la famiglia Clarici. I benedettini vi tornarono per un brevissimo periodo con un piccolo gruppo di monaci cecoslovacchi e vi restarono fino al 1957.
Tra la fine degli anni settanta e gli inizi degli anni ottanta iniziarono i complessi lavori di restauro e consolidamento, che proseguirono anche dopo i danni provocati dal terremoto del 1997.
Infine, a partire dal 1979 il vescovo di Foligno ha assegnato l’abbazia ai “Piccoli Fratelli” della Comunità Jesus Caritas del beato Charles de Foucauld.
Sotto l’aspetto strutturale, l’Abbazia è un complesso molto articolato: racchiusa in una cinta muraria, si sviluppa intorno a due cortili (chiostri) circoscritti dalle costruzioni realizzate nel tempo.
Il primo dei chiostri, situato a monte, è delimitato dalla chiesa, da due dormitori e dall’edificio che ospita la cucina; l’altro chiostro, collocato a valle, cui si accede da una porticina posta nell’atrio che precede la chiesa.
Dall’ambulacro che corre attorno al chiostro si accede ai luoghi di vita quotidiana dell’Abbazia: al refettorio, al dormitorio, agli alloggi dell’Abate ed al cortile inferiore bordato dalla Loggia del Paradiso, antico fabbricato antistante la vecchia chiesa del monastero. Questo doveva costituire la parte più antica, a cui si accede attraverso i dormitori voltati, di origine duecentesca. Da questi, si scende agli altri corpi conventuali e si raggiunge una seconda loggia, costruita nel 1442, collocata a protezione di una cripta dell’XI secolo, detta Cappella del beato Alano, residuo di S. Maria del Vecchio (o della Valle, primo nucleo di Sassovivo). La cripta, venuta alla luce durante i lavori di restauro seguiti al sisma del 1997 è stata consacrata nel 2001 e dedicata a San Marone, un eremita siro-libanese vissuto nel IV secolo presso la città di Tiro, fondatore della Chiesa maronita, le cui spoglie furono trafugate il 25 novembre 2005 e mai più trovate.
Il chiostro, bellissimo e rarissimo esempio di architettura e scultura romanica, fu commissionato dall’abate Angelo dei Conti di Uppello al marmoraro romano Pietro de Maria; iniziato nel 1229 fu portato a termine nel 1232. È costituito da un cortile a pianta rettangolare allungata, circondato da un delicatissimo portico composto da 128 colonnine in marmo bianco, che poggiano su un muretto, poste due a due, lisce e spiraliformi, con capitelli gigliati, le quali sorreggono 58 archi a tutto sesto. Al di sopra degli archi corre una bella trabeazione classica con marmi colorati e due cornici in mosaico.
Le singole parti delle arcate vennero eseguite a Roma nel laboratorio dei Vassalletto, marmorari romani, e successivamente trasportate via fiume Tevere fino ad Orte, dove furono caricate su carri e trasportate fino al Sassovivo dove furono montate; le cornici in mosaico invece furono realizzate sul posto da Nicola Vassalletto.
Probabilmente le pareti interne del chiostro un tempo erano completamente affrescate, tuttavia oggi non restano che alcune tracce in una lunetta che raffigura una Madonna in trono con il Bambino risalente al XIII secolo.
Il chiostro è simile a quello del monastero agostiniano dei S.S. Quattro Coronati di Roma, che si trovava sotto la giurisdizione dell’Abbazia.
Nel 1314 l’abate Filippo Bigazzini fece sopraelevare il lato orientale del chiostro, che venne anche decorato con colonnine e archetti in terracotta di varie forme, e nel 1340 fu aggiunta una grande cisterna centrale dove nel 1623 fu costruito un pozzo ricoperto da una vera in ferro.
La chiesa, in cui si entra dal cortile superiore, ha assunto l’aspetto attuale dopo i restauri eseguiti in seguito al terremoto del 1832, che si protrassero fino al 1856, e fu di nuovo restaurata dopo il sisma del 1997.